Lingue immigrate tra senso dei luoghi, pratiche discorsive e regimi di alterità
Maurizia Russo Spena
Nell'ultimo decennio si sono moltiplicate ricerche, realizzate sul campo, che hanno indagato il nesso tra urbe e repertori linguistici complessi, all’interno del filone di studi del linguistic landscape. Grazie ad esse si è potuto ricostruire un quadro di conoscenza puntuale della fisionomia del plurilinguismo che caratterizza la città contemporanea multiculturale, segnalando le linee di frizione del complesso spazio linguistico nazionale, e ricostruire le differenti visioni di città e pratiche di territorializzazione che vi sono contenute, a partire dai vissuti e dalle esperienze localmente situate dei suoi abitanti. Nell'urbe plurilingue e globalizzata, l'insediamento di "nuovi" abitanti, e delle loro lingue, enfatizza da un lato i fattori e le tendenze alla standardizzazione e alla presunta (e richiesta) omogeneità linguistica e culturale della comunità autoctona, dall'altro, la molteplicità, la mescolanza, il meticciato, come elementi esogeni, relegati nella sfera essenzializzata dell'esotico ovvero dell'incomunicabilità e del disordine, solo apparentemente linguistico, ma che attiene a ben altre dimensioni (sociali, culturali, valoriali). La città contiene sistemi semiologici che hanno una funzione di comunicazione, orientamento, informazione, ma che sono, allo stesso tempo, appropriazione di spazio simbolico, che mette in mostra rappresentazioni, strategie ed esperienze sociali e culturali dei singoli soggetti e delle comunità che vi abitano e che la attraversano.
DOI: 10.13134/979-12-80060-77-8/6