Abstract
Se a partire dagli anni Novanta l’allattamento e la percezione del neonato attraverso la pelle, l’osservazione della placenta e il taglio del cordone ombelicale, sono stati incoraggiati come forme di valorizzazione del corpo del neonato, anche il confronto con il corpo del bambino morto è individuato come momento essenziale della dolorosa elaborazione del lutto. Allo stesso modo la conoscenza dei genitori biologici è vista come fondamentale esperienza identitaria dei figli adottati o concepiti tramite donazione di sperma, e nel trapianto degli organi il corpo del donatore condiziona nel trapiantato l’eventuale rischio di rigetto. Intorno alla nascita e alla morte si sviluppa così una focalizzazione sulla ‘carne’ e sul corpo come fondamentale supporto della costruzione identitaria. Il volume qui tradotto si interroga sui meccanismi dei profondi cambiamenti culturali e ideologici intervenuti nei processi di inizio e fine vita e nella conseguente gestione del corpo.