Cinema e identità italiana

Cinema e identità italiana
A cura di:  Christian Uva, Stefania Parigi, Vito Zagarrio
Editore: RomaTrE-Press
Data di pubblicazione: dicembre 2019
Pagine: 776
ISBN: 978-88-32136-82-1
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Abstract

Gli atti del Convegno Internazionale di Studi “Cinema e identità italiana” (Roma, 28-29 dicembre 2017) mettono in luce la molteplicità delle prospettive con cui può essere affrontato il problema dell’identità nazionale, in un arco temporale che va dai primordi del cinema fino alla contemporaneità. Un gran numero di studiosi di varia età e provenienza si misura con metodologie e punti di vista differenti, intrecciando le dinamiche cinematografiche con la storia culturale del Paese e con il più vasto panorama intermediale.

Contributi

Introduzione

Christian Uva  Stefania Parigi  Vito Zagarrio 

DOI: 10.13134/v7cd-1f87978-88-32136-82-1/1

Il romanzesco cinematografico italiano

Roberto De Gaetano 

Negli scritti di Bazin sul neorealismo emerge un’analogia tra quest’ultimo e il grande romanzo americano tra le due guerre. L’analogia ha qualcosa di più dell’occasionale osservazione, è un’intuizione di fondo, è l’idea che con il neorealismo si avvia la modernità cinematografica, che è caratterizzata dal tratto ‘romanzesco’ della forma. Questa linea ‘romanzesca’, da ricondursi anche alla ‘soggettiva libera indiretta’ pasoliniana, attraversa tutta la modernità del cinema italiano e giunge fino ad oggi.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/2

 

Grounds for Reclamation: ‘From the Swamps to the Days of Littoria

Suzanne Stewart-Steinberg 

Questo articolo è un contributo teorico su quella che ho definito l’‘ermeneutica della reclamation’ e un’analisi storica sui progetti di bonifica del fascismo italiano, nell’Agro Pontino durante gli anni ’30. Esso rivendica la necessità di considerare il termine ‘reclamation’ come un concetto da interpretare, anche se un concetto che è ben presto diventato un evento storico, usato soprattutto per ricondurre la ‘terra’ e il suo campo semantico nell’ambito degli eventi mediatici. Come esempio ho preso in esame il documentario dell’Istituto Luce Dall’acquitrino alle giornate di Littoria.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/3

Il corpo e l’anima di una nazione. Immagini d’infanzia nella Serie Cuore della Film Artistica Gloria

Silvio Alovisio 

Tra il 1915 e il 1916 la casa di produzione torinese Film Artistica Gloria produce nove film tratti dai racconti mensili di Cuore (Edmondo De Amicis, 1886). Si tratta di uno dei più imponenti e ambiziosi progetti di rappresentazione dell’infanzia mai tentati nella storia del cinema italiano. Questo saggio intende verificare con quali modalità la serie Cuore elabora alcune rappresentazioni dell’infanzia  legate ai temi e ai caratteri costitutivi di un’italianità in costruzione. L’analisi si concentra sui contrasti di classe e sul ruolo ideologico del corpo infantile.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/4

La povertà del potere: apppunti sull’identità religiosa del cinema italiano

Alessio Scarlato 

Il cinema italiano, da La presa di Roma (1905), a The Young Pope, ha sempre riconosciuto il dispositivo teologico-politico che costituisce il proprio dell’identità religiosa cattolica. Nella connessione tra queste due dimensioni, la libertà del dono inteso come umiliazione kenotica del divino, e la ‘necessità’ del commercio politico-economico-tecnico con cui un potere katechontico attende-frena il compimento messianico, il cinema italiano offre uno sguardo quanto mai originale. Il punto di partenza della discussione sarà un progetto incompiuto di Pasolini, il Porno-teo-kolossal.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/5

Il culto della patria, del littorio e della decima musa. Nazionalismo e cosmopolitismo negli allievi del CSC (1935-1938)

Fabio Andreazza 

Il contributo è basato sui materiali d’archivio relativi agli allievi del primo corso di regia e perfezionamento (1935-1938) del Centro Sperimentale di Cinematografia, e cerca di mostrare come nei casi esaminati nazionalismo fascista e cosmopolitismo non siano antagonisti, perché investono piani diversi (i temi e le forme), che richiedono l’impiego di differenti scale di osservazione. È infatti variando la distanza focale dell’obiettivo che si possono comprendere adeguatamente le scelte adottate da questi giovani, fascisti militanti e cinefili.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/6

Il brusio del dialetto come godimento plurale della lingua

Giulia Raciti 

Inizialmente, questo saggio ripercorre sommariamente la relazione tra cinema italiano e dialetto, nel cinema neorealista e dell’immediato dopoguerra in Sicilia. Lo snodo successivo analizza La terra trema di Visconti e Baarìa di Tornatore, confrontandoli in virtù del lavoro etnolinguistico condotto dai registi, i quali, seppur in maniera diversa, hanno operato una rigorosa e filologica messa in scena della lingua dialettale. Il tassello conclusivo della relazione guarda al brusio prodotto dalla lingua dialettale come marca di enunciazione autoriale e cifra emozionale dei film.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/7

Un paese fondato sul melodramma

Francesco Ceraolo 

Questo saggio propone riflessioni su come il modello melodrammatico, pur lavorando dentro le contaminazioni generiche delle estetiche postmoderne, rimanga tuttora il veicolo principale di quel racconto della ‘pura vita’ che da sempre contraddistingue le forme di rappresentazione della cultura italiana: una modalità di ‘immanentizzazione del tragico’, di adesione delle istanze interne dell’opera al regime astratto dell’esistenza, che da più di due secoli definisce la narrazione dell’identità nazionale.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/8

“Verdi come il padre?” Identità italiana e messa in crisi della tradizione verdiana nel cinema degli anni Sessanta

Francesco Verona 

La mitizzata figura di Giuseppe Verdi ha accompagnato tutto il Novecento italiano, plasmando un immaginario volto a identificare il compositore, ora come una sorta di genius loci, ora invece come un eroe nazionale: un vero e proprio padre della patria. A partire dalla riflessione di Massimo Mila secondo cui «parlare di Verdi è come parlare del padre», il saggio, attraverso l’analisi di alcuni modelli di messa in scena del teatro verdiano nel cinema degli anni Sessanta, intende mettere in luce alcuni momenti sintomatici di tale rapporto, che nel decennio preso in considerazione si tinge di tinte conflittuali e quasi mai riappacificate.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/9

L’italiano di legno nello specchio di Hollywood. La ricezione del Pinocchio Disney in Italia tra fascismo e dopoguerra

Luca Mazzei 

Il saggio analizza la ricezione in Italia del film Pinocchio di Walt Disney, tra il 1939 (quando la sua distribuzione in Italia fu preannunciata come imminente) e il 1947 (quando il film fu effettivamente distribuito in Italia). Dal confronto con il film della Disney, la cultura italiana (che fino ad allora vedeva nel libro di Collodi solo una bella storia per bambini) creò una nuova interpretazione di Pinocchio. Da una parte Pinocchio divenne l’immagine più invariabile della tradizione italiana. Dall’altro, la dimostrazione pratica di come l’identità italiana fosse ormai sul punto di entrare nella modernità.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/10

La realtà della finzione. Tracce identitarie nel cinema italiano contemporaneo

Nausica Tucci 

L’ibridazione, cioè l’impurità di una forma contaminata tra cinema del reale e fiction, tra carattere romanzesco della storia ed elemento favolistico, sembra essere l’identità del cinema italiano contemporaneo. Se da una parte resistono i tentativi di raccontare delle storie con gli strumenti propri del cinema italiano, dall’altra emerge la necessità di raccontare non più il reale per quello che è, ma la realtà per quella che appare, nella finzione, mediante il cartone animato, il graphic-novel, il musical e gli effetti speciali.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/11

L’identità italiana attraverso il racconto delle migrazioni. Musei, mostre e percorsi espositivi

Francesco Federici 

Nella cultura visuale contemporanea, mostre temporanee, biennali e progetti artistici di diverso genere hanno trovato sempre più spazio e sono diventati uno dei luoghi privilegiati per l’osservazione della società contemporanea e per la lettura della storia. In questo contesto si può osservare come diversi musei e alcune mostre abbiano indagato le forme dell’identità italiana attraverso l’uso di vari strumenti museografici, interrogandosi in particolar modo su come questa rappresentazione si intrecci con quella dell’emigrazione italiana.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/12

Dall’intervallo alla recess. Gli adolescenti di Disney Channel e l’identità italiana

Gabriele Landrini 

Il presente intervento analizza alcune produzioni seriali di Disney Channel Italia. Le situation comedy realizzate tra il 2005 e il 2010 promuovono un prototipo di teenager debitore alle maschere della commedia italiana e all’umorismo iperbolico dei cinepanettoni. In seguito, i teen-drama prodotti a partire dal 2015 inaugurano un percorso fortemente ispirato all’immaginario americano. Nell’ultimo anno questi modelli appaiono nuovamente in evoluzione, tentando di coesistere ma aprendosi anche a mutamenti futuri ancora difficili da teorizzare.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/13

L’immagine del dissenso. La rivoluzione artistica di Pippo Delbono nell’Italia della crisi contemporanea

Andrea Rabbito 

Nel cinema italiano contemporaneo s’impone l’opera filmica di Pippo Delbono. L’artista, che proviene dal mondo del teatro, realizza delle opere mediante il linguaggio audiovisivo che perfettamente esprimono uno spirito di dissenso e, nello stesso tempo, di grande umanità. Attraverso il racconto della propria sfera privata e mediante il recupero dell’opera e pensiero di Pasolini, Delbono si fa portavoce di una forza inquieta e in costante scontro con modelli della società attuale e in perenne ricerca di una condizione umana nuova, connotata da valori etici e sociali profondi.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/14

Il Paese delle meraviglie. Percorsi di costruzione identitaria e possibilità di (tras)formazione nel cinema di Alice Rohrwacher

Stefano Guerini Rocco 

Le meraviglie esplicita la natura duplice e duale del cinema di Alice Rohrwacher. Come Corpo celeste, il film risulta caratterizzato dai toni e dalle cadenze proprie del romanzo di formazione. Tuttavia, l’autrice sembra voler usare la macchina da presa per fotografare i cambiamenti e le contraddizioni della società italiana contemporanea. In questa prospettiva, il cinema di Rohrwacher si fa portavoce di una vera e propria ‘doppia transizione’: quella della transizione dei personaggi ‘attraverso’ la transizione dell’ambiente.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/15

Labirinti. Il piano sequenza nel cinema italiano contemporaneo

Vito Zagarrio 

Questo saggio analizza il piano sequenza nel cinema italiano contemporaneo, tanto da un punto di vista teorico, quanto da uno stilistico. Le analisi di alcuni piani-sequenza di Paolo Sorrentino (Le conseguenze dell’amore, This must be the place and Il Divo), Matteo Garrone (Primo amore), Salvatore Maira (Valzer), Michelangelo Frammartino (Le Quattro volte) Laura Bispuri (Figlia mia) e Claudio Giovannesi (Alì ha gli occhi azzurri, Fiore) rivelano la rilevanza estetica e stilistica del piano-sequenza nel cinema italiano contemporaneo.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/16

Il Divo di Paolo Sorrentino. Scrittura cinematografica di una storia controversa

Vittoriano Gallico 

Questo articolo si interroga sulla portata storiografica de Il Divo di P. Sorrentino. Riprendendo le nozioni di «riconoscimento» e «riconoscenza» con cui P. Ricœur affronta la possibile aporia della «presenza dell’assente» per il discorso dello storico (La memoria, la storia, l’oblio), si promuove l’idea secondo cui il film di Sorrentino non consiste in una semplice interpretazione soggettiva dell’Italia andreottiana. Di contro, in opposizione alla dicotomia tra realismo e finzione, si mostrerà come a rinnovare il rapporto con la Storia siano proprio gli eccessi visivi e sonori tipici dell’immagine sorrentiniana.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/17

Mediare il medium. Narrazioni dell’identità e strategie dell’emancipazione in Liberami di Federica Di Giacomo

Dario Cecchi 

Il saggio analizza Liberami di Federica Di Giacomo, che tratta il riemergere del fenomeno dell’esorcismo nel Meridione. Il film mette in luce i rapporti tutt’altro che trasparenti tra la dimensione antropologica del sacro e le nuove forme di spettacolarizzazione e ‘consumo’ della vita. Alla luce di questa lettura, va notato come nel film la macchina da presa sia l’agente provocatore di una serie di performance realizzate dai personaggi, i quali esibiscono la loro incapacità di uscire da questo modello di esperienza della realtà.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/18

Ménage all’italiana. Ugo Tognazzi e le dinamiche di rapporto tra i sessi, tra cinema, identità maschile e discorsi sociali

Gabriele Rigola 

L’intervento si propone di analizzare alcuni elementi di contiguità tra la recitazione e gli elementi del contesto storico e culturale dagli anni Sessanta in poi, attraverso uno la figura di Ugo Tognazzi. In particolare, si prende qui in esame l’aspetto dell’identità, della sessualità, dei rapporti tra i sessi, nel complesso scenario di mutamento e contrattazione di ruoli e generi che fa da sfondo al periodo storico, studiando il significativo ruolo di Tognazzi attraverso varie fonti messe in campo.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/19

Cartografie immaginarie e politiche sessuali in Mimì metallurgico ferito nell’onore

Ilaria A. De Pascalis 

Fra i numerosi prodotti cinematografici che si sono concentrati sulla ricollocazione geo-culturale di giovani uomini dal Sud al Nord dell’Italia del boom economico, un caso particolare è quello di Mimì metallurgico ferito nell’onore di Lina Wertmüller (1972). Saldamente ancorato all’estetica del grottesco, propone un intreccio indissolubile e del tutto originale fra: mappature geografiche, affettive, culturali e dell’immaginario; collocazioni politiche e di gender; pratiche erotiche; e formazioni collettive. Il film propone dunque una interessante riflessione fra configurazione spazio-temporale e articolazioni dei soggetti rappresentati.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/20

«Per un po’ di tempo camminai come Yul Brynner». I giovani uomini italiani del dopoguerra al cinema

Enrico Biasin 

Il presente intervento si propone di illustrare gli aspetti metodologici caratterizzanti il progetto di ricerca che il sottoscritto sta conducendo presso il Department of Italian della University of Bristol e che si incentra sulle strutture di rappresentazione e di consumo indotte dall’apparato cinematografico nei confronti della figura del giovane maschio italiano del dopoguerra e del ‘miracolo’ economico. L’obiettivo del progetto è di legare insieme l’analisi delle dinamiche di genere sessuale espresse dal cinema e lo studio delle forme di memoria spettatoriale, ponendo l’accento epistemologico sulla nozione di mascolinità.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/21

‘The ideal man’. Amedeo Nazzari and national melodramatic masculinity

Elena D’Amelio 

Questo articolo indaga la stardom di Amedeo Nazzari, sia nei suoi ruoli cinematografici prebellici, sia nel cinema del dopoguerra, dove ha interpretato il pater familias in una serie di melodrammi diretti da Raffaello Matarazzo e prodotti dalla Titanus dal 1949 al 1954. Mentre il fascismo pensava l'eroismo come azione e sacrificio patriottico, la cultura italiana del dopoguerra ridefiniva le coordinate dell'eroismo attraverso nuove rappresentazioni di mascolinità dolente. La stardom di Nazzari, transitando da ruoli di virilità militare a figure melodrammatiche di padre, ha negoziato questioni di genere, sessualità, classe e identità nazionale durante il passaggio dalla dittatura fascista alla democrazia.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/22

Fellini e la ‘formazione incompiuta’. Il maschio italiano tra sessualità e cattolicesimo

Raffaello Alberti 

L’articolazione tra sessualità e cattolicesimo assume da subito in Fellini un carattere nazionale. Nel dichiarare il proprio odio per Casanova, lo stesso regista indica l’essenziale di questo personaggio nella libido del maschio italiano come esito di una formazione incompiuta, la cui responsabilità sarebbe da addebitarsi alla sciagurata opera educativa svolta nei secoli dalla Chiesa. Il saggio ricostruisce le tappe attraverso cui tale concezione si delinea nell’opera dell’autore, giungendo a individuare nella contiguità di due celebri episodi del film Roma (1972) – la visita alle case di tolleranza e la sfilata di moda ecclesiastica – la dialettica che la fonda.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/23

«Le bellezze italiane sono tutte curve». Identità in conflitto sulle pagine di Cinema nuovo (1952-1958)

Elisa Mandelli  Valentina Re 

Questo contributo si sofferma sulle strategie editoriali di Cinema nuovo nel periodo 1952-1958, indagando il rapporto che si instaura tra il discorso verbale e il ‘discorso delle immagini’, che si dà attraverso la selezione e l’impaginazione delle fotografie, soprattutto di attrici in abiti succinti e pose sensuali. Lo scopo è di esaminare il ruolo della critica cinematografica di area comunista in relazione alla conferma, alla ridefinizione e alla rinegoziazione delle identità di genere (in particolare la mascolinità) e delle loro relazioni con l’ambito della sessualità. A emergere è come sulle pagine della rivista si sviluppi un ‘conflitto identitario’ in cui entrano in gioco e si intrecciano identità nazionale, di genere e politica.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/24

Anni Sessanta. L’identità italiana dell’arretratezza vista con gli occhi del cinema del reale

Mirco Melanco 

Il saggio espone come il cinema del reale abbia raccontato l’identità italiana dell’arretratezza negli anni Sessanta. L’analisi riguarda contesti sociali di marginalità assoluta raccontati in letteratura da Ernesto De Martino e da Pier Paolo Pasolini e trasposti al cinema da Di Gianni, Mangini, Del Fra, Ferrara e Mingozzi. Altri due registi, Taffarel e De Seta, in piena autonomia hanno realizzato documentari neorealisti che, visti oggi, mostrano mondi e territori rurali per sempre perduti e figli di una povertà atavica indistintamente distribuita al Nord e al Sud del Paese.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/25

La memoria del fuoco. Mito e racconto nel cinema del reale italiano contemporaneo

Daniele Dottorini 

Il saggio ripensa il rapporto Racconto/Cinema del reale intendendo la parola racconto come la modalità con cui alcuni autori integrano, accostano o rileggono le immagini documentarie associandole a forme antiche di narrazione, riprese in modo del tutto peculiare. Il saggio prende in esame alcune opere di registi italiani che mettono in gioco la forma del racconto attraverso il ricorso a elementi che appartengono ad una tradizione profondamente italiana: la letteratura popolare, i luoghi del sacro, le figure della commedia dell’Arte. Queste immagini lavorano contemporaneamente su un doppio significato della parola tradizione: quello di una tradizione narrativa riletta attraverso le forme del cinema e quello della tradizione cinematografica.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/26

Tra arcaismo e modernità. Il cinema documentario di Cecilia Mangini

Mattia Cinquegrani 

È negli anni conclusivi del boom economico che Cecilia Mangini realizza la porzione più significativa della sua opera cinematografica. Entro i confini di un’Italia radicalmente deformata dal miracolo economico, lo sguardo di Mangini si arresta a indagare le ultime tracce di una cultura popolare che, dopo aver definito per secoli l’intero paese, viene ora smantellata in maniera definitiva dal violento incedere della modernità. A emergere è il ritratto di un’Italia posta ancora in bilico fra arcaismo e modernità, ma irrimediabilmente destinata a franare verso quella omologazione culturale determinata dall’imporsi dell’economia industriale e dal consumismo.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/27

Padri d’Italia. Autobiografia e dinamiche generazionali nel documentario italiano contemporaneo

Giacomo Ravesi 

Nella nostra contemporaneità la relazione genitore-figlio ha subito una profonda mutazione, che oltrepassa e ridefinisce le concettualizzazioni acquisite di paternità, discendenza ed eredità. Attraverso l’analisi di alcuni documentari italiani dell’ultimo decennio, il saggio vuole proporre una riflessione sui legami tra le forme della scrittura autobiografica e le pratiche identitarie di stampo generazionale, al fine di rilevare come le modificazioni nei rapporti familiari attuali sono esemplarmente specchio di una evoluzione storica dei regimi rappresentativi e figurativi della condizione di genitore e di figlio.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/28

Le due Italie. Il Sud come periferia nel documentario italiano

Mariangela Palmieri 

Uno dei tratti caratterizzanti dell’identità italiana sono le differenze tra Nord e Sud del Paese. Nell’immaginario collettivo il Mezzogiorno è rappresentato come periferia d’Italia, contrassegnata da un tempo lento. Il cinema documentario del secondo dopoguerra, nella varietà dei suo generi, contribuisce a definire e a consolidare questa rappresentazione del Sud, cogliendo stereotipi e rafforzando le differenze col Nord del Paese.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/29

Visitazione di un’idea di popolo come utopia estetica del mondo. I cortometraggi di Vittorio De Seta

Patrizia Fantozzi 

L’intervento si propone di illustrare in che modo nei cortometraggi realizzati da Vittorio De Seta tra il ’54 e il ’59 a incarnarsi sia una certa Idea di Popolo che non potrebbe ‘aver luogo’ al di fuori del cinema stesso. Il cinema è Visitazione in ciò che si è visto e inteso: in esso l’Idea vi dimora proprio in quanto passa (Badiou). Ed è in questo senso che il discorso intorno al medium cinema viene a caricarsi di una sua valenza specifica, sensibile e politica insieme; nella sua capacità di registrare gesto e immagine, individuale e pre-individuale, in quello che è un essenziale  partage (Rancière) che ci può essere trasmesso però solo in potenza, come divenire.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/30

Vite al confine. Spazi e immagini delle migrazioni nella cultura visuale italiana

Giuseppe Previtali 

I recenti fenomeni migratori che hanno interessato il bacino del Mediterraneo hanno generato una fitta rete di discorsi e immagini, nei quali emerge con forza l’intreccio fra estetica e politica teorizzato da Rancière. Il contributo si propone di indagare il rapporto fra questi due temi soffermandosi in particolare su una serie di produzioni visive italiane, diverse sia per la modalità espressiva che per il tipo di discorso che sottintendono rispetto al tema migratorio. In questo modo si formuleranno alcune osservazioni preliminari per successive e più dettagliate analisi del tema.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/31

Lo sguardo dell’altro sulla penisola. Le migrazioni attraverso il cinema italiano

Massimiliano Coviello 

Dal racconto delle emigrazioni compiuto dal neorealismo alle immigrazioni nel cinema contemporaneo: il saggio analizza le forme di rappresentazione dell’alterità e il loro rapporto con il contesto socio-culturale italiano. Il rapporto tra l’erranza del soggetto migrante e il paesaggio italiano, la rielaborazione intermediale delle immagini che documentano il viaggio, il controllo biopolitico dei corpi e i tentativi di sovvertire i dispositivi di assoggettamento sono le principali strategie adottate da alcuni cineasti per dar forma allo spaesamento rispetto ai luoghi di origine e ai tentativi di integrazione.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/32

Cittadinanza e narrazioni audiovisive in Italia. Istruzioni per un’inclusione differenziale

Leonardo De Franceschi 

La battaglia combattuta in parlamento sulla riforma della cittadinanza nel 2017 ha portato all’evidenza nodi irrisolti nella narrazione egemone dell’italianità, ridando forza a un archivio simbolico di figure della razza di matrice coloniale. Film e serie dal 1989 hanno lavorato spesso per fornire modelli di inclusione differenziale alle seconde generazioni ma qualcosa sta cambiando, anche grazie all’emergere di un primo insieme di interpreti e filmmaker dal background migrante.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/33

Who framed Rome? Periferie urbane ed esistenziali nella Roma nel cinema italiano contemporaneo

Tommaso di Giulio 

In questo intervento viene proposta una ricognizione di cinque casi studio: La nostra vita (Daniele Luchetti, 2010), Senza nessuna pietà (Michele Alhaique, 2014) Suburra (Stefano Sollima, 2015) Lo chiamavano Jeeg Robot (Gabriele Mainetti, 2016) e Il Più Grande Sogno di Michele Vannucci (2016), tutti ambientati a Roma e realizzati tra il 2010 e il 2016. Questi lavori forniscono un esempio di come la messa in scena della città possa essere sfruttata come perno formale e concettuale per articolare un discorso sulla contemporaneità che investiga dinamiche socio-geografiche e contribuisce ad arricchire e rimodulare l’immaginario popolare.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/34

Lo stile cinematografico italiano all’estero. Artisti e artigiani del set, professionisti e luoghi produttivi

Antonio Catolfi 

Questo contributo vuole riflettere sullo stile cinematografico italiano di alcuni professionisti del set e sulla considerazione che si ha all’estero dei nostri artisti del set cinematografico che perlopiù si evidenziano per la loro creatività, grande conoscenza tecnica e sapienza artigianale. Ci riferiamo in particolar modo principalmente agli scenografi e ai DOP (direttori della fotografia) italiani, di cui esamineremo alcuni casi particolari da Dante Ferretti a Vittorio Storaro, artisti che si sono affermati a pieno titolo nel panorama internazionale del cinema mondiale.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/35

Identità mediali e culture in transito. Immagini migranti, dall’atelier di Teledomenica a Ricordati di noi

Marco Bertozzi 

L’intervento si concentra sui materiali d’archivio di Teledomenica, la prima trasmissione televisiva in lingua italiana del Quebec. Il ritrovamento del girato di Teledomenica ha consentito di recuperare la memoria in between delle famiglie italiane migrate a Montreal negli anni Cinquanta e Sessanta. Vista oggi, un’archeologica epopea mediale,  grazie alla quale la televisione metteva in contatto gli abitanti dei paesini del sud Italia con i parenti e i concittadini emigrati in Canada. Poco prima che andassero perdute a causa di una alluvione, il salvataggio e la ripresa di quelle pellicole ha costituito il footage per Ricordati di noi, un documentario di Paul Tana del 2006, ulteriore atto di rimediazione visiva in anni in cui sugli schermi del Québecq l'immagine del migrante "buono" era ormai divenuta quella del migrante italiano.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/36

Fritaliens. Slittamenti dell’italianità nel cinema francese

Gius Gargiulo 

Dopo gli emigrati degli anni Trenta, chiamati in modo dispregiativo « Ritals », rappresentati in Ritals di Marcel Bluwal nel 1991, Lino Ventura nei film « noirs » francesi del 50-60, interpreta il duro italiano. Successivamente Aldo Maccione rappresenta negli anni 80, il tipico maschio italiano seduttore maldestro e imbroglione. L’identità italiana è reinventata dagli immigrati arabi nel film L’Italien nel 2010.  Infine la webserie Ritals del 2015, di Svevo Moltrasio, mostra con umorismo le difficoltà su due giovani italiani a Parigi. Il mio intervento cerca di ricostruire i punti di contatto e le differenze di queste rappresentazioni diacroniche dell’identità italiana nel cinema francese.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/37

Studiare la circolazione. Metodologie e problematiche di un progetto di ricerca

Dom Holdaway  Massimo Scaglioni 

Il saggio ha la finalità di inquadrare e tematizzare la questione della circolazione internazionale del film, con particolare riferimento al cinema italiano contemporaneo. Nell’epoca della ‘convergenza mediale’ il consumo di audiovisivi avviene in un modo talmente frammentario che parlare semplicemente di ‘distribuzione’ non sembra più sufficiente. Il concetto di ‘circolazione’ consente, invece, di focalizzare l’attenzione su un processo di mappatura degli spostamenti dei prodotti audiovisivi in diversi contesti, per arrivare a indagare il loro impatto culturale più generale. Il saggio introduce successivamente gli obiettivi del progetto di ricerca «CinCit – Circolazione Internazionale del Cinema Italiano» (finanziato nell’ambito del PRIN – Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale). Verranno individuati una serie di case studies che consentono di comprendere meglio le forme di circolazione internazionale del cinema nazionale.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/38

Le istituzioni e le politiche a sostegno della distribuzione internazionale del cinema italiano

Marco Cucco 

La vendita di film all’estero è un’attvità particolarmente rilevante per un paese sia sul piano delle politiche culturali che su quello delle politiche economiche. Tuttavia la distribuzione internazionale è notorialmente anche uno degli anelli più deboli delle industrie cinematografiche europee, e proprio per questa ragione da tempo le istituzioni pubbliche sostengono l’export di cinema con apposite politiche. Il presente saggio ha un duplice obiettivo. Da una parte mappa le politiche e gli strumenti adottati dalle istituzioni pubbliche sovra-nazionali, nazionali e sub-nazionali a sostegno della distribuzione internazionale del cinema italiano. Dall’altra si domanda se esista un ‘modello italiano’ nel sostegno a questo comparto dell’industria. 

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/39

Il cinema italiano negli Istituti Italiani di Cultura all’estero. Alcuni casi di studio

Paolo Noto 

Il circuito degli Istituti Italiani di Cultura all'estero costituisce uno dei principali strumenti di diplomazia culturale a disposizione del Ministero degli Affari Esteri. Tra le iniziative previste per la promozione della cultura italiana, gli IIC contemplano anche la proiezione di film di produzione recente e meno recente, nel quadro di rassegne, eventi, incontri con autori e personalità della cultura. Questo articolo prende in esame le attività di promozione del cinema italiano messe in atto dal circuito degli IIC e si concentra in particolare sulla circolazione di un campione di film in cinque importanti mercati  (Francia, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti, Canada).

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/40

Il cinema italiano nelle reti televisive e piattaforme digitali statunitensi

Luca Barra  Marta Perrotta 

Negli ultimi anni, negli Stati Uniti, i processi di digitalizzazione e convergenza e il consolidarsi di un sistema televisivo multicanale e di varie piattaforme digitali, ha permesso un posizionamento più agevole, per quanto ancora limitato, del cinema italiano nella programmazione tv e nella disponibilità delle library digitali. Il saggio propone pertanto alcune evidenze tratte da una prima mappatura legata alla presenza, più o meno corposa, dei film di produzione italiana nei palinsesti delle reti televisive statunitensi e nei cataloghi dei principali servizi on demand, tracciando le direttrici principali e individuando alcuni fattori e logiche che regolano tale disponibilità.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/41

Chi legge? In Viaggio con Mario Soldati e Cesare Zavattini

Palmira di Marco 

Nel gennaio 1959 Cesare Zavattini decide di scrivere a Mario Soldati, certo di trovare il compagno adatto per un suo progetto. L'idea è  quella di mettere in piedi un'inchiesta televisiva da intitolarsi L’Italia che legge, usando la televisione come mezzo di propaganda per stimolare l’interesse degli italiani per la lettura. Zavattini considera Soldati l’alleato ideale in questa battaglia perché incarna la figura di un intellettuale, già noto come scrittore e regista, che è ormai anche un personaggio televisivo grazie soprattutto alla sua precedente inchiesta Viaggio nella valle del Po alla ricerca dei cibi genuini.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/42

Viaggi in Italia tra cinema, fotografia e televisione

Anna Bisogno 

Negli anni Cinquanta Mario Soldati compone un affresco del paesaggio italiano che si snoda tra cinema e televisione. Il primo risultato è un’inchiesta-documentario Viaggio nella Valle del Po alla ricerca dei cibi genuini (1957), con musiche di Nino Rota; il secondo invece Chi legge? Viaggio lungo il Tirreno (1960) con Cesare Zavattini. A soli tre anni di distanza, la rappresentazione dell’identità popolare nei due reportage cambia in modo netto. Nel primo dei due viaggi, Soldati non incontra ancora italiani ma piemontesi, lombardi, veneti, emiliani e si sofferma soprattutto sulle specificità e sulle differenze. Nella seconda prova il paesaggio è animato da persone (gli italiani) e si avverte fortemente l’influenza zavattiniana.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/43

Un viaggio in Italia. L’Odore del sangue

Bruno Roberti 

Prende le mosse almeno da un film sottovalutato come L'odore del sangue (dal romanzo di Goffredo Parise) la riflessione di Martone sulle ‘radici oscure’ dell'identità italiana. Attraverso una prospettiva che, sulla scorta di Georges Didi-Huberman, si può definire cifra ‘an-acronica’ del tempo, potrebbe risultare evidente come il racconto in immagini di una ‘identità’ italiana per il cinema di Martone ma anche per una linea del cinema italiano passi proprio per una sua genealogia diffratta, polimorfa, mascherata, e tutta risolta sul nesso cruciale arte-vita.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/44

Viaggio in Italia con Bob Dylan. Identità del paesaggio (inter)nazionale nel percorso fotografico di Luigi Ghirri

Caterina Martino 

L’autrice spiega in che cosa consiste il viaggio in Italia di Ghirri, in che modo egli realizza le sue fotografie, quali luoghi visita, quali sono i principi teorici che lo guidano. L’analisi del suo lavoro mostra che la nuova fotografia italiana di paesaggio di cui egli è promotore è di fatto influenzata da quelli che egli stesso dichiara essere i suoi modelli di riferimento: la fotografia americana di paesaggio e la musica di Bob Dylan. Il cambiamento paesaggistico da cui è conseguito un cambiamento nell’identità della nazione è indagato da Ghirri alla luce del motto “Bob Dylan Forever”.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/45

«Siate sempre tutti uniti sotto una sola impresa». Tradizione nazionale e identità italiana nel cinema di Alessandro Blasetti (1932-1938)

David Bruni 

Il presente contributo è dedicato a tre film realizzati da Blasetti durante gli anni Trenta che propongono un modello di cinema fondato su un insieme di elementi funzionali alla costruzione di un’identità italiana coerente con l’ideologia nazionalista propugnata dal regime fascista, ricollegandosi ai valori ereditati da un passato più o meno recente. È ciò che accade in Palio (1932), che racconta vicende incentrate attorno a un rituale profondamente radicato nella tradizione; in 1860 (1934), che narra fatti storici decisivi per le sorti del nostro Stato; mentre Ettore Fieramosca (1938), che si concentra su una figura vissuta secoli fa ma degna di assurgere a esempio eroico per le generazioni future.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/46

L’Italia sul mare nel cinema di Francesco De Robertis. Un problema ancora aperto

Enrico Menduni 

Mentre l’Italia si addentra nella Seconda guerra mondiale da cui uscirà a pezzi, Francesco De Robertis realizza in tre anni un impegnativo trittico filmico sugli “uomini di mare e di guerra”: “Mine in vista”, “Uomini sul fondo” e “Alfa Tau!”, oltre ad essere strettissimo collaboratore di Roberto Rossellini in “La nave bianca”.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/47

Antropologia dell’immaginario nazionale e ‘processi di dis-identità’ nel cinema di Luchino Visconti

Teresa Biondi 

Nel cinema di Visconti l’italianità è rappresentata nella sua ‘disfatta antropomorfica’ o nella perdita dei tratti umani dei personaggi, ed è mostrata come condizione ontologica del multi-sfaccettato immaginario nazionale che si presenta nel suo ‘tessuto’ culturale ibrido e in gran parte utopico poiché mai integralmente affermato come insieme di caratteristiche originarie riconoscibili in modo univoco nel paradigma della tradizione e dell’identità italiana. A partire dal 1960 le radicali trasformazioni storico-antropologiche che riguardano le nuove politiche europee si inseriscono come nuovi elementi dis-identitari nel quadro culturale già in sfacelo, una condizione che non sfugge a Visconti.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/48

Lo sguardo al futuro di Carlo Lizzani teorico

Marco Maria Gazzano 

Elegante ed elegantemente ironico; dai giudizi precisi, ma sempre pacati; radicale nel pensiero e tuttavia equilibrato, insostituibile mediatore nelle situazioni di politica culturale più intricate affrontate dalla Sinistra dal 1945 in avanti, e forse anche prima, Carlo Lizzani ha attraversato da protagonista l’intera storia del cinema italiano nel secondo dopoguerra. E, tuttavia, ne rappresenta anche un paradosso: autore e saggista ancora da indagare fino in fondo e, probabilmente, ancora da valorizzare. Lizzani ha conosciuto, frequentandoli personalmente, con grande curiosità intellettuale, tutti i mestieri del cinema: critico, attore, sceneggiatore, regista, storico, produttore, dirigente di associazioni professionali e della Mostra di Venezia. Ha elaborato pensiero critico e cercato di conoscere tecnicamente, quasi intimamente, tutti i molteplici linguaggi del cinema – dal “muto” all’elettronica – e tutte le forme distributive via via succedutesi nell’universo audiovisivo: ma non è considerato un “teorico”. E’un intellettuale atipico nel cinema italiano, con indubbie capacità di pre-visione.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/49

L’Italia che si riconosce nel cinema dei drammi popolari: il caso di Assunta Spina (1915). Un nuovo modello del rapporto identitario nazionale film-spettatore

Chiara Capobianco 

Nel 1915, quando l’Italia è ormai pronta ad entrare in guerra, esce Assunta Spina, interpreti Gustavo Serena, anche regista, e Francesca Bertini, per la quale giunge quella che potrebbe dirsi l’occasione di una vita, lavorando ad un dramma sociale e femminile che la diva conosce bene dall’epoca dei suoi esordi in compagnia teatrale dialettale. Il momento è decisivo anche nel cinema muto italiano, si sta compiendo il primo passo di una ricerca di identità tra la settima arte e il popolo italiano, che si protrarrà per tutto il secolo, mantenendo un filo conduttore con questi primi fenomeni, con l’opera “Assunta Spina” e con la diva stessa Francesca Bertini.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/50

Spazio, paesaggio, mappa. Roma e la modernità nel cinema noir di Pietro Germi

Lorenzo Marmo 

Il saggio si incentra sull’utilizzo da parte di Pietro Germi della città di Roma come location in tre dei suoi primi film: Il testimone (1946); Gioventù perduta (1948); La città si difende (1951). Si condurrà un’analisi di questi film noir in relazione a tre ambiti discorsivi (evidentemente tra di loro intrecciati):

1. La riflessione sul problema dell’identità, sia soggettiva che collettiva.

2. La metamorfosi del rapporto tanto con il cinema nazionale coevo che con le fonti d’ispirazione estere.

3. Un ragionamento sulle diverse categorie con cui si può concettualizzare la spazialità cinematografica (luoghi e spazi; paesaggio, ambiente e territorio; mappa).

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/51

Film in the Piazza. Le piazze d’Italia come luogo d’identità nazionale nei cortometraggi del dopoguerra

Paolo Villa 

Il presente contributo analizza diverse modalità di rappresentazione della piazza italiana in alcuni cortometraggi documentari tra il 1947 e il 1961. La piazza, da sempre luogo di memoria locale e, in alcuni casi, anche nazionale, fu vista di volta in volta come opera d’arte (documentari d’arte), cuore della vita cittadina (ritratti di piazza), palcoscenico internazionale per l’Italia (film turistici). Questo processo di mediatizzazione ebbe un doppio effetto: diffuse l’immagine delle più note piazze del paese, rafforzandone così la valenza di luogo dell’”italianità”, ma trasformandole al contempo in pure immagini, svuotate di valori identitari, quasi un mero fondale cinematografico.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/52

Identità locale vs identità nazionale. Il caso Sardegna

Antioco Floris 

Le problematiche dell’identità sono rilevanti nella maggior parte dei film realizzati in Sardegna negli ultimi vent’anni da autori ‘sardi’, ossia nati e cresciuti nell’isola. Con l’avvento del nuovo millennio gli autori sembrano volersi  appropriare, quasi un riscatto, del diritto di raccontare dall’interno e con un certo orgoglio il proprio mondo dopo che per decenni era stato raccontato da altri. Nel farlo vanno alla ricerca di storie fortemente legate alla realtà locale recuperando la lingua minoritaria e cercando costruire uno stile adeguato al carattere delle opere

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/53

Il Salento si alza. Come una regione di confine nel bacino del Mediterraneo è diventata un’area di interesse nell’ambito del cinema europeo contemporaneo

Luca Bandirali 

Il Salento è una regione geografica di confine, una frontiera avanzata ed eccentrica affacciata sull’Adriatico e sullo Jonio, storicamente nodo etnico e crocevia di antiche culture (messapica, greca, romana). Flussi migratori di provenienza mediterranea attraversano il Salento da millenni; in tempi recenti, a partire dagli anni Settanta del Novecento, a seguito dello shock petrolifero, si è creato un “modello mediterraneo delle migrazioni” che ha generato un’interessante produzione culturale (musicale, letteraria, teatrale, cinematografica). Dagli anni Novanta in poi, il finanziamento regionale per il cinema ha alimentato un’industria locale e ha attratto produzioni nazionali e internazionali; questa attività è stata consolidata e potenziata dall’istituzione dell’Apulia Film Commission nel 2007. Nel frattempo un gruppo di cineasti del Salento ha continuato a lavorare sul posto contribuendo all’identità culturale del territorio.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/54

Disfunzioni, disgregazioni, digressioni. Se l’identità italiana di fa aporia

Denis Brotto 

Il concetto di identità italiana poggia su capisaldi di natura «morale, civile e spirituale» (cfr. Silvio Lanaro) quali, tra gli altri: una centralità dello stato nel rapporto con i cittadini, una struttura familiare di carattere patriarcale, la presenza di un unitario credo religioso. Negli ultimi decenni tali aspetti hanno però registrato profonde mutazioni di assetto e di valore, dettate da eventi eterogenei, contraddittori tra loro e spesso di rilevanza sovranazionale. Il cinema contemporaneo osserva questi fenomeni anticipandone possibili sviluppi o intervenendo all’interno del dibattimento contemporaneo in merito alle forme di dis-identità nazionale.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/55

L’importanza dei territori nella storia del cinema italiano. Dagli stimoli culturali e antropologici alle film commission

Giacomo Martini 

Il contributo si concentra sull’importanza del territorio nello sviluppo del cinema italiano e analizza diverse strategie adottate dalle istituzioni locali e dalle film commission per promuovere la cultura cinematografica italiana.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/56

La costruzione dell’identità italiana e dell’alterità coloniale nel cinema muto italiano

Gina Annunziata 

Nel settembre 1911, l’Italia dichiara guerra alla Turchia. Nell’ottobre dello stesso anno le truppe italiane sbarcano a Tripoli: inizia la lunga e travagliata impresa coloniale italiana in Libia. A cinquant’anni dall’Unità d’Italia, la costruzione dell’identità nazionale, complessa fin dalla sua gestazione e mai del tutto compiuta, si gioca sulla colonia e sulla razza. Gli anni Dieci in Italia coincidono con l’affermazione del cinema attraverso la produzione di imponenti pellicole come la Gerusalemme Liberata (1911; 1918), Marcantonio e Cleopatra (1913) Cabiria (1914), in cui la supremazia dell’Antica Roma come quella dei Crociati giustifica la conquista libica, presentata non solo come una guerra difensiva ma anche portatrice di civiltà.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/57

Cronache dell’impero. La ridefinizione dell’identità nazionale italiana attraverso la rappresentazione dell’alterità africana nei cinegiornali dell’Istituto Luce

Samuel Antichi 

Prendendo in esame alcuni cinegiornali prodotti dall’Istituto Luce dal settembre 1935, quando fu costituito il “Reparto Fotocinematografico per l’Africa Orientale” (RAO) fino al 1942, il mio intento nel seguente contributo è quello di riflettere sulla definizione dei caratteri identitari promossi dal regime attraverso le modalità di rappresentazione dell’alterità africana. Grazie a specifiche tematiche e strategie visive e narrative, queste produzioni formano, ridefiniscono e proiettano una visione dell’identità fascista comparata alla cultura africana durante il colonialismo.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/58

Rovine e macerie. Permanenze e rimozioni dell’identità coloniale nel cinema italiano dal secondo dopoguerra alle migrazioni contemporanee

Maria Francesca Piredda 

Il saggio intende indagare la funzione del cinema nei processi di rielaborazione memoriale dell’esperienza coloniale italiana e di costruzione dell’identità post-coloniale. Da un lato, prendendo in considerazione film “scomodi” che hanno tentato di raccontare il colonialismo italiano al di fuori della retorica dominante e che, forse proprio per questo, hanno subito un ostracismo produttivo e distributivo. Dall’altro, rintracciando le “irruzioni fantasma”, entro il tessuto narrativo di alcuni esempi significativi del cinema contemporaneo, di personaggi e situazioni che sembrano alludere alla nostra storia coloniale e ai processi di rielaborazione memoriale di cui è stata oggetto.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/59

Gli eroi son tutti giovani e belli. Il cinema degli eroi tra memoria coloniale, condanna del fascismo e nuovi e vecchi modelli di genere (1949-1954)

Gaia Giuliani 

In questo mio contributo mi concentro su come l’identità razziale degli italiani, articolata in modo compiuto dal fascismo come il risultato della convergenza tra mediterraneità e bianchezza, venga a tradursi, nel dopoguerra, in una sua versione ‘repubblicana’, ancora debitrice nei confronti del fascismo di alcuni suoi elementi strutturali, ma anche profondamente riarticolata a partire dal nuovo contesto storico, politico e sociale. Tale identità verrà indagata in modo più specifico a partire dalle costruzioni della bellezza maschile e femminile incarnate dai grandi modelli popolari: i divi e le dive del cinema definito ‘degli eroi’ (1949-1954).

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/60

1924: Maciste pro o contro Mussolini? Corrispondenze tra divismo cinematografico e potere politico

Denis Lotti 

Il film Maciste imperatore è distribuito nel 1924, anno cruciale per il rafforzamento del regime fascista. Per lanciare la medesima pellicola è pubblicata una vignetta satirica che mette in relazione diretta il protagonista, il forzuto Maciste (Bartolomeo Pagano), con il primo ministro Benito Mussolini. Perché fu possibile una simile associazione? Tenteremo perciò di dare una risposta plausibile e nel contempo proveremo a individuare elementi e indizi di contatto tra due realtà – quella cinematografica e quella politica italiane – all’epoca molto più intrecciate di quanto la storiografia contemporaneista sia solita considerare.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/61

«Ho servito il Re, il Duce e il Presidente della Repubblica». Vittorio De Sica anni Cinquanta

Anna Masecchia 

A partire dal Secondo Dopoguerra, Vittorio De Sica ha decisamente incarnato un certo tipo di italianità. I ruoli interpretati dall’attore hanno prodotto una figura proteiforme, in bilico tra la costruzione di una nuova identità nazionale e la conferma di un carattere italiano dai tratti spesso discutibili. Alla fine degli anni Quaranta, De Sica, regista del neorealismo, si è fatto invece interprete consapevole di un cinema che voleva contribuire a “fare (nuovamente) gli italiani”: il maestro Perboni di Cuore (Duilio Coletti, 1948) oppure il Leo laico e progressista di Lo straniero di San Marino (Michal Waszyński, 1948) sono protagonisti di una Italia in ricostruzione, che vuole fare i conti sia con la Storia sia con il presente. Il 1952 è però, com’è noto, un anno di svolta. Da allora in poi, aitanti Carabinieri, Principi del foro, istrionici politicanti e padri immaturi e incapaci di guidare la “prima generazione” saranno materia per De Sica di nuove e significative prove attoriali.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/62

Divismo e mélo secondo Michelangelo Antonioni

Simona Busni 

Il saggio si propone di analizzare il fenomeno del divismo popolare degli anni Cinquanta partendo da Michelangelo Antonioni, con particolare riferimento alla primissima fase del suo cinema e ai personaggi femminili che popolano quei film, rientranti nel filone del ‘mélo modernista’. In che modo lo sguardo di Antonioni si rapporta agli stilemi di un melodramma in forma ‘rigenerata’ e alle peculiarità ontologiche di una tipologia divismo particolarmente influenzata dai mutamenti dell’identità femminile italiana?

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/63

Monica Vitti. Un’icona della modernità

Cristina Colet 

Nella metà degli anni Sessanta Monica Vitti, icona e musa dell’incomunicabilità, si avvicina al genere della commedia contribuendo a delineare un’immagine femminile moderna che, ironizzando sulla figura di donna oggetto, propone un’immagine femminile in transizione tra l’archetipo della donna madre e l’affacciarsi di una nuova donna più incline a soddisfare i propri bisogni e desideri individuali.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/64

Un esempio di identità italiana. Il magistero d’attore di Gian Maria Volonté

Marina Pellanda 

Gian Maria Volonté, capacità mimetiche non comuni e straordinaria forza espressiva, recita le Maschere del potere e dell'impotenza, della violenza e della rassegnazione, dell'impegno civile e della passione ed è un buon esempio di Soggetto Italiano. Modellando una faccia e un corpo cui basta pochissimo per volgersi dalla caricatura alla commedia, all'impenetrabilità dell'intellettuale spaventato o dell'antagonista diabolico, e esibendo una Libertà Estetica che, lontana dall'anarchia, nei limiti generali imposti dalle singole arti e in quelli particolari imposti a se stesso dall'artista, è scelta dell'espressione che meglio risponde al suo sentire, diventa l'occasione per chi guarda alle sue interpretazioni, di ritrovare un'Identità Italiana di cui, forse, si è perso lo stampo.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/65

Il buono, il mammo(ne), il bello, il cattivo. Stefano Accorsi e le maschere dell’italianità

Alberto Scandola 

In questo articolo ci proponiamo di indagare la modalità con cui Stefano Accorsi si offre come un simbolo di italianità. Nell’arco di una carriera ventennale, Accorsi ha saputo rappresentare un modello di mascolinità variegato e complesso, in cui l’immagine del sex symbol, interpretata anche negli spot per Peugeot, contrasta con il ritratto di un maschio femminile e sentimentale (Santa Maradona). Decostruendo il proprio heart-throb status, Accorsi ha saputo incarnare diversi volti della mascolinità nazionale. Tra questi: l’amante latino (Il giovane Casanova), il partigiano impavido (I piccoli maestri), l’italiano all’estero (Baby blues) e il breadwinner nella società post-patriarcale (Made in Italy). Serie TV come 1992 e 1993 hanno dimostrato come Accorsi non sia solamente un «volto post-ideologico»: al contrario, egli sa incarnare figure forti e oscure del recente passato italiano.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/66

Rita e «La Zanzara». La costruzione dell’identità giovanile italiana nei film Musicarelli (1958-1968)

Cecilia Brioni 

Questo intervento analizza le rappresentazioni dell’identità giovanile italiana nei film Musicarelli, una serie di film musicali prodotti per un pubblico giovane negli anni Sessanta. In questi film, i giovani vengono rappresentati come soggetto docile, e lo scontro generazionale tende ad essere risolto attraverso una riappacificazione tra i giovani e i loro antagonisti adulti. Tuttavia, i Musicarelli presentano anche strategie quali l’uso di parodie e il riferimento a fatti di cronaca che introducono un ribaltamento dei rapporti di potere tra le generazioni. Il film Rita la Zanzara (Wertmüller 1966) viene utilizzato come case study per discutere questa duplice funzione.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/67

Il cinema musicale italiano degli anni sessanta e l’identità delle nuove generazioni tra nazionale e globale

Claudio Bisoni 

Il presente intervento si propone di ricostruire il rapporto tra il cinema musicale italiano degli anni sessanta come pratica produttiva a basso costo e le nuove identità giovanili che proprio nel corso degli anni sessanta cominciano ad affacciarsi nella società. In particolar modo l’argomentazione seguirà la seguente scansione: 1) Contestualizzazione della produzione di film musicali negli anni sessanta (rispetto al cinema musicale italiano del passato); 2) Analisi delle principali linee di rappresentazione delle culture giovanili emergenti in alcuni esempi di film musicali; 3) Definizione del problema dell’identità dei giovani consumatori italiani attraverso la musica e il cinema nelle loro reciproche interazioni.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/68

Vespa, Lambretta e Geghegé. Beat e Mods all’italiana

Rossella Catanese 

Urlatori alla sbarra (Lucio Fulci, 1960), I ragazzi del juke-box (Lucio Fulci, 1962) e La battaglia dei Mods (Franco Montemurro, 1966) sono tre esempi di film musicali italiani realizzati durante gli anni Sessanta (il genere cosiddetto ‘musicarello’), che mostra l’impatto crescente delle sottoculture giovanili.

Concentrandoci su questi film, che esibiscono la musica rock e pop, le feste e il ballo, è possibile riscontrare numerosi riferimenti ai beni di consumo e ai prodotti del miracolo economico italiano degli anni Sessanta, come i juke-box, i famosi veicoli made in Italy e la moda.

La gioventù che fa da protagonista in questi film era ispirata ad una cultura anglo-americana contaminata; al contempo, la risposta autoctona all’influenza della musica britannica e statunitense era un’entità culturale ibrida, che combinava coreografie yé-yé alla rivoluzione di una società transnazionale e ‘dissoluta’.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/69

Identità italiana e storia in Totò al Giro d’Italia

Elio Frescani 

Il film Totò al Giro d’Italia del 1948, per la regia di Mario Mattoli, è interessante per la rappresentazione dell’identità di un popolo che conosce da poco la democrazia, ma conserva caratteristiche che risalgono ai secoli passati e si conserveranno negli anni a venire. Il film, con le sue immagini e i suoi dialoghi, risulta in sintonia con l’epoca di produzione attraverso numerosi riferimenti storici, restituisce una parte di immaginario collettivo e offre la possibilità di analizzare il carattere degli italiani nell’immediato dopoguerra.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/70

Italiani alla deriva. Note su cinema e maschi da spiaggia nell’epoca del boom

Christian Uva 

Nella sua peculiare natura di luogo di trascendenza rispetto alla vita ordinaria la spiaggia rappresenta il laboratorio privilegiato per l’osservazione e l’analisi del comportamento sociale e delle sue mutazioni e dunque, più in particolare, delle caratteristiche identitarie che definiscono un popolo. Non stupisce quindi che l’arenile costituisca a partire dal secondo dopoguerra e in concomitanza con la modernizzazione del paese il set ideale in cui il cinema italiano, attraverso moduli espressivi di volta in volta differenti, reitera la narrazione di una ‘condizione’ – quella balneare appunto – capace di farsi specchio di cruciali cambiamenti storici, sociali e culturali. Partendo da tali premesse il saggio tenterà di evidenziare come in tale orizzonte diventi inevitabilmente nevralgica anche la configurazione e rappresentazione delle identità di genere e delle dinamiche a esse connesse.

DOI: 10.13134/978-88-32136-82-1/71

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