La costruzione della “legalità” fascista negli anni Trenta

La costruzione della “legalità” fascista negli anni Trenta
A cura di:  Giovanni Chiodi, Italo Birocchi, Mauro Grondona
Editore: RomaTrE-Press
Data di pubblicazione: ottobre 2020
Pagine: 473
ISBN: 979-12-80060-51-8
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Abstract

In ideale collegamento con il volume pubblicato dall’Istituto Betti nel 2015 (I giuristi e il fascino del regime [1918-1925]), questo libro focalizza l’attenzione sul regime negli anni Trenta. È l’età del consolidamento del fascismo. Il disegno generale fu quello di riorganizzare la società di massa sull’impronta della cultura fascista e dell’idea corporativa, di modernizzare gli apparati e di proporre una nuova legalità sotto l’egida dello Stato forte. Così, sistemati con il Concordato i rapporti con la Chiesa, quella decade vide il fiorire di proposte alla ricerca della ‘terza via’, ma naturalmente incanalate nell’alveo della politica del regime e dunque tutt’altro che espressione di pluralismo. I contributi si addentrano in diverse aree tematiche anche nell’intento di aprire sentieri di ricerca nuovi attraverso indagini esplorative. Il discorso è spesso trasversale, non solo per la pretesa integralità della cultura giuridica fascista volta a costruire ‘l’uomo nuovo’, ma anche per lo scivolamento verso la caratterizzazione pubblicistica di tutti i paradigmi del diritto che investì la condizione giuridica dei singoli e degli organismi della società civile. Si può parlare di processo di ‘giuridicizzazione’ della politica del regime che aspirò addirittura a farsi modello da esportare.

Contributi

Presentazione

Roma Capitale negli anni Trenta

Giovanna Tosatti 

Contrariamente a quanto era avvenuto in molte altre nazioni europee, soltanto con il fascismo, nel 1925, Roma ottenne uno status particolare come città capitale, con la istituzione del Governatorato: segno questo non di una maggiore autonomia, ma al contrario di un accentramento in mani governative del potere sulla capitale, attraverso la scelta degli uomini che la governarono. Consolidato il sistema, negli anni Trenta, una particolare attenzione venne dedicata allo sviluppo urbanistico e architettonico della città, per rispondere non tanto alle esigenze della necessità e ad uno sviluppo armonico e razionale, quanto al mito, imposto da Mussolini, della grandezza “imperiale” di Roma: simbolo perfetto di questa rinnovata visione la via Imperiale, destinata a congiungere il centro del potere (Piazza Venezia) con il nuovo quartiere dell’E42.

DOI: 10.13134/979-12-80060-51-8/1

L’integrazione dell’Università nello Stato totalitario: la politica e il diritto nelle Facoltà di Giurisprudenza

Italo Birocchi 

Il saggio analizza il processo di integrazione del mondo giuridico universitario entro lo Stato totalitario fascista (anni Trenta). Fu un processo teso a far penetrare l’ideologia del regime nei programmi e nella mentalità, sotto il profilo sia didattico, sia scientifico, e si estese anche allo status dei professori. Esso si articolò attraverso misure costrittive e però anche corruttive. La fascistizzazione delle Facoltà giuridiche non fu tuttavia solo un fenomeno imposto dall’alto: avvenne anche per adesione spontanea e convinta dei professori universitari, che si fecero – da protagonisti o da gregari – costruttori del regime.

DOI: 10.13134/979-12-80060-51-8/2

Fascismo e riviste giuridiche. Il caso de ‘Il Diritto Fascista’ (1932-1943)

Saverio Gentile 

Il saggio analizza il ruolo ed il significato che le Riviste giuridiche hanno svolto durante l’esperienza storica (e giuridica) fascista. In particolare vengono illustrate origini, genesi e obiettivi del periodico Il diritto fascista, di cui si ricostruiscono la parabola (1932 – 1943), le battaglie e i protagonisti. Tra questi un ruolo di primo piano fu recitato da Corrado Petrone, battagliero e ambizioso giurista di regime, che non lesinò energie nel tentativo di favorire l’affermazione – scientifica, accademica e culturale – del fascismo giuridico. Nell’operazione furono sollecitati e coinvolti anche (e soprattutto) i giovani studiosi, invitati a impegnarsi in quella che assunse i contorni di una vera e propria polemica generazionale.

DOI: 10.13134/979-12-80060-51-8/3

Il diritto tributario alla prova del regime tra urgenze di guerra e ambizioni di sistema

Valeria Mastroiacovo 

Gli anni Trenta costituiscono un punto di osservazione privilegiato per gli studiosi della materia tributaria. Le scelte legislative di questo periodo falliscono le grandi riforme dell’ordinamento tributario (di cui pure, a più voci, si predicava l’urgenza), non solo per esigenze di guerra, quanto per uno spiccato conservatorismo. Ciò alimenta il dibattito scientifico e agevola, da un lato, la nascita del ‘diritto tributario’ e, dall’altro, le aspirazioni sistematiche di riorganizzazione (e codificazione) della materia, anche sulla base di esperienze straniere. L’accreditamento della componente accademica ai tavoli del potere diviene – nell’interesse generale – strumento per superare un esasperante tecnicismo legislativo che faceva apparire il Fisco una mala bestia.

DOI: 10.13134/979-12-80060-51-8/4

L’idea di costituzione nella giuspubblicistica italiana degli anni Trenta

Massimiliano Gregorio 

Il saggio muove da un presupposto ben preciso, ossia che sia effettivamente esistito un ordinamento costituzionale fascista e, conseguentemente, anche una cultura costituzionale fascista. La prima parte del saggio è dunque dedicata a giustificare le ragioni di questa tesi di partenza, mentre nella seconda si ripercorrono le tappe della progressiva costruzione dell’ordinamento costituzionale fascista, concentrata soprattutto nella XXVII legislatura, considerabile alla stregua di una vera e propria legislatura costituente. La terza parte del saggio, invece, si sofferma più specificatamente sull’aspetto dottrinale e, in particolare, sull’elaborazione svolta negli anni Trenta attorno al concetto di regime, considerato come un tema centrale e propedeutico alla preparazione della teoria mortatiana della costituzione in senso materiale del 1940.

DOI: 10.13134/979-12-80060-51-8/5

Costruire una nuova legalità: il diritto delle obbligazioni nel dibattito degli anni Trenta

Giovanni Chiodi 

Il saggio è incentrato sulla costruzione di una nuova legalità fascista nel campo del diritto privato e in particolare nel diritto delle obbligazioni e dei contratti. Gli anni Trenta, nella prospettiva del passaggio dal liberalismo al totalitarismo, sono un tornante decisivo,, segnato da almeno due eventi fondamentali: la graduale perdita di consenso non solo politica ma anche scientifica del progetto italo-francese (1927), terza via tra liberalismo e comunismo, e l’affermazione dell’ordinamento corporativo. La tesi sostenuta nel saggio è che nel corso degli anni Trenta avviene un ripensamento politico sia del ruolo del codice nel sistema delle fonti del diritto, sia del ruolo del giudice e dell’autonomia privata, come conseguenza dei nuovi principi costituzionali del fascismo. Nell’elaborazione di questa trasformazione totalitaria che investe il campo economico e incide anche sul diritto privato, si distinguono i giuristi, il cui contributo viene esaminato sia nella produzione scientifica sia nella collaborazione alla riforma dei codici. Si studia in particolare l’impatto dell’ideologia fascista sulla soluzione del problema dell’abuso della libertà contrattuale mettendo a confronto i convegni internazionali di Parigi (1937) e soprattutto di Roma (1938) e Vienna (1939), nelle quali si progetta un secondo esperimento internazionale: la transizione dal codice unico italo-francese all’unificazione italo-germanica del diritto delle obbligazioni.

DOI: 10.13134/979-12-80060-51-8/6

Ascarelli e l’ordinamento corporativo

Antonio Jannarelli 

Il saggio analizza la produzione scientifica di Tullio Ascarelli elaborata negli anni trenta ed  evidenzia l’importante contributo che il grande giurista fornì nell’analizzare, in prospettiva storica, l’impatto che l’ordinamento corporativo stava producendo sul complessivo sistema del diritto privato. Con singolare lungimiranza, pur avendo dovuto abbandonare l’italia nel 1938 a causa delle  leggi razziali, Ascarelli  comprese con anticipo che l’unificazione dei codici sarebbe intervenuta. Con l’avvento dello Stato interventista in economia, la disciplina delle attività economiche si stava ormai spostando dalla norme  contenute nei codici a quella introdotta dalla legislazione speciale e  prodotta dall’ordinamento corporativo.

DOI: 10.13134/979-12-80060-51-8/7

Il diritto ecclesiastico negli anni Trenta: sistematica concordataria e percorsi dottrinali

Alessandro Tira 

Tra il 1929 e il 1930 il Governo fascista presieduto da Benito Mussolini approntò una riforma integrale del sistema italiano di diritto ecclesiastico. Prima dell’introduzione del Concordato lateranense e delle leggi sulle comunità israelitiche e sui culti ammessi, quel ramo dell’ordinamento conservava le stratificazioni normative di un lungo percorso storico, che rispecchiavano le esigenze politiche dell’età risorgimentale e l’eredità delle diverse tradizioni giuridiche nazionali. Nessuno di tali lasciti, tuttavia, sembrava adatto a soddisfare le esigenze politiche e sociali di cui il fascismo si faceva interprete. Il contributo illustra i tratti salienti della riforma approntata nel 1929-30 attraverso il confronto con le principali caratteristiche della legislazione previgente. In seguito viene proposta una panoramica di alcuni dei più importanti filoni di studio che la dottrina ecclesiasticistica intraprese negli anni Trenta.

DOI: 10.13134/979-12-80060-51-8/8

Il diritto comparato e la comparazione giuridica tra internazionalismo e nazionalismo: premesse per una discussione

Mauro Grondona 

L’obiettivo del lavoro è quello di evidenziare come il diritto comparato, lungo il decennio 1930/1940, abbia conosciuto una vicenda complessa e molto interessante, ancora da studiare in dettaglio. Da una parte, il diritto comparato è stato infatti potenziato, anche attraverso iniziative ufficiali del regime (vanno infatti richiamati l’«Istituto di studi legislativi» e la sua rivista, l’«Annuario di diritto comparato e di studi legislativi», entrambi fondati da Salvatore Galgano; nonché l’«Unidroit»), in vista della elaborazione di un diritto (non solo privato) il più possibile uniforme, addirittura (come appunto in Salvatore Galgano) di un diritto universale; dall’altra parte, però, a partire dalla metà degli anni Trenta, il regime fascista, innanzitutto per ragioni di politica estera, ha inteso piegare il diritto comparato a scopi nazionalistici e imperialistici, così da snaturarlo e da condurlo a un oblio dal quale sarebbe fuoriuscito solo nel secondo dopoguerra. Il saggio si limita a individuare una serie di problemi su quali sarebbe interessante proseguire la riflessione.

DOI: 10.13134/979-12-80060-51-8/9

‘Fascismo tropicale’ ovvero la recezione della dottrina fascista italiana nel Brasile dell’Estado Novo di Vargas

Alberto Vespaziani  Luis Rosenfield 

Il contributo discute la relazione tra lo stato fascista e l’Estado Novo di Vargas, esaminando i rapporti di comunicazione e ricezione tra le istituzioni dell’Italia fascista e l’assetto dei poteri del Brasile tra il 1930 e il 1945. Dopo avere esaminato quali scambi avvennero tra gli intellettuali organici brasiliani vicini a Vargas ed i pensatori che in Italia avevano elaborato le dottrine e le legislazioni corporative, l’articolo ricostruisce l’ascesa e la caduta dell’Azione Integralista Brasiliana ed i suoi rapporti con il fascismo italiano. Il contributo discute la “non costituzione” del 1937 e la costituzione materiale dello Estado Novo. Gli autori sostengono la tesi secondo cui pur avendo recepito ampie parti della legislazione corporativa italiana, l’Estado Novo non diventò uno stato compiutamente fascista, né totalitario, ma piuttosto una “democrazia autoritaria”.

DOI: 10.13134/979-12-80060-51-8/10

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