Italian Fiscal Policy Review 2015

Italian fiscal policy review 2015
A cura di:  Sergio Ginebri
Editore: RomaTrE-Press
Data di pubblicazione: maggio 2017
Pagine: 144
ISBN: 978-88-94885-09-5
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Abstract

Il volume esamina e valuta la politica di bilancio italiana realizzata nell’anno 2015, di cui vengono presentati gli impatti macroeconomici e distributivi. Si sostiene che, da una parte, le politiche di consolidamento fiscale mettono a rischio la crescita già bassa del Pil e finiscono per ritardare la riduzione del rapporto tra debito e Pil; d’altra parte, che i provvedimenti adottati non hanno ridotto la disuguaglianza nella distribuzione del reddito, che in Italia è una delle più alte in Europa. Oltre a ciò, vengono approfondite due tematiche salienti per la politica di bilancio: in primo luogo la relazione esistente tra struttura del prelievo fiscale, crescita, occupazione. Viene mostrano che, a parità di gettito, un aumento della progressività del prelievo incrementa l’occupazione, e che un trasferimento del prelievo dal reddito al consumo aumenta la crescita e l’occupazione. Il secondo argomento di approfondimento riguarda la misurazione del Pil potenziale, che è alla base delle regole fiscali europee. Due contributi mostrano la scarsa robustezza o l’inadeguatezza delle metodologie di calcolo del potenziale adottate dalla Commissione europea.

Contributi

Prefazione

Antonio Scialà  Bruno Bises  Elena Granaglia  Ernesto Felli  Paolo Liberati  Sergio Ginebri 

DOI: 10.13134/978-88-94885-09-5/1

Introduzione

Sergio Ginebri

DOI: 10.13134/978-88-94885-09-5/2

European constraints and macroeconomic evaluation of Italian fiscal policy in 2015

Lucia Cossaro
Fedele De Novellis
Sara Signorini
Stefania Tomasini

I principali aspetti della politica fiscale italiana degli ultimi anni vengono presentati e viene condotta una analisi delle caratteristiche strutturali del debito pubblico e della sua sostenibilità. Nel 2015, il disavanzo delle pubbliche amministrazioni si è arrestato sotto il 3 per cento per la prima volta dall’inizio della crisi, e dopo che per tre anni di fila era rimasto stabile attorno al 3 per cento. In rapporto al picco raggiunto dal disavanzo nel 2009, la politica fiscale italiana è riuscita a produrre una larga correzione, pari a circa 3 punti percentuali di Pil in sei anni. Ciò nonostante, e in conseguenza della prolungata crisi economica, la bassa crescita del prodotto e gli altri tassi di interesse hanno impedito la riduzione del rapporto tra debito pubblico e Pil, che è salito al 132,7 per cento nel 2015. Gli obiettivi politici della stabilizzazione e possibilmente riduzione del debito pubblico e della ripresa produttiva cozzano seriamente tra loro: politiche restrittive mirate a ulteriori riduzioni di disavanzo mettono a rischio la crescita già bassa del Pil nominale e reale, e finiscono per ritardare la riduzione del rapporto tra debito e Pil.

DOI: 10.13134/978-88-94885-09-5/3

The impacts of the Renzi government’s economic policies on income distribution

Martina Bazzoli
Silvia De Poli
Carlo V. Fiorio

Il contributo si concentra sull’impatto dei principali provvedimenti di politica economica introdotti dal governo Renzi negli anni 2014 e 2015, in particolare il bonus Irpef degli “80 euro” e il contributo per il sostegno dei bambini in famiglie a basso reddito, detto “bonus bebè”, la riforma della tassazione dei redditi da capitale e della casa di abitazione, la riforma del mercato del lavoro. Viene valutato l’impatto distributivo di tali interventi e in particolare il loro effetto sugli indicatori di disuguaglianza di reddito, visto che l’Italia registra il più alto livello di disuguaglianza fra i paesi europei più industrializzati. I nostri risultati mostrano che quelle misure, con la sola eccezione della riforma del mercato del lavoro, hanno prodotto benefici in tutti i decili di reddito, con differenze marginali tra un decile e l’altro. Complessivamente l’analisi mostra che l’effetto redistributivo delle misure considerate è stato molto limitato. Per esempio, il bonus 80 euro, essendo condizionato al reddito individuale e non a quello familiare, è stato goduto anche da famiglie situate nei decili più ricchi, è ciò dimostra l’esigenza di politiche redistributive meglio indirizzate.

DOI: 10.13134/978-88-94885-09-5/4

Progressive Taxation and Unemployment: Evidence from OECD countries

Claudio Lucifora
Simone Moriconi

Per molti paesi dei paesi membri dell’OCSE l’eredità della Grande Crisi è rappresentata da un più alto livello del debito pubblico e una riduzione del tasso di crescita del reddito rispetto al periodo precedente la crisi. I paesi si trovano ad avere uno spazio di manovra limitato per la politica fiscale e a dover conciliare misure di consolidamento fiscale con politiche di contenimento della disoccupazione. Nonostante ci sia una vasta letteratura che mostra gli effetti negativi del cuneo fiscale sul reddito da lavoro e sulla disoccupazione, se ne sa meno sul ruolo della progressività fiscale. In questo contributo, sosteniamo che, per un dato livello medio di tassazione del lavoro, un profilo più progressivo della curva delle aliquote di tassazione diretta ha effetti benefici sia sull’occupazione aggregata che sulla disoccupazione. Nei modelli teorici, la relazione tra progressività e occupazione proviene da un effetto di moderazione fiscale, che stimola la domanda di lavoro, combinato con un effetto composizione, originato dalla riduzione del carico fiscale gravante su gruppi di lavoratori la cui occupazione è la più elastica alla tassazione.

DOI: 10.13134/978-88-94885-09-5/5

An uchronia tale – What the economic growth would have been in Italy had the tax structure changed in the eighties

Ernesto Lorenzo Felli

In questo contributo presento i risultati di un programma di ricerca sviluppato, a partire dal 2010, insieme a Lorenzo Carbonari, Massimo Gerli e Giovanni Tria, che si concentra sulla connessione tra crescita economica e struttura della tassazione. In questo ambito abbiamo congegnato un esercizio di simulazione controfattuale che ricostruisce gli effetti di una riforma della struttura fiscale sulla crescita dell’economia italiana. Quale sarebbe stata la crescita in Italia se la struttura fiscale fosse stata diversa? La risposta a questo quesito è stata ottenuta simulando, a parità di gettito, l’impatto di una rilevante riduzione della tassazione del reddito compensata da un aumento della tassazione del consumo. La simulazione è stata realizzata utilizzando un modello strutturale, stocastico e dinamico, nella tradizione della Cowles Commission. In questo speciale caso di esercizio di simulazione controfattuale, io sostengo che le usuali implicazioni della critica di Lucas non trovino applicazione. I risultati suggeriscono che un trasferimento del carico fiscale dai redditi al consumo sia desiderabile sia sotto il profilo della crescita che quello fiscale.

DOI: 10.13134/978-88-94885-09-5/6

European fiscal stance: between rigidity and rigid flexibility

Stefano Fantacone
Petya G. Garalova
Carlo Milani

Nel 2015 la Commissione europea ha adottato nuove direttive che modificano gli obiettivi fiscali nazionali, basati, in seguito all’introduzione del Fiscal Compact, sul bilancio strutturale della pubblica amministrazione. In principio, un obiettivo fiscale costruito tenendo conto della sua componente ciclica dovrebbe rendere possibile il normale funzionamento degli stabilizzatori automatici del bilancio. Tuttavia, negli ultimi anni questo meccanismo non ha funzionato per due ragioni principali: i) nonostante la profonda recessione tutti i paesi mediterranei hanno dovuto adottare politiche fiscali restrittive per convergere verso l’Obiettivo di Bilancio di Medio-periodo, che prevede il pareggio; ii) il metodo usato dalla Commissione europea per stimare l’output gap, cioè il divario tra Pil corrente e potenziale, utilizzato per calcolare il saldo di bilancio strutturale, è distorto. In effetti, noi mostriamo che il Non-Accelerating Wage Rate of Unempoyment, una delle componenti principali del Pil potenziale, è pro-ciclico, e di conseguenza non adeguato alla misurazione del bilancio strutturale.

DOI: 10.13134/978-88-94885-09-5/7

Potential Output, Output Gap and Fiscal Stance: is the EC estimation of the NAWRU too sensitive to be reliable

Marco Fioramanti

Le regole fiscali dell’Unione europea poggiano sulla nozione di prodotto potenziale, cioè il più alto livello di produzione aggregata che un paese può raggiungere senza incorrere in pressioni inflazionistiche. Sfortunatamente, il prodotto potenziale non è osservabile e deve essere stimato. Ci sono molte metodologie di computo del potenziale di una economia, ognuna delle quali ha dei pro e dei contro. Quella adottata dalla Commissione europea e dai paesi membri dell’Unione europea, sebbene concorde con la teoria economica ed econometrica più recente, non è ancora sufficientemente robusta per fornire una misura unica e inconfutabile su cui basare le regole fiscali della UE. Se le regole fiscali dovessero continuare a basarsi su quella nozione, la metodologia dovrebbe essere ulteriormente estesa in modo da ottenere stime più robuste.

DOI: 10.13134/978-88-94885-09-5/8

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A cura di: Antonio Scialà