Le scritture dell’ira

Le scritture dell'ira
A cura di:  Cristiano Spila, Giuseppe Crimi
Editore: RomaTrE-Press
Data di pubblicazione: gennaio 2016
Pagine: 208
ISBN: 978-88-97524-49-6
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Abstract

Quando si parla di invettiva, la caratteristica principale sembra essere quella dell’attacco, dell’insulto, della violenza verbale. Si dice infatti “pronunciare un’invettiva”, o “lanciare, scagliare un’invettiva”. L’invettiva è definita nel Vocabolario degli Accademici della Crusca (1612), con le parole di Francesco da Buti, come «riprensione, che l’huomo fa crucciosamente. E perciò si chiama invettiva, cioè commozione contro altrui». Essa pone a chi se ne occupa numerose questioni, tra le quali fondamentale è quella che riguarda la sua natura di genere letterario o di registro retorico appartenente allo sfogo o all’offesa contro qualcuno (un avversario, un’istituzione).

Questo volume indaga proprio la forma invettiva così come si è presentata in alcuni testi della nostra letteratura, nel suo percorso storico dal Trecento al Novecento. Si è perciò trovata la formula di “scritture dell’ira” (enfatizzando le varie esperienze e i diversi contesti), attraverso cui collocare i testi riconosciuti di una tradizione letteraria italiana. In questa prospettiva, l’invettiva si presenta come una forma codificata di indignazione, di maledizione, di sdegno, che si esprime in un uso violento e rabbioso della parola, ma anche come operazione politica e religiosa, come estetica dell’eccesso, e infine come risposta a un vissuto personale tragico e difficile.

Contributi

Il discorso irato: elementi e modelli dell’invettiva

Cristiano Spila

Il contributo si presenta come una introduzione generale ai lavori che seguono sull’invettiva nella letteratura italiana. La parte più cospicua è dedicata all’analisi delle forme storiche in cui si presenta l’invettiva nell’antichità, a partire dall’epos omerico fino al testo biblico e oltre, cioè ai modi attraverso cui un testo si trasfonde in un’invettiva col risultato di una produzione in un senso concreto di intenzione irosa o di polemica ideologica. Il discrimine passa tra l’affiorare istintivo, involontario, nella scrittura, di un materiale letterario sedimentato dalla tradizione e un uso intenzionale del modello, volutamente iroso. Tra le fonti letterarie di un genere così stratificato come l’invettiva, l’Iliade e la Bibbia hanno una funzione preminente, permeando il piano stilistico e offrendo un inesauribile repertorio di immagini e di temi.

DOI: 10.13134/978-88-97524-49-6/1

L’invettiva misogina: dal Corbaccio agli scritti libertini del ’600

Paola Cosentino

L’intervento si propone si ricostruire il percorso che, dal dettato violento, cupo e rancoroso del Corbaccio di Boccaccio, giunge a verificare la fortuna dell’invettiva misogina in ambito cinquecentesco, attraverso una serie di esempi in prosa (come, ad esempio, l’aggressiva lettera posta all’inizio del volume delle Lettere di diversi autori, raccolte per Venturin Ruffinelli, Mantova, 1547) e in poesia (in special modo guardando alla tradizione delle satire, esemplate sul modello di Giovenale e spesso legate al tema del “prender moglie”). L’excursus individuerà poi una serie di casi seicenteschi in cui è presente il motivo della tirata antifemminista, soprattutto rintracciabile all’interno della produzione romanzesca e novellistica dell’Accademia degli Incogniti.

DOI: 10.13134/978-88-97524-49-6/2

Il fiele dopo il miele (e il pugnale). Aretino contra Giberti

Paolo Procaccioli

Il contributo ha come oggetto una lettera-invettiva scritta da Pietro Aretino contro Gian Matteo Giberti, il vescovo di Verona che nelle vesti di datario pontificio è stato a lungo considerato mandante dell’attentato di cui lo scrittore fu vittima nel luglio 1525 e che lo costrinse alla fuga da Roma. La lettera, tuttora inedita, è datata 8 ottobre 1534 e rappresenta il punto apicale di un rapporto che a seconda delle stagioni appare improntato ora a deferenza ora invece a una contrapposizione piena. Il testo, che si dà in appendice, è analizzato nella sua tessitura argomentativa e valutato alla luce del particolare contesto politico che lo ha prodotto ma che ne ha sconsigliato subito la diffusione. L’episodio è l’occasione di una lettura che svincola il rapporto Aretino-Giberti dalla prospettiva personale e moralistica nella quale è stato sempre confinato per ricondurlo alle dinamiche politiche – di politica prima romana e poi veneziana e internazionale – nelle quali erano coinvolti tanto il prelato quanto lo scrittore.

DOI: 10.13134/978-88-97524-49-6/3

Uno scontro tra flagelli: le rime di Franco contro Aretino

Giuseppe Crimi

Il contributo si prefigge di illustrare alcuni motivi ricorrenti nelle rime di invettiva di Nicolò Franco contro Pietro Aretino. In particolare, ci si concentra sul motivo della lingua che taglia (già presente nella classicità), su quello della lingua come spada e infine su quello del testo come arma. I componimenti di Franco vengono letti alla luce della personale esperienza biografica del poligrafo beneventano e della coeva produzione letteraria e figurativa, che insospettabilmente ricorre con una frequenza ai motivi suindicati.

DOI: 10.13134/978-88-97524-49-6/4

«Simulando rigor, stringe la sferza»: appunti su un lavoro del Marino

Massimiliano Malavasi

La prima parte del saggio si sofferma su esempi significativi degli espedienti formali impiegati da Marino per redigere, in un tempo molto breve, la sua Sferza, una violenta invettiva contro i calvinisti francesi, gli ugonotti. Marino raccoglie citazioni e imitazioni di passi della Bibbia e di autori latini e li colloca all’interno della peculiare struttura del genere dell’invettiva. Marino si oppone ai suoi avversari con una serie di insulti che assimilano gli ugonotti ad animali ripugnanti, una serie che costituisce la principale struttura retorica del libello. La seconda parte del saggio si occupa invece dei principali aspetti teologici, politici e storici dell’invettiva proponendo un’analisi che sottolinea il ritardo della strategia argomentativa mariniana e illustrando sia le conseguenze di un secolo di educazione cortigiana degli scrittori italiani sia le circostanze che resero inopportuna la pubblicazione della Sferza.

DOI: 10.13134/978-88-97524-49-6/5

Questioni aperte sull’Invettiva contra il vizio nefando

Gian Piero Maragoni

Il saggio si prefigge di richiamare l’attenzione degli studiosi su un negletto e malnoto componimento di Marino, e cioè la canzone recante il titolo Invettiva contra il vizio nefando. Un certo mistero avvolge tale opera, uscita postuma e mai menzionata dall’autore nei suoi scritti, ma non per questo liquidabile (fino a contraria e convincente prova) come spuria. L’impegno dimostrato da Marino nella redazione della lirica (indubbiamente cospicua sotto ogni riguardo: tecnico, stilistico e retorico) impone un suo spassionato e approfondito riesame, tale da poter infine permettere, se non un’esauriente ricostruzione della sua cronologia, della sua genesi e dei suoi moventi, almeno la valutazione di un’iniziativa così inopinata e lasciata finora insoluta.

DOI: 10.13134/978-88-97524-49-6/6

Da Sterne a Guerrazzi: misure e contesti del furore

Daniela Mangione

Francesco Domenico Guerrazzi ha nei propri scritti fatto ampio esercizio delle tonalità invettive. Ormai abile in quest’arte,  in un romanzo del 1863, Il Buco nel muro, prende a modello, per scagliarsi contro gli stampatori, una ironica, celebre maledizione del Tristram Shandy sterniano, istituendo così, a cento anni di distanza, un singolare ponte fra le due invettive. Nell’interrogarsi sul senso della scelta guerrazziana,  si riflette sul perché le invettive di Guerrazzi non solo non siano state sottoposte ad analisi e studio, ma siano state, in certo senso, considerate con imbarazzo - lo stesso imbarazzo con il quale sono stati accantonati i suoi romanzi risorgimentali che pure tanti lettori, e di classi diverse, avevano interessato e mosso. Il contributo riflette così sulla necessità, della nostra critica o del nostro canone, di rimuovere la vena polemica e le tonalità irose di un autore che è stato così prolifico e centrale nell'Ottocento italiano".

DOI: 10.13134/978-88-97524-49-6/7

Tra politica e letteratura: le ‘pacate invettive’ di Benedetto Croce

Maria Panetta

Il contributo mira ad analizzare alcuni interventi crociani nei quali il critico, noto per la pacatezza dei toni e la classicità della sua prosa, adopera, invece, un lessico da invettiva, polemizzando contro alcuni bersagli politici e letterari. Verranno presi soprattutto in esame un paio di interventi di ambito politico, nei quali Croce si scaglia contro gli "imbecilli" che propugnano un ideale di "onestà" politica che egli non condivide; e alcuni suoi attacchi a letterati, intellettuali e filosofi contemporanei quali d'Annunzio, Papini etc. L'analisi sarà condotta sia dal punto di vista dei contenuti (con opportuni riferimenti alla filosofia crociana) sia considerando l'aspetto formale dei testi (lessico, figure retoriche, stilemi etc.), cercando di comprendere, volta per volta, le ragioni che hanno indotto Croce ad adottare toni più veementi e aggressivi del consueto.

DOI: 10.13134/978-88-97524-49-6/8

L’invettiva nella poesia italiana del secondo Novecento

Carla Chiummo

Vero e proprio genere a sé o piuttosto variegato ed eterogeneo codice retorico, nel Novecento l’invettiva politico-morale in versi ha senz’altro avuto, tra i suoi padri nobili, il Saba delle invettive post-belliche, come nel dantesco Opicina 1947, di cui si ricorderanno il Sereni di Saba e il Caproni delle Anarchiche, e Pierpaolo Pasolini, a partire almeno da Epigrammi e Poesie incivili del 1959-’61. Sarà lui il maestro di invettive per più di una generazione di poeti variamente engagés, che include almeno Leonetti, Roversi, Pagliarani, fino a Raboni e D’Elia. Su un versante opposto si colloca, in chiave giocosa e parodica, la linea Sanguineti, in particolare con le invettive erotico-amorose, ad es. di Novissimum Testamentum, cui sono accostabili quelle del Bellezza delle Invettive e licenze, o della Valduga di Donna di dolori. Nuovo impulso all’invettiva politica, tra il parodistico e l’indignato, ha dato il ventennio berlusconiano: da uno scatenato Sanguineti (Malebolge 1994) che riprendeva le “antifone acide e ascetiche” dell’Alfabeto apocalittico (1982), a voci importanti, quali quelle di Raboni, Valduga, Magrelli.

DOI: 10.13134/978-88-97524-49-6/9

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