Venire a Roma, restare a Roma. Forestieri e stranieri fra Quattro e Settecento

Venire a Roma, restare a Roma. Forestieri e stranieri fra Quattro e Settecento
A cura di:  Alessandro Serra, Sara Cabibbo
Editore: RomaTrE-Press
Data di pubblicazione: gennaio 2018
Pagine: 402
ISBN: 978-88-94885-33-0
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Abstract

Nel processo di trasformazione delle città in capitali e di creazione di strutture materiali e simboliche che facessero da sfondo alle nuove corti e al ruolo da esse assunto nello scenario europeo di età moderna, la città di Roma si distingue per il suo richiamo alla romanità e al suo ruolo di centro della cristianità: elementi che tracciano l’immagine della patria communis per quanti vi si vogliano stabilire o soggiornarvi temporaneamente. Iscrivendosi in un settore di studi che ha privilegiato il carattere ‘aperto’ delle città di Antico Regime guardando alla mobilità come ad un fattore intrinseco, i saggi qui raccolti ripercorrono i percorsi di individui e gruppi provenienti dagli Antichi Stati Italiani o d’Oltralpe attraverso la documentazione fornita dalle tante istituzioni che presiedevano all’accoglienza o che controllavano le identità confessionali e i comportamenti degli inurbati. La varietà della rete di istituzioni che accolsero i bisogni e le aspettative degli ‘immigrati’ costituisce la peculiarità di questo volume, in cui le indagini dei diversi autori, gli spazi e i tempi da essi investigati, compongono un mosaico che vuole dar conto, attraverso le quattro sezioni in cui è suddiviso, dei diversi sguardi che si posarono sui forestieri e del variegato e talora contraddittorio rapporto di costoro con la società d’accoglienza. Ciò nel tentativo di approssimarsi ad un’immagine della Roma moderna in cui convivono diversi tipi di società – quella globalizzata, quella corporata, quella clientelare – e in cui si sovrappongono e si intersecano, col fluire delle generazioni e delle ondate migratorie, identità molteplici.

Contributi

Premessa

Sara Cabibbo
Alessandro Serra

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/1

Forestiere e straniere a Roma tra ’400 e primo ’500

Anna Esposito

La città di Roma, per tutto il ’400 interessata da un costante flusso immigratorio, è una realtà molto interessante d’analizzare anche per inquadrare il posto che vi occuparono le donne, sia le mogli di curiali, professionisti, artigiani, sia le devote venute a Roma in pellegrinaggio e che in molti casi vi rimasero per sempre dando vita a ospizi “di donne” e case di terziarie e bizzoche, riservati spesso a una specifica nazionalità, sia infine le donne marginali, molto spesso dedite alla prostituzione.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/2

Gli stranieri a Roma in un fondo dell’Archivio Storico Capitolino (1507-1527)

Andreas Rehberg

Il 1507 fu un anno molto importante per la storia del notariato romano, in quanto papa Giulio II Della Rovere con la bolla Sicut prudens realizzò – dopo un primo tentativo fallito nel 1483 sotto suo zio Sisto IV – il Collegio degli scrittori dell’Archivio della Curia romana. Con i suoi 101 uffici esso aveva il compito di tutelare coloro che affluivano alla Curia Romana e i Curiam Romanam sequentes e di evitare la dispersione dei registri di imbreviature notarili. Per vie complesse gli atti di questo Collegio sono confluiti principalmente nell'Archivio Storico Capitolino nella Sezione LXVI dell'Archivio Urbano consistente di 117 volumi. Essi non contengono i protocolli di singoli notai ma solo le copie degli atti rogati dai notai stranieri vidimate dagli scriptores e correctores del Collegio creato da Giulio II. Fornendo una vasta casistica, il contributo traccia tre piste di ricerca percorribili attraverso questo materiale: analizzare cioè le varie tipologie di immigrazione, le forme e gli strumenti dell’integrazione e del mantenimento della propria identità da parte degli stranieri, il ruolo infine dei loro testamenti. 

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/3

Assistenza dotale e forenses a Roma: il caso della SS. Annunziata alla Minerva (XV-XVI secolo)

Claudia d’Avossa 

Il contributo osservare la presenza di forestieri e straniere a Roma tra la fine Quattrocento e il primo Cinquecento attraverso il loro accesso all'assistenza praticata dalla confraternita della SS. Annunziata alla Minerva, sodalizio che si specializzò a partire dalla fine del XV secolo nell'erogazione di sussidi dotali a ragazze bisognose. La prima parte dell'intervento si sofferma sulla normativa statutaria dell'istituto, e sui rimaneggiamenti delle rubriche che definivano, assieme ai criteri d'accesso alla caritas, il peso specifico assegnato alla provenienza geografica e al grado di inurbamento. Nella seconda parte del contributo viene invece preso in esame l'effettivo bacino di reclutamento dell'Annunziata che, non presentando specifiche connotazioni in senso professionale, nazionale e rionale, si presta a rappresentare un campione d'indagine significativo per guardare alla presenza dei forenses nella Roma rinascimentale: la documentazione notarile relativa ai pagamenti dei sussidi permette, infatti, di esaminare le scelte matrimoniali, l'identità geografica e professionale, il radicamento territoriale delle ragazze dotate e dei rispettivi mariti, indicando modalità e strategie di inserimento dei forenses nel contesto urbano.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/4

Sposarsi a Roma dopo il Concilio di Trento. Matrimonio e comunità forestiere attraverso le ‘posizioni matrimoniali’ dell’inizio del XVII secolo

Benedetta Albani

L’articolo analizza la complessità del mercato matrimoniale romano all’indomani del Concilio di Trento e l’influenza dell’elemento forestiero nella costruzione della società affrontando in particolare due questioni: le strategie matrimoniali degli stranieri a Roma e la relazione tra mestiere, provenienza e mobilità. Attraverso l’analisi storico demografica e l’approfondimento di due casi di studio mette in luce la connessione tra scelte matrimoniali, mobilità, dinamiche di integrazione individuali e lavorative e legami dei forestieri con il luogo d’origine. Basato sull’analisi del più antico corpus di posizioni matrimoniali fino ad ora analizzate per la città di Roma e che interessa gli anni dal 1608 al 1624, lo studio intende anche integrare gli studi centrati sulla stessa tipologia di fonti che si sono concentrati prevalentemente sulla seconda metà del XVI e sul XVIII secolo.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/5

Sposarsi a Roma nel secolo XVIII

Domenico Rocciolo

In età moderna il Tribunale del cardinale vicario si occupò dei matrimoni da celebrare in Roma. In tal modo si formarono le raccolte archivistiche dei ‘processetti’ e delle ‘posizioni’ matrimoniali, oggi conservate nell’Archivio Storico del Vicariato. Ad esse si aggiunsero i registri delle licenze rilasciate dal vicegerente per la celebrazione delle nozze e i libri parrocchiali dei matrimoni. Lo studio di queste fonti consente di ricostruire aspetti rilevanti di storia del matrimonio e della famiglia, ma anche della popolazione, dell’immigrazione e dell’integrazione sociale nella Roma pontificia. 

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/6

Laurearsi a Roma in utroque iure. Forestieri e stranieri nei primi Registra doctorum et decretorum

Giuliana Adorni
Teresa Onori
Manola Ida Venzo

Nei 28 Registra doctorum (1549-1729) dell’archivio dell’Università di Roma sono registrati i verbali delle sedute di laurea in utroque iure svoltesi davanti al Collegio degli avvocati concistoriali. È in corso la schedatura analitica della serie rilevando: data; titoli, nome e cognome del laureato, provenienza e/o diocesi di appartenenza; nomi dei testimoni con titoli e provenienza. I dati complessivi rilevati ci permetteranno di dialogare con le banche dati universitarie nazionali ed europee già esistenti.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/7

Mercanti lombardi e toscani a Roma: testimonianze dalle fonti del XV e XVI secolo

Ivana Ait

Nel processo di ripresa sociale ed economica, avviatosi con Martino V e che porterà alla trasformazione di Roma in una capitale rinascimentale, un ruolo di primo piano fu svolto dall’immigrazione. L’analisi di un ampio ventaglio di documentazione permette di rilevare gli apporti forniti soprattutto da operatori toscani e lombardi richiamati dall’incremento della domanda di uomini, merci e denaro.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/8

Una statistica dei musicisti europei a Roma tra 1650 e 1750. Saggio dai dati raccolti nel database Musici

Michela Berti

Il presente saggio analizza la presenza di musicisti europei a Roma tra 1650 e 1750. Basato sui dati inseriti nel database “Musici” nell’ambito di un progetto triennale di ricerca ANR-DFG, indaga questioni come la provenienza dei musicisti, la loro professione specifica, l’inserimento nel network lavorativo romano, le motivazioni alla base della loro presenza a Roma.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/9

The Pope’s Men. Transnational Clerical Elites, Papal Universalism, and Bureaucratic Practice

Bruno Boute

Roma era la ‘Città della Grazia’, un polo di attrazione per i chierici che visitavano le tombe degli apostoli e vi prendevano dimora in cerca di nuove opportunità di ascesa sociale con la speranza di ottenere benefici ecclesiastici o impieghi curiali. Questo articolo si inoltra in regni ampiamente ignorati dagli studiosi dell’Età moderna: le istituzioni ‘medievali’ del papato, che continuavano a sfornare migliaia di bolle e brevi anche agli esordi dell’epoca moderna. Le disposizioni relative alle province ecclesiastiche di Malines e Cambrai e al principato vescovile di Liegi forniscono un ottimo punto di partenza per esplorare alcune dinamiche attive nel mercato del lavoro dei chierici e i corrispondenti interessi dei burocrati romani che cercavano di manipolarlo.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/10

La presenza degli artisti nordici a Roma (1530-1630). Alcune osservazioni su costanti e variabili

Giovanna Sapori

È possibile  esaminare i dati sugli artisti nordici forniti da documenti e fonti anche per mettere in rilievo costanti e variabili nella  vita e nell’attività a Roma. La biografia di Spranger esemplifica le difficoltà di ricerca del lavoro; i documenti sulla bottega di  Santvoort un apice dell’uso di dare alloggio in cambio di lavoro; quelli sulla vita sociale  di Francesco da Castello o Bril un aspetto del processo di integrazione e nello stesso tempo della importanza del legame fra connazionali. La necessità di imparare a dipingere ad affresco è un esempio  dei tanti  ostacoli e difficoltà che limitano il tempo di soggiorno degli artisti  stranieri. Pochi fanno fortuna e restano  a Roma. Rispetto a  questa situazione il caso di Rubens è una eccezione. Ugualmente esso è indicativo per il tema dell’incontro fra cultura nordica e italiana.  La   piccola cerchia di scienziati, umanisti e artisti, di cui Rubens fa parte, si presenta a Roma nel primo Seicento come  il risultato più vitale  della ricerca di dialogo e di sperimentazione tra nord e sud.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/11

«Birro e forestiero». La presenza degli stranieri nei tribunali romani nel XVIII secolo

Luca Topi

Il contributo analizza i birri forestieri presenti nei Tribunali romani nel XVIII secolo. La ricerca si inserisce all’interno del filone storiografico che vede la mobilità come elemento strutturale della società di antico regime. Una prima parte pone l’accento sulla specificità del lavoro e sui problemi delle fonti; successivamente si concentra sull’analisi dei dati dei birri evidenziando i problemi posti dalla provenienza, dalla durata del servizio e dalle possibilità di avanzamento di carriera.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/12

La nazione cristiana nuova portoghese a Roma (1532-1668)

James W. Nelson Novoa

L’articolo tratta della presenza dei ‘cristiani nuovi’ portoghesi a Roma nel XVI e XVII secolo, e dei diversi modi in cui essi hanno elaborato un’identità privata e pubblica. Il carattere unico della città eterna, ad un tempo capitale di uno Stato e sede della Chiesa cattolica, ne fece durante il periodo in esame un teatro speciale per l’elaborazione delle identità collettive e individuali. Tra i ‘cristiani nuovi’ portoghesi hanno scelto di presentarsi attivamente come portoghesi di origine ebraica e si sono accreditati come veri e propri rappresentanti del loro gruppo in quanto nação, nazione distinta, simile ad altri gruppi nazionali presenti nella città. Altri hanno invece preferito non attirare l’attenzione su queste origini, per fare di Roma un luogo in cui mettere radici per sé stessi e per le loro famiglie o dove costruirsi una reputazione attraverso la carriera ecclesiastica, prima di trasferirsi altrove. La varietà delle opzioni che le loro storie di vita hanno mostrato testimonia la loro variegata identità come gruppo e come individui.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/13

La Compagnia della Pietà della nazione fiorentina. Committenze, solidarietà e carità verso membri e maestranze «di qualunque istato e condizione»

Julia Vicioso

Il saggio si propone di esaminare la relazione tra i fiorentini e gli altri gruppi di forestieri stabilitisi a Roma, attratti dalle molte opportunità offerte dalla città del papa. La comunità fiorentina si organizzò per la prima volta nel 1448 in una confraternita di assistenza detta Compagnia della Pietà. I membri di questa grande comunità ruotavano attivamente intorno alla confraternita e ai luoghi dove si incontravano settimanalmente per soddisfare le loro esigenze spirituali e sociali, stabilendo e consolidando relazioni che avevano per obiettivo il bene comune, la mutua assistenza, i reciproci vantaggi economici e il prestigio fiorentino. La confraternita si è dunque impegnata ad aiutare i malati e i poveri di provenienza toscana e a difendere gli interessi commerciali e sociali, promuovendo la ‘fiorentinità’ attraverso l’esaltazione delle loro tradizioni di grandeur sociale, politica e culturale. La compagnia si è poi progressivamente orientata a promuovere e a sponsorizzare la costruzione di una chiesa nazionale che testimoniasse del prestigio fiorentino, rifacendosi al simbolo principale di Firenze: la cupola di S. Maria del Fiore. Il risultato finale non fu realizzato da artisti fiorentini come Antonio da Sangallo il giovane e Michelangelo Buonarroti, autori – tra altri artisti fiorentini – di splendidi progetti, ma da ‘stranieri’ come Giacomo della Porta, Carlo Maderno e Francesco Borromini. Tre architetti non fiorentini, dunque, al fine di poter disporre degli stessi architetti impegnati nella costruzione della basilica di S. Pietro, il più grande cantiere europeo di sempre, e continuare così ad alimentare l’idea di grandeur fiorentina, senza più alcun riguardo per la nazionalità degli artisti come era accaduto inizialmente.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/14

Roma, un laboratorio delle identità? Comunità ‘nazionali’, dinamiche associative e linguaggio devozionale tra XVI e XVIII secolo

Alessandro Serra

Nella Roma d’Età moderna, all’interno dell’assai vario panorama delle confraternite laicali e nel quadro di una società che mantiene la sua tradizionale vocazione cosmopolita, le comunità ‘nazionali’ hanno una grande importanza in qualità di agenti della circolazione delle nuove devozioni – provenienti dalla loro rispettiva terra d’origine – nello spazio sacro urbano. Attraverso questi culti locali, le comunità forestiere rivendicano la propria specificità in relazione alle altre ‘nazioni’, rinforzando nel contempo, talvolta attraverso processi di sintesi tra componenti percepite come differenti, la propria rappresentazione identitaria e, di conseguenza, il senso di appartenenza dei propri membri.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/15

Non solo schiavi. La presenza dei musulmani a Roma in età moderna: il lavoro di un gruppo di ricerca

Marina Caffiero

Gli studi  sulla presenza  dell’alterità, culturale e religiosa, a Roma in età moderna,  si sono molto concentrati  sulla presenza ebraica nella città, mentre assai meno studiata è la presenza di musulmani. L’intervento affronta la domanda  relativa  alla possibilità di una storia comparativa tra la presenza ebraica e quella musulmana nella città e descrive sia le ultime acquisizioni di un gruppo di ricerca che lavora su questo tema sulla base di fonti sia conosciute che inedite, sia le implicazioni anche assai  attuali del fenomeno poco noto, ma per nulla eccezionale, della presenza musulmana . Da questo punto di vista,  l'Italia, per la sua vicinanza sia ai Balcani di dominazione ottomana che ai paesi islamici affacciati sul Mediterraneo, risulta ovviamente essere un punto di riferimento ineludibile dal punto di vista geografico e da quello culturale.  E, in Italia,  risalta Roma non solo in quanto centro della cristianità, ma soprattutto come  sede sia di elaborazioni teologiche e politiche sulle diversità religiose, sia di concrete iniziative, di istituzioni specifiche e  di comportamenti  peculiari nei confronti degli esponenti di quelle diversità che proprio nella città convergevano. 

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/16

Le fonti giuridiche e lo studio della presenza islamica nello Stato della Chiesa (XVI-XVIII secolo)

Roberto Benedetti

I numerosi studi condotti fino ad oggi sul tema della schiavitù all’interno dei confini dello Stato della Chiesa di età moderna hanno portato all’attenzione della comunità scientifica l’evidenza documentale della presenza sul lungo periodo di una minoranza composta da schiavi islamici che, pur non passando attraverso la conversione al cristianesimo e pur mantenendo la propria identità religiosa d’origine, costituiscono parte integrante di una complessa rete sociale ed economica. Ciò che è rimasto scoperto è, invece, lo studio dell’approccio istituzionale al fenomeno. Come era regolamentata la vita dei musulmani all’interno dei confini dello Stato del papa? Quali magistrature avevano la giurisdizione su di loro e in quali modalità la esercitavano? La seconda parte di questa comunicazione intende quindi presentare i primi risultati di una ricerca condotta sulle fonti normative prodotte dalle varie autorità centrali e periferiche dello Stato, in merito alla regolamentazione di una parte certamente esigua della popolazione ma estremamente significativa sul piano simbolico e teologico.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/17

L’Archivio del Sant’Uffizio come fonte per la storia degli stranieri a Roma (XVI-XVIII sec.)

Daniel Ponziani

Il contributo mette in evidenza la relazione tra l’Inquisizione romana e gli stranieri a Roma, provenienti per lo più dall’Impero germanico. Questi ultimi erano in genere considerati nemici della fede, portatori sani di animus haereticus. Ma allo stesso tempo la Curia romana e lo stesso Sant’Uffizio erano composti in gran parte da stranieri, in accordo con la vocazione universale della Chiesa. Inoltre, a partire dalla metà del XVII secolo, i rapporti con gli stranieri – nobili, principi, pellegrini, viaggiatori, commercianti, intellettuali, artisti – cominciarono ad essere meno ostili e la Roma barocca divenne la meta preferita del Grand Tour. In ragione di questo, l’Archivio del Sant’Uffizio si rivela come una straordinaria fonte per la storia degli stranieri a Roma in Età moderna, in particolare grazie al fondo Stanza Storica, che contiene documenti che vanno dal XVI al XVIII secolo, e alla serie archivistica Decreta Sancti Officii. Questi registri annuali, redatti dai notai dell’Inquisizione, sono documenti essenziali per la storia del Tribunale di fede. Sulla base dei Decreta e di altri documenti conservati nel fondo Stanza Storica, il saggio descrive le modalità di produzione documentaria del Sant’Uffizio, riferendosi a specifiche cause attraverso le quali si può, da un canto, mettere in luce il rapporto tra stranieri e Inquisizione, e, dall’altro, proporre una comprensione più adeguata delle funzioni e delle attività del Sant’Uffizio al servizio del papa e della Chiesa.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/18

«Vostra Signoria era al tempo dell’uva quando venni à Roma, io sono forastiera de qua». Stranieri e forestieri negli incartamenti processuali del tribunale criminale del governatore di Roma (secoli XVI-XVII)

Cristina Vasta

Questo articolo, proponendo una inversione di prospettiva metodologica, affronta il tema della presenza di stranieri e forestieri a Roma non tanto a partire dai fondamentali interrogativi che esso pone (l’origine, la permanenza, la capacità e le strategie di integrazione, la produzione culturale, la vita religiosa), quanto da ciò che di nuovo l’analisi sistematica di una specifica fonte primaria, in questo caso gli atti processuali prodotti dal tribunale del governatore di Roma, può fornire alla più generale riflessione storiografica, elementi talvolta forieri di inedite visioni e capaci di illuminare dettagli prima ignorati. Dopo aver esaminato nel suo insieme il fondo archivistico Tribunale criminale del governatore di Roma (1512-1809), conservato presso l’Archivio di Stato di Roma, e rilevato le potenzialità euristiche di ciascuna serie documentaria riguardo al tema in oggetto, il testo si sofferma in particolare su due questioni specifiche che gli incartamenti processuali prodotti tra XVI e XVII secolo consentono di indagare: la permanenza nel linguaggio parlato da forestieri e stranieri immigrati a Roma di elementi dialettali e linguistici propri della loro terra d’origine; l’articolazione non sempre lineare dei percorsi che portavano a Roma un peculiare soggetto sociale, le prostitute. Frammenti di oralità cristallizzata nei verbali d’interrogatorio e narrazioni individuali del venire, del restare, dell’integrarsi che possono contribuire a rendere più complesso e dinamico il già significativo quadro di conoscenze in merito ad un fenomeno, quello dell’immigrazione nella città dei papi, di fondamentale rilievo per chiunque intenda affrontare uno studio sulla Roma della prima età moderna.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/19

A Scola for ‘foreigners’ in the modern-age Roman ghetto. Preliminary findings of a work in progress

Micol Ferrara

Con la bolla Cum nimis absurdum (1555), furono istituiti i ghetti e furono imposti agli ebrei i segni distintivii di colore giallo, colpendo duramente la vita quotidiana degli ebrei e provocando migrazioni di massa all’interno dell’Italia. La Comunità di Roma crebbe notevolmente, subendo significativi cambiamenti delle abitudini e delle relazioni interpersonali. I documenti relativi alle Cinque Scole, conservati presso l’Archivio Storico della Comunità ebraica di Roma, possono contribuire a ricostruire questi cambiamenti. Tracce del flusso migratorio persistono in alcuni cognomi ebrei romani: l’onomastica può quindi aiutare a identificare gli ebrei che originariamente vivevano al di fuori degli Stati Pontifici. L’analisi dello jus gazzagà permetterà poi di esaminare la localizzazione degli stranieri nell’area del ghetto, mentre i cambiamenti nella geografia delle strategie matrimoniali possono essere indagati a partire dai contratti matrimoniali e dagli accordi concernenti le doti. Infine, per illustrare l’atmosfera di convivenza all’interno del ghetto, si è dimostrata utile l’analisi del registro riguardante le controversie tra la Scola Nova e le altre Scole.

DOI: 10.13134/978-88-94885-33-0/20

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A cura di: Fernando Quiles García, José Jaime García Bernal, Marcello Fagiolo Dell’Arco, Paolo Broggio
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