Abstract
Rivista online di Filosofia
Rivista online di Filosofia
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/2
L'articolo suggerisce un inventario di autori e correnti di pensiero che dovrebbero essere inclusi in una discussione sulla filosofia africana. Sullo sfondo di tale inventario ci sono le riflessioni sul rapporto che la tradizione orale e quella scritta hanno instaurato sul territorio africano apportando un sostanziale cambiamento culturale.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/3
Il presente testo è una nota a margine che l'autore ha scritto nella prospettiva di continuare le ricerche sull'«origine nera» dell'Egitto già pubblicate nel volume Nations nègres et culture.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/4
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/5
Il presente contributo è un commento alla prefazione di Alioune Diop alla Philosophie Bantoue del Reverendo Padre Placide Temples. Diop sperava di trovare nell'opera di Temple («il libro più importante tra quelli che ho letto sull'Africa») la chiarificazione di nuove proposizioni che spiegassero altrimenti le prassi e le teorie europee in Africa.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/7
Al centro delle riflessioni contenute nel contributo troviamo il mito africano dell'origine, imperante nei riti di iniziazione. I fanciulli non imparano quello che hanno fatto i genitori, ma ciò che fu fatto per la prima volta dagli Antenati. Ma l'esibizione di determinati scenari mitici deve essere compresa a partire da un'ontologia della «forza vitale» che rappresenta uno dei capisaldi del pensiero africano.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/8
La critica dell'etnofilosofia, sviluppata da numerosi filosofi africani, incluso me stesso, da almeno trent'anni, è stata in molti casi fraintesa o distorta. Mi propongo in questa sede, in primo luogo, di esporre di nuovo l'argomento centrale di questa critica, in poche parole e nel modo più lineare possibile, e quindi di mostrare quale sia la sua posta in gioco. Questo ci porta oltre lo scopo specifico della natura e delle esigenze della filosofia come disciplina, verso lo scopo delle condizioni odierne di una crescita economica autonoma e sostenibile, sia in Africa sia in altre società.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/9
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/23
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/24
In questo lavoro l'autore intende riprendere il discorso tenuto nel 1980 in occasione della conferenza dell'UNESCO a Nairobi su "Insegnamento e ricerca in filosofia in Africa". Si parlò in quell'occasione di «decolonizzazione concettuale». Per «decolonizzazione concettuale» si intende un processo che comprende due passaggi: 1) evitare l'assimilazione senza verifiche nel nostro pensiero di schemi concettuali fissati nelle tradizioni filosofiche straniere; 2) sfruttare al massimo, nelle nostre meditazioni filosofiche, le risorse dei nostri schemi concettuali originari, anche in settori specialistici della filosofia contemporanea.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/11
Come amava ripetere il vescovo camerunense Monsignor Albert Ndongo, «la Chiesa non può guidarci al cielo come se la terra non esistesse». Alla luce della Gaudium et Spes, qualunque problema relativo alla terra è al cuore delle preoccupazioni del regno di Dio. Lo sviluppo umano, economico e sociale è un processo globale che deve armonizzarsi con le esigenze della «sostenibilità».
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/12
Il dibattito sulla "prima" e sulla "seconda natura", la cultura, ha fatto riemergere una serie di interrogativi tuttora irrisolti. Due meritano una particolare attenzione. Il primo concerne i "primitivi" e deve la sua celebrità nel Novecento a Claude Lévi-Strauss. Questa concezione ha tuttora un peso rilevante e richiede ulteriori approfondimenti: molte società primitive opporrebbero resistenza allo sviluppo, per il persistere di un'idea della relazione tra natura e cultura. La seconda questione riguarda il mondo industrializzato e si riferisce alla tecnica. In quanto mediazione indispensabile negli scambi tra uomo e natura, la tecnica sembra imporre un processo incontrollabile di trasformazioni, che stravolge le relazioni tra i viventi.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/13
Le riflessioni contenute nel contributo si articolano in tre parti, che si interpellano e si sviluppano reciprocamente. Si tratta di tre paradigmi fondamentali tramite cui è trattato il processo delle tradizione africane: la negazione, la riabilitazione e la sfida della globalizzazione. Le due prime parti costituiscono una rapida sintesi del discorso sulle tradizioni africane a partire dai contesti della colonizzazione e della modernità, della lotta per le indipendenze e l'affermazione di sé. L'ultima parte si focalizza sulla sfida della globalizzazione attuale alla capacità di resistenza e di integrazione delle tradizioni africane.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/14
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DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/26
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/27
Nel complesso delle preoccupazioni che incombono sui filosofi africani figura anche la riflessione sul genere. Questa problematica, a lungo considerata come un tema minore, interpella ormai i pensatori africani, innanzitutto proprio per la presa di coscienza delle stesse donne africane, negli assalti della mondializzazione. Si tratta di rendere conto dello statuto reale della donna nella situazione africana da una prospettiva insieme filosofica e antropologica, e di promuovere la sua integrazione come soggetto e controparte dell'uomo nel processo di sviluppo o di liberazione del Continente. Se le concezioni, le funzioni e le correnti della filosofia africana sono molteplici, ci pronunciamo qui a favore di un pensiero critico, emancipatore, che rompa col fallocentrismo, partecipi alla trasformazione delle mentalità e aiuti a riscoprire la dignità della donna.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/15
In questo testo tratterò del fallimento della lotta anti-colonialista africana per stabilire nell'Africa post-coloniale l'obiettivo prefissato di inaugurare Stati africani autonomi. Nella mia ipotesi, oltre che dall'enorme potenza economica, politica e militare dei nostri colonizzatori, la lotta anti-colonialista africana è stata sbaragliata dai miti razzisti di segno opposto, che essa ha introiettato inconsapevolmente come se esprimessero la propria conoscenza di sé.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/16
Da anni Gernot Böhme utilizza come chiave di lettura privilegiata dell'esperienza estetica il concetto di atmosfera, intesa come ciò che media tra le qualità oggettive dell'ambiente in cui ci troviamo e il sentimento soggettivo della nostra presenza in esso. In questo saggio l'autore si interroga sulla possibilità e le modalità di produzione di una determinata atmosfera, a partire dall'arte della scenografia.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/17
L'analisi che si intende presentare in questo articolo ha la pretesa di porsi fuori dalla dialettica del genere, che riproduce sul versante del femminismo una gerarchia di stampo maschilista, inaugurando un dialogo tra Hannah Arendt e le più recenti teorie femministe che, riprendendo l'incitamento espresso da Mary G. Dietz a «voltare pagina», non sia tanto finalizzato alla ricerca della presenza o dell'assenza di elementi femminili nel suo pensiero, quanto piuttosto ad evidenziare i possibili punti di incrocio tra le due prospettive, cercando di dare vita a inedite configurazioni dello spazio e dell'agire politico.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/18
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/28
L'autrice analizza quattro periodi della vita significativi del pensiero e dell'azione della mistica contemporanea Madeleine Delbrêl. Si disegna un percorso spirituale che andando dal marzo 1924 al secondo dopoguerra presenta una personalità più complessa e più completa rispetto all'immagine ordinaria della donna cristiana, operaia impegnata per i poveri in una banlieu alle porte di Parigi. L'azione in Madeleine Delbrêl è, infatti, il frutto di una conversione, e la sua vicinanza agli ultimi ne è una conseguenza. La sua "metanoia" è una discesa nella povertà del cuore – anzitutto il suo – che si esplicita in un cammino di incarnazione il cui nome è Carità. Ogni momento di tale itinerario è scandito dalla presentazione di un testo, che esprime la peculiarità della mistica, soffermando l'attenzione soprattutto sulle diverse modalità linguistiche messe in atto: la poesia, il saggio, la lettera.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/19
Carl Gustav Jung ebbe occasione di presentare le sue prime osservazioni Über Synchronizität nel corso di una conferenza a Zurigo nel 1951. L'attenzione rivolta al padre della psicologia analitica a un fenomeno "esotico" e apparentemente irrazionale come le coincidenze significative generò molto presto perplessità che ancora investono il concetto di una certa oscurità e indeterminatezza. Due film di recente produzione, Il curioso caso di Benjamin Button e Un'altra giovinezza, possono fornire alcuni interessanti spunti per valutare l'attinenza del concetto di sincronicità in estetica e in particolare nella riflessione sul cinema, forma d'arte che forse più di ogni altra trova nella significazione temporale la propria specifica pregnanza semantica.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/20
In questo studio sono analizzati due "sguardi" sul dolore: il primo, di Ernst Jünger, suggerisce una descrizione del dolore, effettuata a livello narrativo; il secondo, di Martin Heidegger, è fenomenologico, e tenta di far emergere il dolore profondo che apre al pensiero. L'incontro tra di due autori avviene proprio a partire dallo scritto jüngeriano del 1934, Sul dolore, il quale illumina il pensiero di Heidegger portandolo al problema della tecnica. Il dolore è il fil rouge che lega il percorso intellettuale dei due pensatori, che si incontreranno dopo il 1950 sul terreno del nichilismo, in uno scambio complesso ed emblematico dal titolo Über die Linie.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/21
Andando oltre la ben nota filosofia araba medioevale, ma con un costante riferimento ad essa, in particolare al pensiero di Averroè, questo scritto delinea le correnti moderne della filosofia araba del '900, al cui interno emerge in modo rilevante il problema del Sé e dell'Altro.
DOI: 10.13134/2531-8624/6-2009/22