Abstract
La Dottrina della scienza 1813 è l’ultima esposizione organica del sistema filosofico di Fichte. Quest’opera accorpa in sé tanto la coerenza dello sviluppo del pensiero del filosofo, quanto la sua indubbia creatività in termini concettuali. Non a caso, in quest’opera Fichte introduce uno strumentario concettuale a tutti gli effetti inedito, una costellazione di nozioni che implementano il carattere complesso e costitutivamente articolato della “dottrina dell’immagine” in cui consiste la sua tarda filosofia trascendentale. Nel concetto di immagine, infatti, sono vicendevolmente implicate tanto l’istanza produttiva, genetica, del pensiero, quanto la sua istanza ricorsiva e riflessiva. Detto altrimenti, il gesto trascendentale si inaugura a partire dalla messa in forma riflessiva dell’immaginazione. Due movenze – riflessione ed immaginazione – che testimoniano di un pensiero che, inauguratosi dalla decostruzione del dogmatismo, si sintonizza con l’assoluto e, intercettandone il dinamismo, espone i rapporti che legano il Principio alla soggettività. In simile esposizione, però, la dottrina della scienza si trasfigura essa stessa, passando dall’essere sapere all’essere forma di vita rischiarata. Il trascendentale, così, si compenetra con la vita da cui aveva preso le mosse: esso diviene insomma saggezza.
Giacomo Gambaro (Padova, 1990) si è laureato all’Università di Padova con una tesi sui rapporti tra logica trascendentale e dottrina morale nell’ultimo pensiero di Fichte. In aggiunta, ha conseguito il dottorato di ricerca in filosofia con una tesi intitolata Corporeità e piacere nel pensiero della differenza sessuale. I suoi principali ambiti di ricerca sono la filosofia trascendentale di Kant e di Fichte, il rapporto tra trascendentalismo ed immaginazione e, non da ultimo, la questione dell’immaginario contemporaneo a partire dal pensiero femminista