Abstract
Quando, nel 1954, furono pubblicati i due volumi di Gino Gorla dedicati a “Il Contratto” la dottrina italiana del diritto civile, imbevuta di concettualismo pandettistico, quasi non se ne accorse. D’altronde era difficile che potesse accettare una visione realista e funzionale del diritto che metteva in dubbio le sue certezze e offriva una lettura non dogmatica di un istituto, il contratto, che vive e si sviluppa nel quotidiano agire sociale ed economico. Che, poi, un accademico si cimentasse nella analisi della prosaica giurisprudenza era, se non una eresia, quantomeno una bizzarria. Ben diversa fu l’attenzione – pur ostacolata dalla barriera linguistica – con la quale l’opera fu accolta all’estero, sia per la profondità del pensiero che per il metodo casistico proposto ed applicato alla comparazione giuridica. A distanza di settant’anni “Il Contratto” di Gorla conserva ancora la freschezza di pensiero non convenzionale e costituisce un punto di riferimento essenziale per il giurista che voglia studiare l’istituto sia nella dimensione domestica che in quella comparata. E troverà nel secondo volume una messe di casi che tuttora costituiscono validi esempi delle ratio decidendi inespresse sulle quali poggia la giurisprudenza del presente.
Gino Gorla’s two volumes on Contract made a sensation when they were published 70 years ago. Gorla disrupted dogmatic continental notions on contract, highlighted through comparison and case-law the enormous distance between declamatory and theoretical statements and the real life of economic relations between private individuals. His work, which was immediately acclaimed by Max Rheinstein and Rudolf Schlesinger, created a long lasting intellectual bridge between civil law and common law scholars. For these reasons it is still a milestone for anybody wishing to engage in legal comparison.