Fotografia e culture visuali del XXI secolo

FOTOGRAFIA E CULTURE VISUALI DEL XXI SECOLO
A cura di:  Enrico Menduni, Lorenzo Marmo
Editore: RomaTrE-Press
Data di pubblicazione: Marzo 2018
Pagine: 556
ISBN: 978-88-94885-84-2
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Abstract

Obiettivo del volume è quello di indagare la centralità della fotografia all’interno dei regimi scopici della modernità, oltrepassando le singole specificità mediali per mettere pienamente in luce il carattere interdisciplinare della visualità. Si è cercato di conciliare la riflessione teorica con l’approccio storico-culturale, e ci si è focalizzati in particolare sull’Italia e sulla situazione degli studi in questo paese, anche con lo scopo di compiere una riflessione sul ruolo delle culture visuali nella costituzione dell’identità nazionale, sia individuale sia collettiva.

Contributi

Introduzione

Enrico Menduni  Lorenzo Marmo 

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/1

La paura della fotografia

Francesco Casetti

La fotografia suscita al suo apparire grande entusiasmo e forti attese, ma anche dubbi e resistenze. L’intervento discute la paura che ha accompagnato la fotografia, mettendola in parallelo con quelle, forse ancor più pronunciate, provocate dal cinema. Le teorie ‘iconofile’ possono affascinare per la forza con cui cercano di legittimare le nuove invenzioni; ma esse non vedono i punti di stallo, i vicoli ciechi. Una teoria ‘negativa’ ci porta a cogliere i due media in tutto il loro spessore, problematizzando ogni teoria che li veda come oggetti distinti e separati.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/2

Visual Meteorology. Le diverse temperature delle immagini

Antonio Somaini

A partire dalla distinzione, elaborata da Marshall McLuhan, tra media caldi e freddi, il saggio si propone di indagare la situazione contemporanea della fotografia in alta e bassa definizione, facendo parimenti riferimento alle riflessioni di Kracauer, Cubitt, Siegert, Steyerl. All’interno del panorama iconico e mediale contemporaneo troviamo, proprio come negli anni ’60, tutta una serie di artisti, fotografi e registi le cui opere mettono in gioco in modo sempre più consapevole ed articolato tutte le implicazioni estetiche, epistemiche e politiche delle diverse ‘temperature’ delle immagini.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/3

La question des régimes de vitesse des images. De Etienne-Jules Marey à David Claerbout: au-delà de l’opposition entre photographie et cinéma

Philippe Dubois

Al contrario di quanto si crede, sin dalla fine del XIX secolo e fino ad oggi, la fotografia è stata sempre ossessionata dall’idea di poter catturare e restituire il movimento. Facendo perno sulle due figure di Ètienne-Jules Marey (scienziato di fine Ottocento dedito alla resa visuale del movimento) e David Claerbout (artista contemporaneo molto attento al lavoro tecnologico degli interstizi fra mobile e immobile), vorrei dimostrare che i regimi temporali delle immagini sono di fatto molto più «elastici» di quanto si pensi.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/4

«Immaginario malgrado tutto». Note su Didi-Huberman

Daniela Angelucci

Il mio intervento si concentra sulla natura dell’immagine fotografica (e cinematografica) partendo dalla considerazione di quello che è stato chiamato il suo ‘doppio regime’ (Didi-Huberman): nella storia dell’estetica, infatti, da una parte l’immagine è stata concepita come un velo che nasconde o allontana dalla realtà (dalla critica ontologica di Platone, fino alle tendenze iconoclaste); dall’altra, alcuni autori hanno sottolineato come soltanto grazie alle immagini (tecniche, in particolare) è possibile osservare quel reale che altrimenti non riusciremmo a vedere o a guardare.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/5

A Sign of Times. Omar Calabrese and the Pictorial Turn

Krešimir Purgar 

L’articolo cerca di mostrare come un modo poco ortodosso e sfumato di analisi semiotica fatto da Omar Calabrese nel suo libro L'età neobarocca del 1987 abbia segnato uno dei percorsi più rilevanti per quello che sarà riconosciuto come il metodo degli studi visuali. Traendo esempi dalla cultura popolare, dall'arte e dalla scienza, Omar Calabrese ne L'età neobarocca anticipa questo stato sconcertante e radicalmente nuovo dei media visivi che sarà successivamente sancito da autori come W.J.T. Mitchell con il suo concetto di «pictorial turn».

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/6

Fotografia e scienze della mente. Scenari possibili

Francesco Parisi

La fotografia riveste un ruolo particolare poiché tra le immagini tecniche è quella più adatta alla rappresentazione della realtà. L’articolo si concentrerà su due assunti teorici: data la possibilità teorica di studiare le immagini mediante l’approccio delle scienze cognitive, ha senso riproporre la ben nota distinzione proposta dall’argomento della specificità mediale? Oppure è più conveniente ricercare una fattore comune tra le immagini, qualcosa che superi le specificità e dimostri la sostanziale continuità estetologica delle immagini?

DOI 10.13134/978-88-94885-84-2/7

Logica dell’esergo: su alcuni processi iperrealisti

Rinaldo Censi

Uno dei caratteri distintivi dell'iperrealismo è riscontrabile nella tensione che emerge dalla trasmissione dei dati appartenenti a due canali di comunicazione: fotografia-pittura. Se parliamo di tensione è perché si nasconde nell'elaborazione del dipinto, nel suo transitare da un canale comunicativo (fotografia) ad un altro (pittura), un processo e insieme una dimensione esperienziale, fenomenologica. L'intervento riflette su questi processi, delineando l'ipotesi di un cinema iperrealista.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/8

Lo sguardo di Medusa. Corpi, scultura, fotografia

Giacomo Ravesi

La fotografia e la scultura vengono tradizionalmente concepite come arti antitetiche. Tuttavia fin dalla metà dell’Ottocento, la fotografia ha teso verso la tridimensionalità scultorea, così come la scultura ha integrato l’istantanea nei propri processi d’elaborazione progettuale. Tali ricerche, seppur minoritarie e marginali, dimostrano una concezione ibrida e interdisciplinare delle relazioni tra fotografia e scultura, esplosa nella nostra contemporaneità sia in ambito industriale, sia d’artista.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/9

Fotografia/Drammaturgia

Flavio De Bernardinis

La fotografia partecipa della condizione di ciò che si dice la drammaturgia: simultaneità di scrittura e azione. La simultaneità di scrittura e azione, secondo la lezione di Argan, mette in crisi il concetto tradizionale di «spazio». Nell'opera della giovane fotografa ebrea italiana Federica Valabrega, dal titolo Daughters Of The King, 2013, tale funzione estetica drammaturgica è chiara ed evidente. La ricerca esplorativa del ruolo della figura femminile, nel contesto dell'ortodossia ebrea, è la condizione in cui lo sguardo dell'artista e il set dell'indagine risultino le puntuali coordinate di una drammaturgia: una scrittura a ridosso dell'azione, e un'azione che si dà immediatamente come scrittura.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/10

Tra la parete e la pagina. L’arte per la fotografia nell’Italia degli anni Trenta

Maria Ida Catalano

Negli anni ’30 in Italia, lungo la strada dell’arte per la fotografia - prospettiva di lavoro ribaltata da Benjamin rispetto alla più ovvia problematica della fotografia in quanto arte - si struttura un modo nuovo di guardare, che intercetta ed alimenta il cambiamento critico in atto nella storia dell’arte volto a presentificare l’antico e aperto a un processo di modernizzazione. Tagli insoliti e dettagli fotografici ingranditi appaiono nei rotocalchi come nelle riviste specialistiche, mentre si fa strada un’editoria d’arte rivolta a pubblici più ampi ed eterogenei.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/11

Selfielosophy. I fotografi teorici dell’immagine

Marcello Walter Bruno

L’articolo offre una panoramica sulle teorie della fotografia promosse nel corso del Novecento ad oggi da fotografi (László Moholy-Nagy, Man Ray, Brassaï, Sekula,  Robert Adams, Ugo Mulas, Luigi Ghirri, Franco Vaccari, Tano D’Amico), filosofi (Gilles Deleuze, Jean Baudrillard), artisti concettuali (Joseph Kosuth, Victor Burgin, Jeff Wall) e cineasti (Sergej Ejzenštejn e Pier Paolo Pasolini). L’articolo si confronta con il passaggio dal regime analogico dell’impronta alla «svolta post-indexicale» del dispositivo digitale.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/12

L’ambiguità del fotografico. Le esperienze fotografiche di Frank B. Gilbreth e Anton Giulio Bragaglia

Valentino Catricalà 

Frank B. Gilbreth è un ingegnere e imprenditore statunitense degli inizi del Novecento, uno dei maggiori fautori e fondatori del taylorismo. Anton Giulio Bragaglia è invece un artista, regista e fotografo, uno fra i maggiori esponenti della corrente avanguardistica del futurismo italiano. Che cosa hanno in comune questi due personaggi? Perché porre sulla stessa linea due figure in apparenza lontane spazialmente e concettualmente? Ciò che accomuna questi due personaggi è proprio la fotografia: uno specifico utilizzo di questa.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/13

La trasformazione del medium fotografico nei primi anni del Novecento: dai Fotogrammen di Moholy-Nagy ai fotogrammi di Franco Grignani, Luigi Veronesi e Bruno Munari

Stefania Schibeci

Il saggio si propone di analizzare come le innovazioni artistiche apportate dalle avanguardie storiche italiane ma anche europee, abbiano mutato radicalmente il modo di intendere la fotografia, non più come medium efficace per la sua capacità di riprodurre la realtà e quindi di rappresentarla, bensì come strumento in grado di integrare il nostro occhio e di fornirci una «nuova visione» attraverso punti di vista insoliti, sovrapposizioni e giochi di luce.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/14

1929: Film und Foto. Il montaggio dei media

Marie Rebecchi

Nel maggio 1929 viene inaugurata a Stoccarda una tra le prime grandi mostre di «cultura visuale»: Film und Foto (FIFO). Promossa dal Werkbund tedesco e articolata in tre differenti nuclei (un padiglione introduttivo, alcuni spazi riservati agli allestimenti nazionali, e altri organizzati in alcune sezioni tematiche), la mostra aveva come obiettivo quello di presentare il cinema e la fotografia come due media in grado di cogliere e restituire il mondo attraverso una «nuova visione», conseguenza diretta della funzione antropologicamente rivoluzionaria dei nuovi media ottici.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/15

Le cronologie impure di Paolo Gioli

Giacomo Daniele Fragapane

Rompendo ogni steccato disciplinare, l’opera di Paolo Gioli – fotografo, filmaker sperimentale, artista – si snoda come un laboratorio linguistico e visuale in cui si intrecciano meditazioni che investono numerosi campi. Analogamente ai concettuali “canonici” del secondo Novecento, Gioli forza in ogni modo l’idea di rappresentazione, ma, diversamente dalla maggior parte di essi, non la nega mai in quanto tale, semmai la fronteggia e nel farlo si concede spesso il lusso di un “bello” formale di ascendenza kantiana.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/16

Il medium fotografico e la temporalità storica

Roberta Agnese

L’intervento esamina il modo in cui la fotografia come medium determina la storicità delle forme della nostra sensibilità ma anche, attraverso una registrazione tecnica della realtà che media il rapporto tra la nostra sensibilità e il mondo, un nuovo rapporto con il tempo. Grazie alla fotografia, l’esperienza storica assume una configurazione inedita, in cui le tre dimensioni temporali - passato, presente e futuro - collimano e si condensano nella dimensione di un presente perpetuato nell’immagine fotografica.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/17

Figure dell’assenza. L’immagine privata contro le politiche della sparizione forzata

Alice Cati

Il saggio si focalizza su un particolare fenomeno della cultura visuale contemporanea, ampiamente dibattuto a livello internazionale: la fotografia come strumento di rivendicazione politica e giudiziaria in seguito ai crimini perpetrati in uno stato di terrore. Al tramonto delle dittature militari, molte opere di artisti latino-americani hanno cercato in diversi modi di dare espressione al dolore collettivo e alle lacerazioni sociali causate dalle politiche di sequestro e sparizione di massa.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/18

La pratica fotografica occasionale: dalla dimensione familiare alla condivisione pubblica

Elio Ugenti

L’intervento focalizza l’attenzione sui cambiamenti intervenuti negli usi e nelle funzioni delle fotografie personali nel passaggio dall’era analogica all’era digitale, a partire da una serie di considerazioni sul loro livello di visibilità e, dunque, su quello che con Benjamin possiamo definire il loro valore espositivo. Si cercherà di comprendere se sia possibile rintracciare una variazione – correlata alla maggiore o minore esponibilità di queste immagini – nel loro grado di incidenza sulla configurazione della cultura visuale di un determinato periodo.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/19

Il tempo è fuor di sesto: la riconfigurazione del sé negli autoritratti in time-lapse

Ilaria A. De Pascalis

L’intervento si indaga la configurazione soggettiva implicata dagli autoritratti amatoriali in time-lapse sempre più diffusi negli ultimi 10 anni. Partendo dalla dialettica fra quotidianità e spersonalizzazione, si va a sottolineare il nuovo rapporto con il tempo attivato da queste pratiche di autorappresentazione, con particolare attenzione alla polarità fra immobilità e movimento generata dalle fotografie montate in time-lapse. Il dispositivo diviene dunque perno attorno al quale si costruisce l’individuo.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/20

Modelli di simultaneità nella GIF animata. Il caso Giphoscope

Alessandra Chiarini

Delle molteplici conseguenze della “svolta iconica” emersa all’inizio del ventunesimo secolo, la riarticolazione dei confini tra immagine fissa e immagine in movimento è certamente una delle più profonde. Il contemporaneo e massiccio ritorno della GIF animata – un formato digitale obsoleto istituito nel 1987 e dimenticato fino a pochi anni fa – sembra porsi come un fenomeno connesso alla presente riconfigurazione delle categorie visuali dal punto di vista dell’interconnessione e della simultaneità.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/21

Hic sunt leones. Fotografia missionaria e immaginario esotico: l’incontro con l’Altrove

Maria Francesca Piredda

La rete di testi che, sin dall’antichità, disegna l’Altrove come terra misteriosa, vergine - ma anche irta di pericoli e misteri - deve larga parte della propria consistenza alle descrizioni (orali, scritte, figurative) realizzate dai missionari europei. In anticipo, talvolta in concomitanza con le imprese coloniali, il rinnovato spirito missionario dell’Ottocento si accompagna all’interesse documentale ed esplorativo dei religiosi e coincide con l’invenzione – la fotografia – che promette di cogliere la realtà nel suo dispiegarsi, senza infingimenti.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/22

Immaginari e fenomeni migratori nella cultura visuale italiana tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento

Massimiliano Coviello

Il saggio ricostruirà le tappe del dialogo intermediale tra cinema e fotografia durante la grande emigrazione transoceanica tra Ottocento e Novecento per mezzo del quale le immagini, concrezioni del rapporto tra forme di vita e forme di rappresentazione, sono passate da un medium all’altro, adeguandosi ai differenti formati e adattandosi ai diversi sistemi discorsivi, e hanno restituito agli spettatori di ieri e a quelli di oggi l’esperienza dei fenomeni migratori che hanno attraversato il paese.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/23

Il prezzo della modernità. La celebrità fotografica e la nuova immagine del divo di massa

Federica Muzzarelli

Tra coloro che già tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento hanno sfruttato subito il potere «mitizzante» della fotografia ci fu senz’altro Gabriele D’Annunzio. Grazie alla sua grande capacità di costruire la propria immagine di mass icon, si può sottolineare quale contributo fondamentale D’Annunzio abbia dato alla definizione del ruolo della fotografia nella costruzione identitaria e nella definizione dei meccanismi della celebrity culture alle origini della nuova era tecnologica moderna.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/24

La fotografia nel racconto d’attualità in «L’Illustrazione» (1929-1930)

Raffaele De Berti

Negli anni ’20 la fotografia si afferma a livello internazionale nella stampa illustrata come arte sia popolare sia d’avanguardia. Anche in Italia, si può registrare una simile svolta nell’uso della fotografia in alcuni rotocalchi pubblicati da Rizzoli, come «L’Illustrazione». L’analisi di alcuni racconti d’attualità porta a concludere come l’esperienza di “L’Illustrazione” si possa comparare in ambito fotografico ad analoghe tendenze coeve europee, e come anticipi il futuro fotogiornalismo che si affermerà negli anni ’40 e ‘50.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/25

Pensare per immagini. Il (foto)amatore come figura della modernità estetica

Luisella Farinotti

A partire dall’attività fotografica del noto architetto milanese, Piero Portaluppi (1888-1967), l’intervento analizza il contributo delle pratiche amatoriali nei processi di appropriazione, definizione e diffusione del nuovo «regime percettivo» della modernità tecnologica. Come sostiene Laurence Allard, il (foto/cine)amatore è una figura della modernità estetica: «attore» e non solo spettatore di una «visione», organizzatore di uno sguardo e, insieme, di una nuova esperienza di relazione con il mondo e con la memoria.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/26

Foto-documentari: note sui supplementi illustrati italiani del dopoguerra

Marco Andreani

A fronte di una domanda sempre più pressante di giornalismo per immagini da parte del grande pubblico, gli anni Cinquanta vedono la nascita e la diffusione dei «documentari fotografici» - dedicati all’attualità, ai viaggi, ai paesi lontani, alla divulgazione scientifica, storica e artistica -, pubblicati spesso dalle principali riviste illustrate come inserti da staccare e raccogliere o come volumi in edizione speciale. Caratteristica principale di queste pubblicazioni è l’assoluta predominanza delle immagini fotografiche sui testi scritti.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/27

L’occhio insensibile. Cinema e fotografia durante la prima Campagna di Libia (1911-1913)

Luca Mazzei

Basandosi su testimonianze d'epoca, l’intervento vuole dimostrare che la prima campagna di Libia, intercettando mutazioni già in atto ed anticipando quanto succederà con la IGM, è il momento in cui il medium fotografico e quello cinematografico concorrono a ridefinire un panorama estetico in cui la sensibilità si distacca dalla percezione, instaurando un regime in cui la lontananza nel tempo e nello spazio si offrono quale  filtro unico da cui meglio ‘vivere’ il mondo. Interrompendo così un regime di sensibilità che continuava identico dal fine del Settecento.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/28

Immagini dall’apocalisse: la «svolta visuale» della Grande guerra

Gabriele D’Autilia 

Fotografia e film promossero, con la prima guerra mondiale, un passaggio storico sul piano della cultura visuale, subendo una verifica: dopo essere state esaltate al passaggio del secolo come espressione visuale per eccellenza della modernità, dimostrarono di non saper rappresentare l’inferno tecnologico della guerra moderna così come si manifestò ai combattenti. È a partire da queste premesse che la Grande guerra generò due fenomeni che si riveleranno decisivi per la modernità ottica novecentesca: la propaganda per immagini e il fotogiornalismo.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/29

Rivolgersi agli ossari. Trent’anni di storia patria raccontati dal cinema e dalla fotografia. Dal Carso al Vittoriano e ritorno (1921-1954)

Denis Lotti

A partire dai primi anni Trenta, l’ingegner Vittorio Marchioro conserva nel proprio archivio una documentazione fotografica dettagliata dedicata alla costruzione degli ossari: sacrari voluti dal regime mussoliniano in luogo dei cimiteri di guerra. La documentazione è tutt’oggi inedita e non è mai stata oggetto di studio. Nel saggio si propone perciò uno studio approfondito e comparativo di tale materiale, che sarà confrontato coi cinegiornali dell’Istituto Luce dedicati ai medesimi monumenti ed eventi relativi.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/30

Partigiane e figuranti. Una foto di Tino Petrelli nella Milano della Liberazione

Enrico Menduni

Tino Petrelli è un fotografo attivo a Milano nell’aprile del 1945, descritta nei “Combat Film” del PWB americano e in “Giorni di gloria”, il documentario di Giuseppe De Santis, Marcello Pagliero, Mario Serandrei e Luchino Visconti (1945).  L’intervento intreccerà l’analisi iconografica della foto “Partigiane di Brera” realizzata a Piazzale Loreto con un “baratto di significato” che porta ad una composizione politica dell’inquadratura non meno accurata che in retablo spagnolo (o sardo): un polittico architettonicamente e gerarchicamente ordinato.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/31

Fotografia e militanza: note sul dibattito degli anni Settanta

Christian Uva

Il paper fornisce alcuni spunti di riflessione sul dibattito relativo al concetto di «fotografia eversiva» e «militante» attivatosi nel corso degli anni ’70 in Italia prendendo spunto dall’analisi di due paradigmatiche pubblicazioni uscite nella seconda metà del decennio: L’arma dell’immagine. Esperimenti di animazione sulla comunicazione visiva (Mazzotta, 1976) del Laboratorio di Comunicazione Militante di Milano e Mettiamo tutto a fuoco! Manuale eversivo di fotografia (Savelli, 1978), curato da Fabio Augugliaro, Daniela Guidi, Andrea Jemolo e Armando Manni.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/32

Industria ed estetica tra fotografia e cinematografia. Società Anonima Tensi

Giulia Barini
Marcello Seregni

Gli studi sul cinema non hanno ancora indagato appieno il ruolo strategico delle società produttrici di materiale tecnico e nello specifico di pellicola. In Italia un caso emblematico fu la Società Anonima Tensi di Milano. Il saggio mira all'approfondimento del rapporto fotografia/cinema analizzando gli aspetti e le particolarità produttive e qualitative della Società Anonima Tensi, attuando una riflessione sulle relazioni estetiche e documentarie derivate dall'utilizzo e dalla diffusione della pellicola.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/33

Dietro il ritratto fotografico. Fotografia, attorialità e genere nei rotocalchi cinematografici italiani degli anni Trenta

Enrico Biasin  Hélène Mitayne 

Il presente articolo intende prendere in considerazione l’immagine dell’attore cinematografico italiano degli anni Trenta all’interno dei ritratti fotografici pubblicati sui principali rotocalchi popolari dell’epoca. Il proposito è di analizzare questi prodotti mediali tanto sul piano estetico-iconografico quanto su quello socio-culturale, puntando inoltre l’attenzione sull’aspetto industriale che sottende la creazione di simili testimonianze visive.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/34

L’immagine di ritorno. Gesto, esperienza e medium nelle fotografie di backstage dei Cineguf

Andrea Mariani

L’articolo vuole discutere la restituzione del «gesto» cinematografico nella fotografia di backstage; la complessa natura dell’esperienza da cui scaturisce; la sua funzione storica; discutendo le numerose tracce fotografiche di backstage lasciate dai gruppi selle Sezioni cinematografiche dei Guf, i Cineguf, che esemplarmente hanno teorizzato la pratica cinematografica come esperimento, dando forma, dall’interno delle strutture del regime fascista, a quell’esperienza originale che fu il cinema «sperimentale» dei Guf.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/35

Cinema fotografato. Film neorealisti e cultura fotografica nel dopoguerra italiano

Barbara Grespi

L’intervento affronta il ruolo della fotografia di scena in epoca neorealista, nel quadro delle reciproche influenze fra cinema e fotografia. Essendo traccia di un’operazione di ‘registrazione’ della realtà (documento di un documento) e insieme rimodellamento di una messa in scena (immagine di un'immagine), la fotografia di scena costituisce un oggetto teoricamente denso, oltre che un fondamentale strumento di ricordo del film.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/36

Antonioni: «Io sono una macchina fotografica»

Stefania Parigi

Il rapporto tra cinema e fotografia in Antonioni è indagato alla luce dei concetti di anacronismo (Didi-Huberman) e di rimediazione (Bolter e Grusin). L’immagine di Antonioni trova nella fotografia e nell’arte figurativa, la propria matrice  linguistica e storica. L’atto dell’osservare prevale sulla narrazione ed è attraversato da una conflittualità continua tra i due principi che presiedono alla fotografia e al cinema: la stasi e il movimento, l’istante e la durata, il passato e il presente.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/37

Pasolini: grafie del corpo

Bruno Roberti

Nell’ottobre del 1975 il fotografo Dino Pedriali realizzò un servizio fotografico concordato con Pasolini a Sabaudia e nella torre medievale di Chia. Il poeta gli chiese di non pubblicare le foto, avendo intenzione di inserirle nel libro Petrolio. La sequenza di foto va al di là dei semplici ritratti e sembra avere a che fare con il modo in cui Pasolini intendeva il proprio «corpo» in rapporto a una grafia, che trascorreva nel progetto del romanzo, nel suo carattere di mysterium, e in stretto rapporto con il suo modo di intendere e fare cinema.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/38

Untitled Film Stills di Cindy Sherman. Evoluzione dello sguardo fotografico tra spazio scenico, costruzione finzionale e dimensione del reale

Oriella Esposito

Untitled Film Stills è una serie fotografica realizzata da Cindy Sherman alla fine degli anni ’70 che combina, reinterpretandoli, linguaggio cinematografico e fotografico, travalicando il confine dell’arte contemporanea. Se le sue altre opere riflettono principalmente attorno alla costruzione fisica ed emotiva di un personaggio alienato che si esaurisce totalmente in se stesso, senza mai interagire con l’ambiente che lo circonda, Untitled Film Stills si confronta, invece, con un’imponente e pervasiva dimensione spaziale e architettonica.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/39

Madri mascherate e ritratti di infanzia

Federica Villa

Tra le immagini dell’epoca vittoriana esiste un blocco fotografico di ritratti di infanzia che contemplano la presenza della madre dell’infante intenta a tenere in posa la piccola creatura. Le madri sono tutte mascherate, hanno il volto e parte del corpo celato da un drappo o confuso con elementi d’arredo. Si intende indagare questa insolita ma frequente pratica ritrattistica (motivata da esigenze primariamente tecniche), definendo il mascheramento della madre in relazione alla dialettica sottrazione/assenza e sacrificio/sacralità.

DOI: DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/40

Bel far niente? Photography as Productive Play in Creative Cultures of the 21st Century

Katriina Heljakka

L’articolo esplora le possibilità di intendere la fotografia come una forma contemporanea di gioco per adulti e come pratica che mira a risultati creativi condivisi sui social media. Il mio materiale di ricerca è composto da interviste a giocatori di giocattoli per adulti in Europa e dagli esiti delle mie attività di photo-play personale. Integrando anche il photoplay di altre persone su varie piattaforme,  incoraggia le persone ad acquistare giocattoli e iniziare a esplorare l’accessibilità visuale e narrativa di questi oggetti fotografandoli.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/41

L’arto fotografico. Estensione e incorporazione nella tecnica e nell’estetica del selfie

Adriano D’Aloia 

Delle nuove forme di auto-rappresentazione dell’identità tramite il mezzo fotografico, il selfie rappresenta certamente una deriva interessante e problematica, soprattutto alla luce di alcuni aspetti legati alle modalità tecniche di realizzazione dell’immagine che coinvolgono la corporeità del soggetto. Attingendo da assunti elaborati in seno al dibattito sull’apporto delle scienze cognitive alle discipline dei media e della comunicazione, il contributo intende riflettere sull’uso degli arti e delle estremità superiori del soggetto nell’atto fotografico.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/42

Dalla stereoscopia a Instagram. Origini e destino socio-mediale della fotografia

Giovanni Fiorentino

In una prospettiva genealogica weberiana, i testi di Oliver Wendell Holmes, prodotti tra il 1859 e il 1863, aprono l’interpretazione del presente supportando la lettura delle radici e del destino fotografico della convergenza digitale.  A vent’anni dalla prima traduzione italiana, Holmes ci consente di guardare con sguardo stereoscopico e tridimensionale il presente della fotografia digitale in un ambiente social, in un contesto abitativo fatto di immagine condivisione. Un contesto dove l’immagine determina ampiamente la realtà.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/43

Il ritorno alla fotografia: la cultura visuale dall’analogico al digitale

Emanuele Crescimanno

La fotografia ha svolto un ruolo fondamentale per l’affermazione e la definizione della cultura visuale: nei primi anni del Novecento essa ha posto le basi per il suo sviluppo; oggi che quella prospettiva sembra essere in crisi per l’avvento del digitale è utile ritornare a quegli anni per comprendere il presente. La lettura in parallelo delle due epoche è di grande utilità per comprendere la contemporaneità e azzardare per il prossimo futuro un nuovo «ritorno alla fotografia».

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/44

Il culto della fotografia, dal diva system al mito del selfie

Marco Bertozzi

Nella transizione al digitale il ritratto fotografico ha subito una espansione senza precedenti. Dall’unica fotografia di una vita – quella realizzata nello studio del fotografo-pittore – nell’Italia di 100 anni fa si è passati alla moltiplicazione quotidiana del selfie. I ritratti più lucenti, quelli divistici, definivano modalità idealtipiche dell’atteggiarsi, nel panthéon del celebrity system cinematografico. Oggi la deriva autobiografica della fotografia diviene una prova importante per l’osservazione di atteggiamenti, norme non scritte e nuovi tribalismi iconici.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/45

Location of #selfie

Giacomo Di Foggia

In questo intervento voglio proporre che il #selfie è lontanissimo dall’essere un oggetto figurativo, che la figuratività non è che un effetto accidentale, una conseguenza. Ovvero, che inseriti nell’ambiente di uno o più social network, questi autoscatti azzerano la propria natura figurativa, trasformandosi in pure orme e lasciti di un passaggio. Cercherò di dimostrare che il #selfie è tanto più vicino a pratiche di arte concettuale antifigurativa, quanto distante dall’idea di (auto)raffigurazione autoritrattistica artistica.

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/46

Fotografia, aura e atmosfera: l’esperienza filtrata ai tempi di Instagram

Lorenzo Marmo

Uno sviluppo particolarmente interessante della fotografia social è costituito dal riferimento esplicito a modelli iconografici del passato. Instagram e i suoi filtri sono l’esempio perfetto di questa tendenza vintage, modalità cruciale per la costruzione di una complessa retorica della spontaneità. Il saggio traccia le principali implicazioni – sia socio-culturali che estetiche – di tale discorso, ricorrendo in particolare alle categorie di aura (a partire naturalmente da Benjamin) e di atmosfera (nell’accezione che ne dà il dibattito della Nuova Fenomenologia).

DOI: 10.13134/978-88-94885-84-2/47

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