Dante e la politica: dal passato al presente

A cura di:  Flavio Silvestrini, Francesco Maiolo, Luca Marcozzi
Editore: RomaTrE-Press
Data di pubblicazione: dicembre 2022
Pagine: 350
ISBN: 979-12-5977-135-3
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Abstract

Questa raccolta di saggi nasce dall’esigenza di riconsiderare il pensiero politico dantesco e la sua ricezione attraverso diverse prospettive metodologiche e disciplinari: storica, letteraria, politologica, giuridica e filosofica. I saggi qui riuniti sono una rielaborazione di relazioni presentate al Convegno Internazionale “Dante e la politica”, tenutosi all’Università di Roma Tre il 6 e 7 maggio 2021 con il patrocinio del Comitato Nazionale per le celebrazioni del settecentenario dantesco. Gli autori hanno affrontato sia il pensiero politico di Dante così come espresso nelle diverse opere e nel suo contesto storico e teorico, sia la mutevole e talvolta controversa ricezione che lo ha contraddistinto. Il volume non solo offre un quadro ampio e articolato delle conoscenze acquisite in materia, ma presenta anche nuovi spunti esegetici ed interpretativi che mirano a stimolare l’avvio di ulteriori riflessioni sui vari aspetti del pensiero politico dantesco.   

This collection of essays stems from the need to reconsider Dante Alighieri’s political thought and its reception, in a plurality of methodological and research perspectives: history; literature; politics; law; philosophy. The essays constitute an elaboration on papers that were read at the international conference “Dante e la politica”, held at Roma Tre University (Rome) on 6th and 7th May 2021, under the auspices of the National Committee for the Celebration of the 700th anniversary of Dante’s death. The authors have examined a variety of aspects of Dante’s political thought, through his works and their historical and theoretical contexts, and of its multifaceted, sometimes controversial, reception. The volume, not only provides a wide and articulated account of established scholarship, but also introduces relevant exegetical novelties and interpretations that constitute a valuable contribution to further research in the field of Dante’s political thought.  

Contributi

Dante e la politica: un dialogo plurisecolare e ininterrotto

Manfredi Merluzzi 

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/1

Premessa

Claudio Palazzolo 

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/2

L’aristotelismo politico di Dante e il dantismo politico dei moderni

Flavio Silvestrini  Francesco Maiolo  Luca Marcozzi 

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/3

Dante e l’autonomia del Politico

Giacomo Marramao 

La comprensione della radicale autonomia della dimensione politica in Dante passa attraverso una lettura incrociata di Monarchia e Commedia, che ridefiniscono l’impero come una monarchia secolare, anticipando un grande teorico della sovranità moderna come Bartolo da Sassoferrato, operano una netta distinzione tra la finalità teologica della salvezza (individuale) e l’obiettivo politico della felicità (comune). Cruciale il ruolo svolto, nella Commedia, dalla distinzione tra Paradiso terrestre e Paradiso celeste: Dante afferma la possibilità della politica di realizzare la felicità terrena senza alcun bisogno della teologia, ma con il solo ricorso agli insegnamenti della filosofia e dell’etica degli antichi: particolare è il modo in cui Dante usa i testi di Averroè per introdurre il vero attore della politica: una multitudo che può tradurre in atto l’intelletto possibile, l’intellectus in potentia, solo costituendosi in general intellect, in humana civilitas. Qui la vera radice del dissidio con il “primo amico” Guido Cavalcanti, non sul fatto ma sul modo di richiamarsi al commento di Ibn Rushd: Dante proteso a operare una saldatura tra singolare e universale, Guido concentrato sull’elemento tragico e irresolubile della contingenza del singolo.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/4

La pace e l’ordine mondiale in Dante

Rocco Pezzimenti 

Il vocabolario politico è realmente povero e, in molti casi, equivoco. Le parole cambiano significato sia nel mutare dello spazio geografico sia nel mutare del tempo e, per questa ragione, sono spesso difficilmente comprensibili nel loro proprio significato. Per questo è importante capire e decifrare i termini politici nel loro contesto storico. Tutto ciò vale anche nel pensiero politico di Dante per il quale, termini come Imperium, Regnum, Res publica, statuti, pace, libertà, disobbedienza civile, resistenza e tanti altri, hanno un significato davvero diverso rispetto al mondo moderno. Se il mondo moderno considera alcuni di quei termini in senso degenerativo, nell’epoca di Dante essi hanno un valore positivo, riscoprendo il quale, è possibile, ancora oggi, apprezzare l’originalità del pensiero dantesco.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/5

L’anti-dantismo politico di Machiavelli. Riflessioni critiche e meta-critiche

Francesco Maiolo 

Il saggio mette in risalto i limiti dell’anti-dantismo politico di Machiavelli. La storia del rapporto che il Segretario fiorentino ha intrattenuto con Dante è la storia di una passione ambivalente, non di un atteggiamento lineare, vigile e disincantato. Alla luce della filosofia della vita di Machiavelli, la critica di quest’ultimo nei confronti del Dante politico si riduce ad una crepuscolare e idealizzante auto-elevazione come civis florentinus.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/6

La beatitudine “huius vite”

Gabriele Carletti 

La beatitudine huius vite è il tema attorno al quale ruota lʼintera speculazione filosofica di Dante. Contrariamente a quanti sostengono lʼesistenza nellʼuomo di un solo fine ultimo, la beatitudine eterna, in funzione della quale egli ordina lʼintera sua vita e predispone ogni altro suo fine, Dante afferma lʼesistenza anche di un fine naturale, la felicità terrena, alla quale riconosce piena dignità e completa autonomia. Una felicità che lʼuomo potrà conseguire per «phylosophica documenta», per mezzo cioè degli insegnamenti filosofici, ed è la sola a cui egli può realisticamente aspirare in vita. Condizione necessaria perché l'uomo raggiunga la piena capacità intellettiva è la pace la quale potrà essere garantita dall’istituzione di una Monarchia universale in cui lʼimperatore è il solo, attraverso la sua azione, in grado di tenere a freno ogni desiderio di conquista. Due fini, terreno e ultraterreno, per i quali sono concepiti due poteri, temporale e spirituale, ciascuno sovrano e indipendente nel proprio ambito, poiché entrambi trovano origine direttamente da Dio, che è il creatore dell'universo.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/7

Dal Convivio alla Monarchia: l’autorità politica universale

Flavio Silvestrini 

Il saggio presenta l'evoluzione del concetto di autorità politica  nel passaggio dal Convivio alla Monarchia. L'accostamento tra autorità filosofico-morale e autorità giuridico-politica, già auspicato nel quarto trattato dell'opera volgare è ulteriormente approfondito nel primo libro dell'opera latina. Competenza filosofica e capacità politica sono entrambe parte del corredo costitutivo dell'autorità universale. Attraverso un articolato procedimento sillogistico, Dante dimostra come la massimizzazione del potere e la perfezione del volere siano coessenziali per costruire un governante universale indefettibile. Accertata questa simbiosi, può declinare il rapporto tra l'autorità universale e le particolari, strumenti di mediazione operativa affinché il perfetto Filosofo/Imperatore possa attuare la correzione morale del genere umano; ma, soprattutto, il Poeta può chiarire il rapporto del Monarca verso l'autorità spirituale, che è stata voluta dalla Provvidenza per cooperare con l'istituto imperiale, potenziandolo nella sua capacità di giudice terreno universale.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/8

Il tema di Roma nel proemio della Commedia: tra politica e profezia

Chiara Sbordoni 

La centralità del tema di Roma nella Commedia costituisce un filone di studi da sempre riconosciuto dagli studi danteschi.  I critici si sono concentrati sul rapporto biografico di Dante con la città eterna, sulla presenza della città e dei suoi monumenti nel poema, sull’eredità simbolica politica, culturale e religiosa della Roma dell’impero e di quella della Chiesa, e sul tema del pellegrinaggio a Roma come uno dei temi fortemente connessi alla struttura itineraria del poema. Tuttavia non è stata studiata in modo sistematico la genesi compositiva del tema di Roma attraverso l’opera di Dante all’intersezione di questi diversi piani di indagine: quello biografico, geo-cosmologico, politico. Questo saggio affronta il significato politico della città di Roma a partire dal primo canto dell’Inferno dalle sue origini nella Vita Nova e nel Convivio e segue i suoi sviluppi nella Monarchia attraverso una considerazione del confronto di Dante con i classici, in particolare Virgilio, Livio e Ovidio e un’interpretazione della dimensione geo-cosmologica associata alla presenza di Roma nelle opere di Dante.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/9

Per una lettura politica del Convivio: frammenti di un discorso

Maria luisa Ardizzone 

Il contributo introduce il discorso su Dante come pensatore politico proponendo un legame tra l’attivita’ speculativa umana e la consapevolezza politica come prende forma nel Convivio.L’ attenzione che in divenire Dante da alla Comunita’ umana che si aggrega in virtu’ di un vincolo intellettuale e’ una idea che - si propone-penetra dapprima nel Trattato dottrinale e piu’ tardi nella Monarchia. Introducendo l‘ Humanitas o la Universitas hominum come nuovo soggetto di Storia, Dante nella Monarchia sancisce una unita’ intellettuale universale che e’ la base per quella politica dell’impero universale.Ma e’ Il Convivio che per primo formula in volgare l’idea di una comunita’ intellettuale e naturale e che sara’ la base per la Comunita’umana universale della Monarchia. Ne deriva non solo come la base naturale sia il fondamento delle varie aggregazioni politiche,ma anche che i legami naturali tra gli esseri umani non sono solo biologici,ma anche intellettuali.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/10

Dante tra politica e diritto

Diego Quaglioni 

A rendere la lettura di Dante politico così attrattiva per il nostro tempo è la struttura, simultaneamente normativa e letteraria, delle sue opere. Non si deve dimenticare che la lingua di Dante, che in gran parte è ancora la lingua del nostro tempo, include anche la lingua del diritto e quella di una nascente dimensione politica delle dottrine teologiche e giuridiche. La lingua della politica, in Dante, si nutre della lingua della teologia e del diritto, riplasmandone forme e contenuti fin a trasmettere al nostro tempo un’eredità di cui si è nutrita anche la miglior dottrina giuridica del Novecento.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/11

Siena nella Commedia: una presenza politica irritante

Mario Ascheri 

Il saggio si propone di esaminare alcuni tra i principali passi della Commedia in cui Dante ricorda eventi o cittadini senesi. L’impressione complessiva è che il Poeta abbia colto e trasfigurato, in modo come sempre ammirevole, vicende che gli consentissero di mostrare lati problematici della città e dei suoi esponenti.  Questa ostilità per Siena può essere, però, ricondotta alla implicita (e dolorosa) constatazione del differente esito dei regimi ‘popolari’ tra Firenze e Siena, la quale, pur con molte difficoltà, riusciva ad evitare vicende negative clamorose come quelle che avevano investito Dante

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/12

Politica e poesia nella ‘Commedia’

Luca Marcozzi 

Il saggio invita a superare la ricorrente interpretazione di alcuni brani della Commedia tradizionalmente letti alla luce degli eventi che hanno caratterizzato la biografia dantesca in senso politico e a tener conto piuttosto delle caratteristiche loro poetiche, del contesto letterario e ideologico, dei precedenti classici e romanzi, nella convinzione che i caratteri propri della lingua poetica conducano il discorso politico esperito nella Commedia a traguardi espressivi diversi e più persuasivi rispetto a quelli della prosa; e a individuare uno specifico pensiero politico-poetico di Dante, mai del tutto sovrapponibile a quello che si manifesta in altri generi praticati dall’autore.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/13

La mendicità come problema politico nell’età di Dante

Franco M. Di Sciullo 

Il saggio tratta dell’atteggiamento delle autorità locali e della cultura dominante nei confronti della mendicità e del vagabondaggio nell’età di Dante e di come tutto ciò si rifletta nei versi del Poeta. Particolare attenzione è riservata alla distinzione – diffusa nella mentalità dell’epoca – tra poveri e mendicanti e tra mendicanti disabili e vagabondi abili al lavoro.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/14

Dante, araldo del Risorgimento italiano nella Russia zarista

Francesco Guida 

La fama e il culto di Dante Alighieri giunsero anche in Russia nel XIX secolo. A diffondere la loro conoscenza e una interpretazione culturale e politica legata al progetto risorgimentale italiano, fu Michelangelo Pinto. Romano, noto soprattutto come codirettore con Leopoldo Spini del giornale satirico Il don Pirlone, era andato in esilio dopo la caduta della Repubblica Romana. Approdato in Russia grazie alla conoscenza di personalità come Turgenev e altri, vi restò circa un quarto di secolo, insegnando all’Università imperiale di San Pietroburgo e svolgendovi le funzioni di console per moltissimi anni. Volle peraltro fondare proprio nel 1865, sesto centenario della nascita di Dante, la Società italiana di beneficenza. Le sue lezioni su Dante (come su altri letterati italiani) e i suoi ampi scritti sul Fiorentino ne fecero conoscere un profilo di profeta del Risorgimento e di massimo contributore della costituzione della nazione italiana.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/15

Dante e il cattolicesimo politico in epoca risorgimentale

Fabio Di Giannatale 

Il saggio ricostruisce le principali interpretazioni politiche dell’opera dantesca promosse, nel corso del Risorgimento, all’interno dell’ampio ed eterogeneo schieramento cattolico, che vedeva contrapposti i fautori di un cattolicesimo d’ispirazione liberale e filorisorgimentale e coloro che, invece, si opponevano alle ideologie e ai modelli della società moderna trincerandosi a difesa delle prerogative del clero e del potere temporale della Chiesa. Nella prima metà dell’Ottocento, entrambe le compagini, nonostante le loro inconciliabili posizioni politiche, colsero elementi di convergenza nei giudizi su Dante, ritenuto rispettoso dei dogmi del cattolicesimo e dell’autorità pontificia, a cui non perdonarono, però, «la strana aberrazione» della Monarchia, rimasta all’Indice fino al 1900. Con il conseguimento dell’indipendenza nazionale i contrasti tra i due partiti del cattolicesimo politico italiano si fecero però insanabili e coinvolsero anche il pensiero e gli scritti del Fiorentino, reputato dai paladini del nuovo Regno d’Italia preconizzatore dell’unità nazionale, di una monarchia temperata di libertà e del disfacimento del potere temporale dei papi.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/16

Dante and Communists of the Ninth Circle of Hell: Malevich, Mandelstam, and Trotsky

Tijana Žakula 

L'ultimo autoritratto di Kazimir Malevich, completato nel 1933, ha interessato generazioni di studiosi. La mancanza di fonti scritte ha dato origine a diverse speculazioni su ciò che l'artista intendeva trasmettere in questo dipinto che si discostava inequivocabilmente dal suo riconoscibile linguaggio artistico. Usando l’atteggiamento pseudo-umanista di Malevich come punto di partenza, l’articolo getta una nuova luce sulla possibile ispirazione di questo ritratto esaminando i riferimenti contemporanei all'Umanesimo italiano e, più specificamente, alla Divina Commedia di Dante, che godette di grande popolarità tra i contemporanei di Malevich. Malevich non ha commentato le conquiste dell'umanesimo italiano, ma si valuta quanto scritto da Osip Mandelstam e Leon Trotsky, che si riferivano a Dante nelle loro riflessioni, che sono rilevanti non solo perché appartenevano allo stesso ambiente di Malevich, ma anche perché hanno combattuto lo stesso avversario.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/17

Il monumento a Dante nella Trento irredenta (1896)

Anna Pegoretti 

Il contributo ricostruisce concisamente le circostanze storiche e culturali che determinarono la realizzazione, sotto il dominio austroungarico, del monumento dantesco di Trento, inaugurato nel 1896 e opera dello scultore fiorentino Cesare Zocchi. Dopo una lettura dell’articolato programma iconografico, il saggio si concentra sull’ode composta per l’occasione da Giosue Carducci, confluita poi in Rime e Ritmi. Infine, vengono prese in considerazioni le interpretazioni e strumentalizzazioni politiche di cui il monumento fu oggetto fino agli anni della Grande Guerra.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/18

Al cospetto di Dante. La politicità di Petrarca nel Novecento

Laura Mitarotondo 

Il saggio affronta il tema della politicità di Petrarca a partire dal confronto con Dante, durante la prima metà del XX secolo. Viene dunque esaminato un capitolo di storia del pensiero politico e di storia intellettuale italiana, per verificare se, e in quali forme, l’accostamento fra i due grandi classici abbia contribuito al divenire di una riflessione critica sul Petrarca politico, valorizzando quelle culture che hanno ricalibrato il rapporto fra i due autori, nel segno della modernità di Petrarca. In un contesto scandito dalla tradizione del neoidealismo italiano e dalla storiografia del pensiero politico primo novecentesca, un singolare interesse rivestono i saggi di Giovanni Gentile e Rodolfo De Mattei, che leggono in Petrarca il dissolvitore della Scolastica e il moderno pioniere di una filosofia dell’uomo, ma anche il promotore di una dimensione spirituale e non naturalistica della politica. 

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/19

Gentile e Dante: visioni comunitarie e confronto

Donatella Stocchi-Perucchio 

Questo saggio si propone di confrontare aspetti del pensiero sociale e politico di Giovanni Gentile, riassumibile nel concetto di ‘Stato in interiore homine’, col pensiero politico di Dante Alighieri quali emergono sia dagli scritti del filosofo su Dante, sia da alcuni passaggi sparsi tra i più significativi del suo pensiero comunitario. Questa operazione, che prende le mosse dalla nozione di comunitarismo espressa da Costanzo Preve (2006), mira da un lato a svincolare il comunitarismo di Gentile dal Fascismo e a riportarlo alla sua matrice medievale e dall’altro a suggerire, in questa linea di pensiero che lo accomuna a Dante e che chiameremo con Gentile ‘profetica’, una prospettiva ancora valida per superare l’atomismo contemporaneo pur preservando libertà e diritti.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/20

Dante modello dell’intellettuale-politico di Gramsci

Raul Mordenti 

Il saggio, partendo dalla "lunga fedeltà" a Dante di Gramsci, prende in esame il dantesco "modello di intellettuale" che Gramsci fa suo. Quel modello, contrappposto a quello di Petrarca, si basa sul rapporto dell'intellettuale con la storia, la politica e con il popolo-nazione. Gramsci spinge più avanti tale modello, estendendolo al lavoro, in cui vede un'attività intellettuale di tutti gli uomini. La posizone gramsciana risale direttamente a De Sanctis, attraverso la mediazione di Umberto Cosmo, che fu suo professore.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/21

Il pensiero politico di Dante Alighieri nell’opera di Benedetto Croce

Salvatore Cingari 

Il saggio ricostruisce il giudizio di Benedetto Croce sul pensiero politico di Dante Alighieri soffermandosi sul dapprima sul tendenziale silenzio di Croce, interrotto dal riferimento al saggio su Dante del 1921 al cui centro è la distinzione di poesia e non poesia e non il contenuto storico-politico della Commedia e delle altre opere. La sottovalutazione crociana della riflessione politica di Dante viene inoltre contestualizzata nel quadro delle polemiche del filosofo con la “dantomania”, l’eruditismo positivista, con il nazionalismo, con le interpretazioni decadentistiche, e con la lettura di Giovanni Gentile. Il saggio affrontato poi l’unico testo in cui Croce tratta miratamente il pensiero politico dantesco, una voce per l’Enciclopedia of social science (New York, 1930), in egli riconosceva la valorizzazione dantesca della sovranità statale, indicandone però il carattere austero e intransigente come modello di ispirazione morale per resistere al conformismo degli anni del regime.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/22

La “lectura Dantis” di Giuseppe Berto nel campo di prigionia di Herford, ovvero dell’esilio, della colpa e della guerra persa di là del Fascismo

Paola Culicelli 

Il saggio analizza la lectura Danctis tenuta da Giuseppe Berto all’interno del campo di prigionia di Hereford, in Texas, all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943, in cui Berto rilegge il canto di Paolo e Francesca senza cedere alla retorica. Il Dante riletto dai prigionieri di Hereford non è il monumento della nazione, il profeta dell’Italia, bensì il poeta dell’esilio, della patria perduta, della guerra persa. Si tratta della lettura dantesca di un’ex camicia nera, ai ferri corti col proprio passato e con le proprie responsabilità. L’analisi è percorsa in filigrana dalla questione urgente della colpa e del perdono, vibra di riflessioni politiche e nasconde un’istanza segreta, profonda, di pace e di indulgenza. Significativamente il primo romanzo che Berto avrebbe pubblicato, una volta tornato in Italia, col titolo scelto da Longanesi Il cielo è rosso, era stato scritto a Hereford col titolo, di chiara ispirazione dantesca, «La perduta gente».

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/23

Tracce dantesche negli scritti di Alcide De Gasperi

Matteo Largaiolli 

Negli scritti e nei discorsi di Alcide De Gasperi la presenza di citazioni e allusioni a Dante e alle sue opere non è mai casuale. La ricerca di queste tracce dantesche da un lato aiuta a capire le tecniche retoriche che lo statista trentino metteva in campo nei suoi scritti e la funzione che attribuiva alla cultura italiana e a Dante; dall’altro, attraverso la parabola biografica e testuale di De Gasperi, permette di osservare un esempio dell’uso pubblico e privato di Dante in contesti comunicativi molto diversi tra loro. Per definire una basilare morfologia della presenza dantesca in De Gasperi, si possono individuare tre grandi ambiti di ripresa: una presenza, rara, come autorità, per confermare il suo pensiero sulla base di una riflessione dantesca; una presenza, molto più comune, “memoriale” e retorica, soprattutto negli scritti giornalistici e in alcuni discorsi; e una presenza più intima, nelle lettere, e soprattutto nelle lettere dal carcere.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/24

Augusto Del Noce lettore di Dante in chiave metapolitica

Paolo Armellini 

L’interpretazione offerta da Augusto Del Noce sul pensiero politico di Dante si basa sulla sua critica all’immanentismo gentiliano che considera Dante un esponente dell’averroismo latino, fautore di una separazione netta fra Impero e Chiesa in virtù della distinzione fra l’autonomo ambito della politica e l’autorità spirituale della religione cattolica. Del Noce concorda invece con Gilson sull’incompatibilità di tale visione sia con la lettera sia con lo spirito di una filosofia politica come quella di Dante che attraversa un periodo di crisi fra Medioevo e Modernità. Dante è per Del Noce influenzato dal francescanesimo che intende riportare la Chiesa nell’alveo della sua sola autorità spirituale, rivendicando all’Impero la sua autonomia che deriva dall’aver ricevuto la sua legittimità solo da Dio, ma anche condizionato anche dal tomismo per la posizione che considera relazionate fra loro le autorità della filosofia, della politica e della teologia.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/25

La ‘Società Dante Alighieri’ come strumento di diplomazia culturale e la ricezione dell’opera dantesca nella cultura argentina

Laura Fotia 

Il saggio prende le mosse dall’analisi del ruolo della Società Dante Alighieri nell’azione di diplomazia culturale italiana in Argentina per proporre una riflessione sulla fortuna, nel paese sudamericano, dell’opera dantesca, considerata da intellettuali e politici di rilievo quale elemento costitutivo di un universo culturale comune.

DOI: 10.13134/979-12-5977-135-3/26

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