B@belonline vol. speciale 2021 Il nuovo atlante di Sophia/ Sophia’s New Atlas

B@belonline vol. speciale 2021 Il nuovo atlante di Sophia/ Sophia’s New Atlas
A cura di:  Francesca Brezzi, Francesca Gambetti, Maria Teresa Pansera
Editore: RomaTrE-Press
Data di pubblicazione: Marzo 2021
Pagine: 138
ISBN: 2531-8624
n° downloads ad oggi: 752

Abstract

Questo numero speciale di B@belonline, vuole essere una sorta di instant-book sulle tematiche tragiche del 2020, un anno in cui il mondo è stato colpito da una pandemia devastante e inaspettata, i cui effetti sulla vita personale, comunitaria e sociale aumentano con il trascorrere del tempo. La scienza in tutte le sue declinazioni ha parlato, non solo tecnici e economisti, ma anche sociologi e psicologi; da tutti una parola di autorevolezza, finora unici punti di riferimento per noi smarriti abitanti di un mondo improvvisamente deserto. In questa agorà forse è mancata la parola di filosofe/i, proprio quando invece sarebbe stata necessaria anche una riflessione critica da parte loro. Ma di quale filosofia si tratta? Certamente di quella turbata e smarrita, non di quella trionfante, dispensatrice di certezze, quella del quaerere non dell’affirmare, quella del “pensiero senza ringhiera” di Hannah Arendt. Nella consapevolezza della profonda influenza che linguaggio e pensiero esercitano sulla realtà e viceversa, il fascicolo raccoglie una piccola ma significativa costellazione di termini chiave destinati non solo agli addetti ai lavori, ma a tutti coloro che, frastornati e in cerca di senso, trovano nel lessico filosofico una lente per comprendere la difficile realtà presente. L’Atlante si divide in due parti: la prima raccoglie i lemmi ‘decostruttivi’, che prendendo atto della situazione critica, cercano di chiarire e mettere a tema gli aspetti ‘negativi’ della pandemia. La seconda parte invece presenta quelli che possono essere i termini positivi, che permettono di vedere la luce in fondo al tunnel e di costruire una nuova concezione della comunità umana e della biosfera. Anche in una devastante pandemia infatti può esserci del buono, si può apprendere come affrontare l’inatteso, come agire per il futuro, come comportarsi affinché ci sia un futuro.

This special edition of B@belonline aims to be a kind of instant book on the tragic themes of 2020. During this year the world was hit by a shocking and devastating pandemic, whose effects on personal lives, communities and societies have intensified with the passage of time. Science, in all its guises, has addressed these issues. Not only technical experts and economists but also sociologists and psychologists, have provided authoritative views that have been the only compass for all of us, inhabitants of a world that suddenly became deserted. In this market square of thoughts, one voice has perhaps been missing, the philosophers’ voice, right at that time when a critical reflection from them would have been needed. But which type of philosophy? A perturbed and lost philosophy, for sure, rather than a triumphant, self-assured, certain philosophy. A philosophy of quaerere rather than affirmare, the philosophy of the “thought without barriers” espoused by Hannah Arendt. Aware of the profound influence that language and thought exert on reality, and vice versa, this edition contains a small but significant constellation of keywords. They are aimed not only at the experts but also at those who, discombobulated and in search of meaning, find in a philosophical lexicon a useful lens to comprehend current difficulties. The Atlas is split into two parts. The first focuses on the “deconstructive” keywords. Taking note of the critical situation, these words try to clarify the “negative” aspects of the pandemic. The second part, on the other hand, focuses on those keywords that can be regarded as positive. They allow us to see the light at the end of the tunnel and to build a new concept of the human community and of the biosphere. Even in a devastating pandemic some good can be found, we can learn how to face the unexpected, how to act in the future and how to act to ensure there is a future.

Contributi

Editoriale

Francesca Brezzi  Francesca Gambetti  Maria Teresa Pansera 

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/1

Casa. Il primo mondo dell’essere umano

Maria Teresa Russo 

Con la pandemia la casa è diventata “il luogo dove si resta”, uno spazio condiviso o, al contrario, sinonimo di solitudine. La casa è diventata mondo, ospitando personaggi, immagini, discorsi, ma anche paure, aspettative, speranze. L’invasione dei social, lo smart working e la didattica a distanza sembrano aver incrinato l’antica linea di separazione tra privato e pubblico, per cui il privato non sembra più riuscire a custodire l’intimo e sempre più spesso viene fotografato, commentato, esibito in luoghi virtuali. Chiuso e aperto: se la porta di casa rappresenta la possibilità di chiudere per preservare l’intimità, è però anche un invito a entrare, perché rende possibile accogliere e ospitare. La pandemia e i frequenti divieti ci hanno resi guardinghi e timorosi sebbene resti intatta la nostalgia di relazioni, di incontri con amici e parenti. La casa, infatti, rimane comunque il luogo pacifico e sicuro per antonomasia, centro reale e di legami sinceri.

During the pandemic, home became ‘the place where you stay’, a shared space or, on the contrary, a synonym for solitude. Home has become a world, hosting people, images, speeches, but also fears, expectations and hopes. The invasion of social networks, remote working and distance learning seem to have broken down the old dividing line between private and public, so that the private sphere no longer seems to be able to protect the intimate, which is increasingly photographed, talked about and exhibited in virtual places. Closed and open: if the door of the house represents the possibility of closing it to preserve intimacy, it is also an invitation to enter. The pandemic and frequent bans have made us cautious and fearful, even though the nostalgia for relationships and meetings with friends and relatives remains intact. Home, in fact, remains the peaceful and safe place par excellence, the real centre of sincere relationships.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/2

Distanza. La didattica degli sguardi assenti

Paola Mastrantonio 

L’articolo si propone di esplorare alcuni aspetti dell’esperienza dell’apprendimento a distanza o, meglio, dell’apprendimento “di emergenza”, iniziata durante il primo blocco dovuto alla pandemia di Covid-19, è tuttora in corso nelle scuole italiane con la cosiddetta Didattica Digitale Integrata (DDI). Tra gli esperimenti condotti individualmente dagli insegnanti, immediatamente reattivi anche se presi alla sprovvista da questo evento, e dalle relativamente tardive indicazioni del Ministero dell'Istruzione, gli studenti, le vere vittime di questa situazione, si sono sostanzialmente abituati a pratiche e metodologie che mettono in secondo piano il valore essenziale della relazione educativa. Anche se non siamo in grado di prevedere gli effetti a lungo termine della pandemia, è comunque chiaro che la perdita della qualità complessiva dell’esperienza di apprendimento/insegnamento si aggiungerà ai problemi psicologici e sociali legati all’isolamento.

This paper aims to explore some aspects of distance learning experience or, better, ‘emergency’ learning, started during the first lockdown due to Covid-19 pandemic.  It is still currently ongoing in Italian schools with the so-called Integrated Digital Education (DDI). Among experiments carried out individually by teachers, immediately reactive even though taken aback by this event, and the relatively late Ministry of Education’s directions, the students, the true victims of this situation, have essentially become accustomed to practices and methodologies that place the essential value of the educational relationship in the background. Even if we are not able to predict the long-term effects of the pandemic, it is still clear that the loss of the overall quality of learning/teaching experience will be added to the psychological and social issues associated with isolation.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/3

Epidemia. Galeno e la ‘peste antonina’

Riccardo Chiaradonna 

La cultura antica aveva due termini per indicare le epidemie: il primo era appunto epidemia, ovvero “ciò che è sopra al demos”, il secondo è loimos, la pestilenza. Oltre alla celebre descrizione della peste di Atene da parte di Tucidide, un altro famoso loimos dell’antichità è descritto da Galeno: la ‘peste antonina’, che, arrivata da Oriente, sconvolse l’Impero Romano tra il 165 e il 180 d.C. Galeno spiega l’origine di tale pestilenza nell’interazione tra ambiente e costituzioni fisiche individuali, tuttavia vede i suoi metodi diagnostici messi in crisi proprio da tale pestilenza.

Ancient culture had two terms for epidemics: the first was epidemic, or ‘what is above the demos’, and the second was loimos, plague. Besides the famous description of the plague in Athens by Thucydides, another famous ancient loimos is described by Galen: the ‘Antonine plague’, which arrived from the East and devastated the Roman Empire between 165 and 180 AD. Galen explains the origin of this pestilence in the interaction between environment and individual physical constitutions, but nevertheless sees his diagnostic methods undermined by this pestilence.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/4

Krisis. La medicina come paradigma

Francesca Gambetti 

Secondo lo storico Reinhardt Koselleck il termine krisis è la parola chiave della modernità e della nostra vita, in tutte le sue declinazioni, individuali e collettive, economiche, politiche, sociali  e culturali. Il concetto di crisi ha comunemente un significato negativo e sta a indicare il venir meno, l’esaurirsi di modelli esplicativi del reale che hanno perso la capacità di rappresentare, dare senso all’uomo e al suo mondo. È possibile pensare alla crisi in maniera positiva? Attraverso il recupero del modello epistemologico ippocratico della crisi, l’articolo si propone di guardare a questa come individuazione del ‘tempo debito’, come opportunità del ‘mettere sotto giudizio’, per recuperare la forza euristica e propulsiva della riflessione e dell’analisi critica, in grado di rifondare gli schemi di comprensione di noi stessi e del reale.

According to historian Reinhardt Koselleck, the term krisis is the key word of modernity and of our life, in all its forms, individual and collective, economic, political, social and cultural. The concept of crisis commonly has a negative meaning and indicates the failure, the collapse of explanatory models of reality that have lost their ability to represent and give meaning to man and his world. Is it possible to think of the crisis in a positive way? Through the recovery of the Hippocratic epistemological model of the crisis, the article suggests looking at it as the identification of 'due time', as an opportunity to 'put under judgment', to recover the heuristic and propulsive force of reflection and critical analysis, able to rebuilt the patterns of understanding ourselves and reality.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/5

Morbus. Malattia e physiologia in Lucrezio

Chiara Rover 

Come è da intendersi la malattia per Lucrezio? Che cosa la accomuna agli altri fenomeni naturali? Come prende possesso del soggetto che ne è colpito?  In una situazione di portata eccezionale come quella attualmente attraversata dal pianeta intero, il macabro e inaspettato resoconto della cosiddetta ‘peste’ di Atene, alla fine del De rerum natura, ha riacceso l’interesse degli studiosi. Tale descrizione deve essere inquadrata nella più ampia trattazione dei morbi nel VI libro dell’opera.

How does Lucretius consider illness? What does it have in common with other natural phenomena? How does it take possession of the affected person?  In the exceptional situation currently experienced by the entire planet, the macabre and unexpected account of the so-called 'plague' of Athens at the end of De rerum natura has renewed the interest of scholars. This description must be considered within the broader treatment of diseases in Book VI of the work.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/6

Negazione. Il negativo tra rimozione e coscienza

Maria Teresa Pansera 

L’inquietudine derivante dal Coronavirus è primariamente angoscia di morte, di catastrofe, di perdita di noi stessi e degli altri. Ci troviamo in un continuo stato di allarme di fronte ad un nemico invisibile e perturbante. Per uscire da questo stato di tensione possono scattare quei meccanismi di difesa a cui l’uomo può fare ricorso quando la realtà esterna o interna non lo soddisfa e su cui si fonda il fenomeno che oggi chiamiamo “negazione” o “negazionismo”. Per cercare di comprendere il senso profondo di questa negazione della realtà e del conseguente rifiuto dei dati che la scienza e la ragione ci presentano è utile fare riferimento al saggio freudiano del 1925, Die Verneinung, sul meccanismo della negazione. La negazione è definita in maniera duplice: come ricusazione psicologica di un contenuto rimosso e come negazione logica che è parte del giudizio. L’atteggiamento del negativismo odierno richiama il primo livello della Verneinung, la “denegazione”, ovvero il rifiuto, originato da uno stato emotivo di grande ansia e paura che, respingendo il problema e tutte le sue implicazioni a livello razionale,  si manifesta esclusivamente in forma negativa.

The anxiety arising from the Coronavirus is primarily fear of death, of catastrophe, of loss of ourselves and others. We are in a state of constant alarm in presence of an invisible and disturbing enemy. In order to get out of this state of tension, defence mechanisms can be triggered. They can be used by people when external or internal reality is not satisfactory, and are the basis of the phenomenon we now call ‘denial’ or ‘denialism’.  Trying to understand the profound meaning of this denial of reality and the consequent rejection of scientific and reasoning data, it is useful to refer to Freud’s 1925 essay Die Verneinung, on the mechanism of denial. Denial is defined in two ways: as a psychological rejection of a repressed content and as a logical denial that is part of judgement. The attitude of today’s negativism recalls the first level of Verneinung, the “denial”, originated from an emotional state of great anxiety and fear which, rejecting the problem and all its implications on a rational level, manifests itself exclusively in a negative form.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/7

Pathos. Passione o patimento?

Arianna Fermani 

Il contributo mira ad esaminare le due fondamentali accezioni della nozione di pathos all’interno della riflessione etica aristotelica: 1) come passione, che il soggetto si trova in molti modi a sperimentare e della cui amministrazione è chiamato a rispondere, e 2) come patimento, che attraversa in molti modi e con molteplici intensità la vita umana e rispetto a cui il soggetto è chiamato a mostrare il suo calibro.

The contribution aims to examine two fundamental meanings of the notion of pathos within Aristotelian ethics: 1) as passion, experienced in many ways by the subject who is responsible for it, and 2) as affliction, which runs through human life in many ways and with multiple intensities, regarding which the subject is expected to show its value.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/8

Perturbante. L’estraneità nascosta

Daniela Angelucci 

Il termine Unheimlich, perturbante, è per natura duplice: sotto il significato più evidente di straniero nasconde quello di familiare. Schelling definisce il perturbante come qualcosa che dovrebbe rimanere nascosto e che invece è affiorato. Il perturbante è il ritorno, incontrollabile e inatteso, del rimosso, ciò che tiene insieme familiare e straniero. Questa atmosfera accompagna la nostra esperienza del virus, sottolineandone la natura inquietante. La minaccia del contagio con cui stiamo imparando a convivere è invisibile ma esiste, viene da fuori, ma potrebbe essere anche dentro di me; i virus, infatti, non hanno un proprio metabolismo e non riescono ad accrescersi e moltiplicarsi in modo autonomo. Da questa duplicità deriva la nostra esperienza perturbante della pandemia,  in cui si annida la duplicità del familiare e dello sconosciuto, del pericolo e della possibile salvezza.

The term Unheimlich, perturbing, is by nature twofold: underneath the more obvious meaning of foreign lies that of familiar. Schelling defines the perturbing as something that should remain hidden and that has instead surfaced. The perturbing is the out of control and unexpected return of the removed, which holds together the familiar and the foreign. This atmosphere accompanies our experience of virus, underlining its disturbing nature. The threat of contagion that we are learning to live with is invisible but exists, it comes from outside, but it could also be inside me; viruses, in fact, do not have their own metabolism and are unable to grow and multiply autonomously. From this duplicity derives our perturbing experience of the pandemic, in which lurks the duplicity of the familiar and the unknown, of danger and possible salvation.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/9

Peste. Jack London e La Peste Scarlatta

Manfredo Guerrera 

Il saggio analizza il racconto distopico di Jack London, La peste scarlatta, scritto nel 1912, stranamente poco ricordato in questo terribile 2020.  Gli eventi si immaginano svolgersi nel 2073, quando  un vecchio cencioso, che poi si scoprirà essere stato professore di filosofia, ricorda a fanciulli quasi selvaggi i fatti drammatici avvenuti 60 anni prima, quando una terribile epidemia aveva sconvolto il mondo, come il Covid 19 ha sconvolto il nostro. Il ricordo va alla  società passata, colta, ricca, “civilizzata”, dominata, tuttavia dal Consiglio dei Magnati dell’industria, i quali avevano ridotto gli uomini in schiavi obbedienti, automi, silenziosi esecutori di ordini. Il morbo scarlatto distrugge tutto lasciando un paesaggio selvaggio e quasi desertico, sommerso da muschi selvatici, popolato da lupi famelici.

The essay analyses Jack London’s dystopian short story, The Scarlet Plague, written in 1912, curiously rarely remembered during the terrible 2020.  The events are supposed to take place in 2073, when a ragged old man, who later turns out to have been a professor of philosophy, reminds almost wild children of the dramatic events that took place 60 years earlier, when a terrible epidemic shocked the world, just as Covid 19 shocked ours. The memory goes back to the past society, cultured, rich, ‘civilised’, dominated, however, by the Council of the Magnates of Industry, who had reduced men to obedient slaves, automatons, silent executors of orders. The scarlet disease destroys everything, leaving a wild, almost desert-like landscape, submerged by wild mosses, populated by ravenous wolves.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/10

Phobos. La paura in Omero e i ‘maestri di paura’ in Platone

Anna Motta  Lidia Palumbo 

Attraverso un breve itinerario letterario e filosofico, questo saggio intende offrire uno scorcio sull’universo antico della paura per mostrare alcuni dei modelli omerici che hanno inciso su quel sistema tradizionale di credenze che Platone ridiscute criticamente. Omero descrive la paura nel contesto della guerra di Troia e ne analizza la fenomenologia fissando nell’immaginario l’idea che la fuga sia sinonimo di paura. Platone rilegge filosoficamente alcuni episodi letterari, mitici e storici per offrire una nuova prospettiva da cui guardare alla fuga ed educare alla paura.

Through a brief literary and philosophical itinerary, this essay aims to sketch the ancient universe of fear in order to show some of the Homeric models that affected the traditional belief system that Plato critically re-examines. Homer describes fear in the context of the Trojan War and analyses its phenomenology by fixing in the imagination the idea that escaping is synonymous with fear. Plato philosophically reinterprets some literary, mythical and historical episodes in order to offer a new perspective on escaping and to educate against fear.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/11

Postumano. Un umanesimo problematico

Stefano Rozzoni 

Il saggio inizia con una breve disamina dei termini postumano e post umanesimo, in quanto indagine critica sul concetto di ‘uomo’, per superare l’abitudine intellettuale che lo pone ‘al centro dell’universo’ o come ‘misura di tutte le cose’. Il postumanesimo persegue, infatti, una visione volta a scardinare le gerarchie e le implicite discriminazioni che tale concetto possiede, (ri)posizionando l’essere umano all’interno di un’ampia e complessa rete di relazioni con altri enti organici e inorganici (compresi animali, vegetali, minerali, ma anche la tecnologia), con i quali costituisce un unicum pluralista e orizzontale. Considerando la grande attenzione che il postumanesimo rivolge alle trasformazioni del presente, è interessante osservare come gli effetti (culturali, sociali, politici, economici, ecc.) legati al Covid-19 abbiano reso inequivocabile la rilevanza degli interrogativi offerti dal postumanesimo già da diversi anni.

The essay begins with a brief examination of the terms posthuman and posthumanism, as a critical investigation of the concept of ‘man’, in order to overcome the intellectual habit that places him ‘at the centre of the universe’ or as ‘measure of all things’. In fact, posthumanism pursues a vision aimed at dismantling hierarchies and implicit discriminations that this concept possesses, (re)positioning human being within a wide and complex network of relationships with other organic and inorganic beings (including animals, vegetables, minerals, but also technology), with which he/she constitutes a pluralistic and horizontal unicum. Considering the great attention that posthumanism pays to the transformations of the present, it is interesting observing how the effects (cultural, social, political, economic, etc.) linked to Covid-19 have made undeniable the relevance of the questions already posed for several years by Posthumanism.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/12

Trauma. La deflegrazione che squarcia

Gabriella Baptist 

A partire dalla nozione di accidente, come struttura che aggiunge al finito un alone di indefinitezza e di indeterminazione, l’articolo invita a riflettere sulla nostra identità di ‘accidentati’ o ‘incidentabili’, sul sempre possibile collasso della nostra coscienza, non solo per traumi effettivi, biologicamente o storicamente determinati, ma anche per traumi simbolici, affettivi o politici in senso lato. Secondo Catherine Malabou la soggettività contemporanea è sempre più sottoposta a nuovi traumatismi, che sono le grandi tragedie storiche, ma anche i malesseri dovuti all’esclusione sociale, alle crisi economiche, agli attentati di ogni tipo, alle devastazioni dei molti volti della violenza. Il sopravvissuto traumatizzato che emerge è un soggetto desoggettivato, interiormente desertificato, caratterizzato da una forma di diserzione da sé e di insensibilità verso il mondo.

Starting from the concept of accident, as a structure that adds a certain aura of indefiniteness and indeterminacy to the finite, the article invites us to reflect on our identity as ‘accidented’ or ‘incidentable’, on the ever-possible collapse of our consciousness, not only through actual, biologically or historically determined traumas, but also through symbolic, affective or political traumas in the broadest sense. According to Catherine Malabou, contemporary subjectivity is increasingly subjected to new traumatisms, which are the great historical tragedies, but also the malaise caused by social exclusion, economic crises, all kinds of attacks, and the devastation of the many faces of violence. The arising traumatised survivor  is a de-subjectivised subject, inwardly desertified, characterised by a form of self-desertion and insensitivity to the world.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/13

Apatheia. Imperturbabilità e consapevolezza in Seneca

Melania Cassan  Stefano Maso 

Per approfondire le nozioni di imperturbabilità e consapevolezza nel pensiero di Seneca è importante partire da riflessioni di carattere biografico e filosofico. Ci si soffermerà sulle strategie messe a punto dal Cordovese per superare al meglio, da buon proficiens, la sofferenza fisica causata dalla malattia: emergerà l’importanza dello studio della filosofia e di una buona comunità familiare e amicale. Si mostrerà, poi, la centralità del ruolo dell’educazione per guadagnare la coscienza della propria forza interiore, a prescindere dalle condizioni esteriori, e raggiungere così l’imper­tur­babilità.

In order to deepen the notions of imperturbability and awareness in Seneca’s thought, it is important to start with some biographical and philosophical considerations.  We will examine some strategies developed to better overcome, as good proficiens, physical sufferings caused by diseases,  namely the importance of studying philosophy and of having a good family and friends. Then we will show the central role of education in gaining awareness of one’s own inner strength, regardless of external conditions, and therefore achieving imperturbability.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/14

Corpo. La malattia, la cura, le donne

Gabriella Bonacchi 

Il corpo del malato, come già il corpo femminile è da sempre assoggettato a una parola estranea alla propria realtà. La storia delle donne e la storia dei pazienti non sono poi così distanti: in entrambi i casi siamo di fronte a una storia di codifica dei corpi. La malattia e l’ospedale sono il terreno di coltura di una presenza femminile straordinariamente antica ma che possiamo sottoporre ad una interpretazione di tipo nuovo. Questa presenza ha, da sempre, messo in campo una soggettività diversa da quella ideata dai meccanismi di produzione del paziente a uso e consumo del mercato, delle burocrazie e delle strutture del potere. Su questa traccia deve muoversi la trasformazione del paziente nel paziente in carne e ossa bisognoso di cura.

The body of the patient, like the female body, has always been subjected to a word that is foreign to its own reality. The history of women and the history of patients are not so distant: in both cases we are facing a history of codification of bodies. Illness and hospital are the breeding ground of an extraordinarily ancient female presence, subjected to a new kind of interpretation. This presence has always highlighted a subjectivity different from the one created by the patient production mechanisms for market’s use and consumption, bureaucracies and power structures.  The transformation of the patient into flesh and blood patient, needing care, must move along this track.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/15

Cura. Tra Socrate e Martha Nussbaum

R. Loredana Cardullo 

L’etica della cura ha assunto un ruolo sempre più importante nel dibattito contemporaneo, sebbene il concetto di cura abbia origini antiche, che risalgono alla stessa filosofia greca. L’articolo intende soffermarsi su due autori particolarmente seguiti dall’odierna filosofia morale, Socrate e Aristotele. Il primo, artefice del momento fondativo della cura, l’ha intesa in senso orientativo e dialogico-relazionale; il secondo invece ha enfatizzato un aspetto della natura umana a lungo nascosto o negato dal pensiero antropocentrico moderno: la vulnerabilità. Proprio questo aspetto è stato oggetto della recente riflessione della filosofia americana Martha Nussbaum e del suo celebre  Capabilites Approch.

The Ethics of care has gained more and more importance in the contemporary debate, although the concept of care has ancient origins, going back to Greek philosophy itself. The article intends to focus on two authors especially followed by today’s moral philosophy, Socrates and Aristotle. Socrates, the founder of care, considered it in an orientative and dialogical-relational sense; Aristotle, on the other hand, emphasized an aspect of human nature long hidden or denied by modern anthropocentric thought: vulnerability. It is precisely on this aspect that the recent analysis of the American philosopher Martha Nussbaum and her famous Capabilites Approach has focused.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/16

Forza. Dalla sottomissione all’ascolto di sé

Alessandra Chiricosta 

Contro stereotipate concezioni che attribuiscono alla donna debolezza e fragilità il saggio esplora un senso differente della forza, che le donne hanno sperimentato a partire dal proprio corpo-realtà. Un altro genere di forza, che aprirà nuovi scenari, riscriverà i codici di una ‘funzione guerriera‘ femminile come capacità trasformativa per tutte e tutti. Uscendo dal dominio della forza virile, essere forti, fisicamente, mentalmente, emotivamente, significa allenarsi a un’auto-coltivazione che vede il conflitto non come prevaricazione, ma come criterio di ascolto, di sé, degli altri e del contesto. La forza si esprime nel saper trovare equilibri dinamici spiraliformi nei giochi delle spinte contrastanti, che si co-appartengono sempre.

Against stereotypical conceptions attributing weakness and fragility to women, the essay explores a different sense of strength, which women have experienced from their own body-reality. Another kind of strength that will open new scenarios, rewrite the codes of a female ‘warrior function’ as a transformative capacity for all. Leaving the domain of virile strength, being strong, physically, mentally, emotionally, means training in self-cultivation, seeing conflict not as prevarication, but as a criterion for self-listening, listening to others and to the context. Strength is expressed in knowing how to find dynamic spiral balances in the play of contrasting forces, which always belong together.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/17

Logoi. Le parole che curano

Stefania Giombini 

Questo articolo vuole analizzare come è possibile curare attraverso il logoi, così come è stato suggerito da Antifonte e Gorgia. Antifonte è noto per aver composto una techne alupias, una pratica per eliminare il dolore attraverso i logoi; Gorgia invece ha dedicato parti significative del suo Encomio a Elena a definire il logos in una doppia chiave, in quanto forza in grado di eliminare il dolore e originare il piacere. Entrambi gli autori sembrano conoscere molto bene l’aspetto performativo del logoi. È particolarmente interessante notare come la filosofia antica rifletta sull’uso del linguaggio come metodo per curare sia la sofferenza psicologica sia il dolore umano.

This paper aims to analyse how is it possible to cure through the logoi as it was suggested by Antiphon and Gorgias. Antiphon is known to have composed a techne alupias, a practice to eliminate pain through logoi; Gorgias, on the other hand, dedicated significant parts of his Encomium to Helen to define the force of logos in a double direction, as it is able to eliminate pain and originate pleasure. Both the authors seem to know the performative aspect of logoi very well. It is remarkably interesting to notice how ancient philosophy reflects on the use of the language as a method to cure both psychological suffering and human pain.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/18

Presenza. Didattica come comunità speculativa

Patrizia Nunnari 

Nella didattica a distanza è difficile rilevare la reale frequenza dei ragazzi: la modalità a distanza infatti li induce a trovare con maggiore facilità il modo di sfuggire a interrogazioni e compiti, adducendo ragioni di ordine tecnico, quando invece i motivi sembrerebbero essere altri: impreparazione, scarso impegno o disorganizzazione nelle attività di studio domestico. È fuor di dubbio che la didattica “in assenza” sia ancora capace di coinvolgere sia i ragazzi che già possiedono forti motivazioni allo studio che quelli con alcune difficoltà ma supportati dalla famiglia. La didattica a distanza risulta invece deleteria sia per gli studenti più sfaccendati, ma spesso non meno capaci, sia per quelli con disabilità e bisogni educativi speciali, per i quali la socializzazione viene a mancare completamente. La didattica in presenza, infatti, promuove sia la dimensione spirituale che materiale degli studenti, realizzando una vera comunità speculativa, accompagnando in una dialettica appassionata, ogni loro domanda, ogni loro dubbio, ogni loro problema.

In distance learning it is difficult to detect the real attendance of students: the distance mode in fact encourages them to find more easily the way to escape from questions and homework, claiming technical reasons, when the reasons would seem to be other: unpreparedness, lack of commitment or disorganization in home study activities. There is no doubt that didactics “in absence” is still able to involve both students who already have strong motivations and those with some difficulties but supported by the family. Distance learning, on the other hand, is detrimental both to students who are more lazy, but often no less capable, and to those with disabilities and special educational needs, for whom socialization is completely lacking. In fact, face-to-face teaching promotes both the spiritual and material dimension of students, creating a true speculative community, supporting them in a passionate dialectic, in every question, every doubt, every problem.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/19

Prudenza. Per un’autentica comprensione dell’umano

Angela Ales Bello 

L’esperienza della pandemia che stiamo vivendo in modo immediato e diretto ci pone di fronte al senso della vita. Questa si presenta come una minaccia di morte e l’essere umano non vuole sentir parlare della morte, normalmente e spontaneamente, ha paura della morte. Ma che cosa è la paura o la codardia come la chiama Shakespeare con linguaggio raffinato? Attraverso un’analisi fenomenologica della paura è possibile vedere come questa possa essere trasformata in “preoccupazione” che, orientata in modo positivo, porta ad assumere atteggiamenti prudenti. La prudenza in questi casi si dimostra veramente una virtù, in quanto implica il mettere fra parentesi la paura, per cercare il più realisticamente possibile di valutare gli effettivi pericoli al fine di evitarli, per il bene proprio e degli altri. La prudenza ci indica infatti la via dell’equilibrio e ci consente di vivere con responsabilità nei confronti di noi stessi e degli altri.

The experience of the pandemic that we are experiencing in an immediate and direct way challenges us to the meaning of life. It appears as a threat of death and human being does not want to hearing about death, normally and spontaneously, he is afraid of death. But what is fear or cowardice as Shakespeare calls it in refined language? Through a phenomenological analysis of fear, it is possible to see how it can be transformed into “concern” which, positively oriented, leads to prudent attitudes. Prudence in these cases truly proves to be a virtue, since it implies putting fear in brackets, in order to try as realistically as possible to assess actual dangers in order to avoid them, for our own good and that of others. Prudence shows us the way to balance and allows us to live responsibly towards ourselves and others.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/20

Responsabilità. La pandemia fra filosofia, scienza e politica

Emidio Spinelli 

L’articolo vuole indagare il contributo che potrebbe venire dalle riflessioni dei filosofi nella lotta alla pandemia, che finora ha impegnato principalmente scienziati e medici. Tali riflessioni sono solo giochetti intellettuali, un divertissment da salotto o hanno la possibilità di far comprendere meglio la dimensione culturale determinata da questo tragico evento? La filosofia attraverso quella che Hans Jonas ne Il principio responsabilità chiamava l’“euristica della paura”, può promuovere una nuova moralità in grado di esercitare una forma di controllo e di bilanciamento nei confronti di possibili eccessi o sperequazioni della scienza, fondata su competenze sempre più raffinate. D’altro canto una filosofia animata dall’etica può richiamare la politica alle sue responsabilità, affinché non lasci più indietro nessuno, facendosi carico dei destini dell’umanità tutta intera.

This article aims to explore the contribution that philosophers’ reflections could make in the fight against the pandemic, which has so far mainly involved scientists and doctors. Are such reflections merely intellectual games, a drawing-room divertissement, or do they have the potential to help us better understand the cultural dimension determined by this tragic event? Philosophy, through what Hans Jonas in The Responsibility Principle called the 'heuristics of fear', can promote a new morality capable of exercising a form of control and balancing against the possible excesses or inequalities of science, based on increasingly refined skills. On the other hand, a philosophy animated by ethics can call politics to its responsibilities, so that it no longer leaves anyone behind, taking charge of the destiny of all mankind.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/21

Salute. Tra qualità assistenziale e responsabilità

Aldo Di Blasi 

L’articolo analizza i due concetti chiave generalmente usati per descrivere la buona risposta assistenziale di un sistema organizzato e la sostenibilità del sistema stesso: Qualità e Responsabilità. L’Italia, che ha identificato il primo caso di contagio al di fuori della Cina, ha dovuto suo malgrado fare da apripista nei modelli di gestione dell’epidemia. L’organizzazione sanitaria decentrata del nostro paese, come la divisione delle politiche sanitarie tra i vari stati, ha accentuato le inefficienze di una gestione che al contrario fin da subito avrebbe dovuto avere un coordinamento centralizzato, finalizzato a prendere decisioni rapide per anticipare la diffusione del virus (la strategia da preferire in queste circostanze). Ma nella lotta all’epidemia sono fondamentali non solo i modelli di gestione, ma anche la presa di coscienza dell’importanza della responsabilità individuale, che passa per l’assunzione di quei comportamenti doverosi per favorire la salute pubblica, non contrapposti ai diritti personali, ma parte integrante del modello gestionale.

The article analyses two key concepts generally used to describe the good care performance of an organization and the sustainability of the system itself: Quality and Responsibility. Italy, which identified the first case of contagion outside China, has had to lead the way in epidemic management models. However, the decentralized health organization of our country, like the division of health policies between the various states, accentuated the inefficiencies of a management that, on the contrary, should have had centralized coordination from the outset, aimed at making rapid decisions to anticipate the spread of the virus (the strategy to be preferred in these circumstances). However, in the fight against the epidemic, not only management models are fundamental, but also an awareness of the importance of individual responsibility, which passes through the assumption of practices that are dutiful to promote public health, not opposed to personal rights, but integral part of the management model.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/22

Sostenibilità. Una questione di etica sociale

Laura Moschini 

I temi della sostenibilità e dell’ambiente sono oggi considerati prioritari negli obiet­tivi della strategia europea per un’efficace ripresa post pandemica che guardi anche alle future generazioni e al loro benessere. Se il primato delle tecnologie, e la digitalizzazione viene collegata con la sostenibilità, l’attenzione alla persona e alla sua felicità richiede un forte richiamo a un uso responsabile di esse e alla valutazione dei possibili impatti sulla vita dei singoli individui, delle co­munità e della Terra stessa. Si tratta di una valutazione di carattere etico che può essere assicurata solo da un continuo rapporto tra i saperi, nella consapevolezza che molti e diversi sono gli aspetti da considerare, ma soprattutto si deve indagare il ‘senso’ della direzione verso cui stiamo andando.

The issues of sustainability and the environment are now considered priorities in the objectives of the European strategy for an effective post-pandemic recovery that also looks to future generations and their well-being. If the primacy of technologies, and digitalization, are linked to sustainability, the focus on the individual and his or her happiness requires a strong call for a responsible use of them and an assessment of the possible impacts on the lives of individuals, communities and the Earth itself. This is an ethical assessment, ensured by a continuous relationship between different areas of knowledge, in the understanding that there are many different aspects to be considered, but above all the ‘sense’ of the direction in which we are going must be investigated.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/23

Utopia. La passione del possibile

Francesca Brezzi 

In un periodo, come nell’anno appena trascorso, in cui non è più dominante la speranza utopica, ma il segno della paura e il timore del futuro, emergono visioni apocalittiche seco­lari. L’articolo propone una rilettura critica delle categorie di utopia e speranza, una differente uso euristico di utopia, nell’individuazione di sentieri nuovi (Buber), in cui ritrovare l’interrogativo kantiano: cosa posso sperare? La domanda utopica recupera anche la dimensione cosmologica, ma soprattutto quella antropologica e teologica. Con l’aiuto di alcuni testi di A. Heller si mette a fuoco l’urgente impegno politico-intellettuale di “smascheramento” del presente stesso. Appare, pertanto, importante tornare a  tematizzazione categorie utopiche quali quelle di verità come “attesa”, il «non ancora», il “malgrado” e il “sovrappiù”. Ultimo concetto da recuperare, necessario per noi persone smarrite del 2020, è quello della speranza come passione per il possibile.

In a period, as in the past year, in which utopian hope is no longer dominant, but the fear of the future, secular apocalyptic visions emerge. The essay proposes a critical reinterpretation of the categories of utopia and hope, a different heuristic use of utopia, searching for new paths (Buber), in which to find the Kantian question: what can I hope for? The utopian question also recovers the cosmological dimension, but above all the anthropological and theological one. With the help of some of A. Heller’s texts, the essay focuses on the urgent political-intellectual commitment to “unmask” the present. It seems, therefore, important to return to focus on utopian categories such as truth as “expected”, the “not yet”, the “despite” and the “over”. The last concept to recover is hope as passion for the possible; it is necessary for us 2020’s lost people.   

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/24

Virus. Virosfera e comunità

Giacomo Marramao 

Il nostro presente è un tempo di tempesta, tempo di rottura della “normalità”, tempo di interregno in cui, in attesa di concetti nuovi, proliferano le metafore. Virosfera è una di queste. L’A. ritiene necessario  bandire dal nostro lessico categorie fuorvianti come “parentesi”, “interruzione” e simili. La radicalità e ampiezza della pandemia determina un punto di svolta tale da pregiudicare le stesse idee di cambiamento, progresso, innovazione come le abbiamo finora intese e praticate. La pandemia che stiamo vivendo non è dunque un “cigno nero”: un evento inatteso e imprevedibile e non è indipendente da noi. È un disastro prodotto da noi con alterazioni traumatiche nella natura, e che mette a nudo la nostra vulnerabilità. Da qui la parola-chiave è resilienza.

Our time is a stormy one, a time of breaking down ‘normality’, a time of interregnum in which, while waiting for new concepts, metaphors are flourishing. Virosphere is one of these. The author considers necessary to banish misleading categories such as “parenthesis”, “interruption” from our lexicon.  The radicality and extension of the pandemic determines a turning point such as to undermine the very ideas of change, progress and innovation as we have hitherto understood and applied them. The pandemic we are experiencing is therefore not a ‘black swan’: it is an unexpected and unpredictable event and is not independent of us. It is a disaster produced by us with traumatic alterations in nature, and which reveals our vulnerability. Hence the key word is resilience.

DOI: 10.13134/2531-8624/1-2021/25

Nella stessa collana

A cura di: Chiara Magni, Francesca Iannelli, Stefania Achella
A cura di: Giuseppe Martini, Vinicio Busacchi