Genocidio. Conoscere e ricordare per prevenire

Genocidio. Conoscere e ricordare per prevenire
A cura di:  Flavia Lattanzi
Editore: RomaTrE-Press
Data di pubblicazione: aprile 2020
Pagine: 144
ISBN: 979-12-80060-05-1
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Abstract

Il presente libro prende spunto dai lavori di un Seminario organizzato presso l’Università Roma Tre sui tragici eventi occorsi nel secolo scorso, allorché le forze nazi-fasciste organizzarono e realizzarono, prima in Germania e poi in Europa, grazie anche alla debole resistenza (se non indifferenza) degli Stati democratici, la loro politica razzista e genocidiaria. Il fallimento della Conferenza di Evian, la successiva Conferenza di Monaco che ha permesso il trasferimento dei Sudeti alla Germania, la Notte dei cristalli, l’occupazione del resto della Cecoslovacchia, il caso dei rifugiati ebrei del transatlantico Saint Louis sono alcuni di questi terribili eventi che hanno caratterizzato quel periodo aprendo la strada delle forze nazi-fasciste alla pulizia dell’Europa occupata dagli Ebrei, dai Gipsy, dagli omosessuali, dai disabili e dissidenti politici, con il ricorso a crimini contro l’umanità, a crimini di guerra e al genocidio. Partendo da questi eventi, il libro si occupa di altri casi di pulizia etnica precedenti la Shoah (come quella degli Armeni del 1915-1916), di quelle più recenti (in particolare quelle degli anni 1990’s in Bosnia-Eerzegovina) e quelle in corso (come la pulizia etnica dei Rohingya).
Il mezzo per prevenire ed evitare la ripetizione di eventi analoghi è anzitutto quello di non dimenticare, quello di non ripetere l’approccio dell’indifferenza che li ha accompagnati: è necessario sapere e ricordare per prevenire. E’ questo l’obiettivo degli autori dei contributi contenuti in questo volume: si tratta di accademici convinti del ruolo della trasmissione della conoscenza con un linguaggio semplice e agile in modo da raggiungere le nuove generazioni di studenti di scuole e università.

Contributi

Introduzione

Paolo Benvenuti 

DOI: 10.13134/979-12-80060-05-1/1

L’invenzione del termine «genocidio» negli scritti di Raphael Lemkin

Carmelo Domenico Leotta 

L’autore prende in esame i contributi di Raphael Lemkin, inventore del termine «genocide», nella individuazione degli elementi costitutivi del crimine di distruzione dei gruppi umani, poi definitivo dalla Convenzione Onu del 1948 e successivamente dall’art. 4 dello Statuto del Tribunale per la ex-Jugoslavia (1993), dall’art. 2 dello Statuto del Tribunale per il Rwanda (1994) e dall’art. 6 dello Statuto di Roma, istitutivo della Corte penale internazionale (1998). Prima di soffermarsi sui testi lemkiniani e di fare un cenno al problema dell’ammissibilità o meno in tali testi del genocidio culturale, è preso in esame un precedente linguistico del lemma genocidio, rappresentato dal concetto di nazionicidio, usato, con riferimento alla guerra di Vandea del 1793, da François-Noël Babeuf nel 1794.

DOI: 10.13134/979-12-80060-05-1/2

Crimini contro l’umanità e genocidio, tra protezione degli individui e protezione dei gruppi

Antonio Marchesi 

Fra le diverse ipotesi di crimine internazionale un rilievo e un significato speciali assumono le fattispecie dei crimini contro l’umanità e del genocidio. I crimini contro l’umanità, dopo una prima menzione nell’ambito di una nota diplomatica relativa al massacro degli Armeni del 1915 e 1916, verranno inclusi, dopo la Seconda Guerra Mondiale, nello Statuto del Tribunale internazionale militare di Norimberga. Il genocidio, invece, concetto introdotto per la prima volta da Raphael Lemkin nell’opera “Axis Rule in Occupied Europe” del 1944, non sarà parte della triade di Norimberga ma oggetto, pochi anni più tardi, della prima Convenzione internazionale relativa alla prevenzione e alla repressione di un crimine. In questo scritto sarà preso in esame il rapporto fra le due fattispecie, con particolare attenzione al difficile equilibrio fra protezione dell’individuo, a prescindere dal gruppo a cui appartiene, e protezione dei gruppi in quanto tali. 

DOI: 10.13134/979-12-80060-05-1/3

La pulizia etnica come genocidio

Flavia Lattanzi 

Con questo contributo l’Autrice si propone di chiarire quando la pulizia etnica, che si realizza sempre tramite crimini di guerra e crimini contro l’umanità nei confronti dei membri di una comunità per ragioni di “razza”, etnia, nazionalità o religione – assassini, stermini, torture, espulsioni, trasferimenti forzati, distruzione di villaggi, saccheggi di proprietà private e di edifici culturali e religiosi -, raggiunga il livello di un genocidio della comunità colpita. L’Autrice esamina alcuni casi emblematici di pulizia etnica del XX secolo, qualificabili come genocidio ai sensi della Convenzione sul genocidio del 1948 e della prassi e giurisprudenza: l’eliminazione degli Armeni nell’Impero ottomano durante la Prima guerra mondiale, la più conosciuta Shoah degli Ebrei in Europa durante la Seconda guerra mondiale, l’eliminazione dei Tutsi nel 1994 in Ruanda e dei Bosniaci-Musulmani nel 1995 nella regione di Srebrenica. Gli elementi del genocidio sono poi presi in considerazione per mostrare come anche la pulizia etnica del 2014 della comunità yazida nel Sinjar ad opera dei combattenti dell’Isis si qualifichi come genocidio. L’Autrice prende infine in esame la pulizia etnica della comunità rohingya in Myanmar per concludere che, a suo avviso, anch’essa è stata ed è tuttora realizzata con l’intento di distruggere del tutto la presente e futura esistenza di quella comunità per ragioni tanto etniche che religiose e cioè con un intento genocidiario.

DOI: 10.13134/979-12-80060-05-1/4

Emergenza, delimitazione e implicazioni degli obblighi di natura solidale in tema di prevenzione e repressione del genocidio

Francesco Salerno 

Il divieto di genocidio rappresenta per il diritto internazionale una regola paradigmatica di valori solidali della società internazionale. Il suo contenuto ben definito e la sua prolungata prassi applicativa consentono di verificare il modello giuridico delineatosi nel diritto internazionale a proposito delle conseguenze che discendono da una “violazione grave” di norme imperative.

DOI: 10.13134/979-12-80060-05-1/5

Il diritto alla memoria e le norme anti-negazioniste

Agostina Latino 

Nell’ultimo decennio del XX secolo il ventaglio dei diritti umani si è arricchito del diritto alla memoria, che costituisce, unitamente al diritto alla giustizia e alla verità, un prisma attraverso cui la narrazione comune del passato è chiamata a scongiurare il rischio della mistificazione e del revisionismo di tragici eventi storici, quali, in particolare, la Shoah. In anni più recenti, alle leggi memoriali si accompagnano norme volte sanzionare sia le condotte di istigazione alla violenza o all’odio, sia quelle di apologia, negazione e minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra purché tali comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza e all’odio. In queste note si traccia un quadro sia dell'emersione del diritto alla memoria nell'ordinamento internazionale, sia del conflitto del diritto alla verità e del diritto alla memoria con il revisionismo storico e il negazionismo sotto il più ampio ombrello dell'esercizio della libertà di espressione e della libertà intellettuale in uno Stato democratico.

DOI: 10.13134/979-12-80060-05-1/6

La progressiva privazione della cittadinanza e la negazione di un rifugio alla conferenza di Evian del 1938

Giandonato Caggiano 

Il contributo esamina le politiche di privazione di cittadinanza messe in atto dopo la conclusione della I guerra mondiale ai danni dei milioni di individui, membri di minoranze etniche e/o religiose, che abbandonarono il proprio Stato di origine a seguito dei Trattati di pace. Si sofferma sulle misure individuate per la protezione di tali individui i quali, pur trovandosi in una posizione distinta in termini giuridici da quella dei rifugiati, secondo le categorie contemporanee, di fatto versavano in una situazione di vulnerabilità analoga. A questa prassi il contributo accosta gli strumenti giuridici della persecuzione degli Ebrei tedeschi, che si risolsero in una progressiva privazione della cittadinanza, e nel rifiuto di protezione e accoglienza da parte degli altri Stati emerso nella Conferenza di Evian del 1938.

DOI: 10.13134/979-12-80060-05-1/7

Una questione di identità. La lite turco-armena sul nome “genocidio” per i massacri del 1915-1916

Emanuela Pistoia 

Lo scritto è una riflessione sulle motivazioni dietro la controversia che contrappone Turchi e Armeni passati oltre cent’anni dai massacri del 1915-1916, concernente la loro qualificazione come genocidio. Dopo aver brevemente passato in rassegna i momenti e i tratti salienti dei fatti storici, riassume gli elementi tecnico-giuridici della controversia per poi illustrare la prassi relativa al reato di “vilipendio dell’identità nazionale turca”, contestato a chiunque metta in discussione la versione ufficiale turca sui massacri, in particolar modo chi si riferisca agli stessi come “genocidio”. Emerge così come, per i Turchi, negare ai massacri armeni la qualificazione di genocidio sia una questione di identità, ma lo stesso si può dire del valore attribuito dagli Armeni a una siffatta qualificazione.

DOI: 10.13134/979-12-80060-05-1/8

Memoria e storia della Shoah. Una sfida per la didattica

David Meghnagi 

La didattica sulla storia e memoria della Shoah è tra le sfide più complesse con cui  confrontarsi perché mette in gioco competenze e specializzazioni diverse: storia, geografia e geopolitica; sociologia, psicologia e pedagogia; antropologia culturale, filosofia e letteratura; per non parlare della storia della scienza  e della medicina;  della teologia e dei simbolismi religiosi, della storia economica etc.  Gli orizzonti della ricerca, in un primo tempo fortemente limitati al periodo bellico, si sono progressivamente ampliati ed estesi al periodo di incubazione che l’ha preceduto: la prima guerra. La complessità delle questioni, con l’istituzione del “Giorno della Memoria”, ha fatto emergere nei docenti la consapevolezza delle difficoltà da affrontare, difficoltà che non potevano essere risolte d’incanto, con un uno o più corsi di aggiornamento. La sfida metteva in gioco la classificazione delle discipline e la separatezza dei saperi. Allo stesso tempo indicava un modo nuovo di fare didattica che aveva implicazioni per ogni ambito disciplinare.  

DOI: 10.13134/979-12-80060-05-1/9

Appendice: Qualche riflessione su espatriati ed esuli nella storia della conoscenza

Siegmund Ginzberg 

Prendendo spunto dal libro Espatriati ed esuli nella storia della conoscenza di Peter Burke (Il Mulino), l’Autore ci parla dei moltissimi grandi cervelli esiliati, espulsi, in fuga dalle guerre o dai rispettivi tiranni, insomma dei rifugiati o emigranti che hanno lasciato un segno, dall’antichità ai giorni nostri, appunto nella storia del pensiero umano. Egli ci mostra come persino queste grandi personalità abbiano avuto difficoltà di adattamento e talvolta a essere accolti nonostante abbiano dato al proprio campo di studi e alle nazioni che li hanno ospitati incomparabilmente più di quanto abbiano ricevuto.

DOI: 10.13134/979-12-80060-05-1/10

Appendice: Celebrità in fuga. Berlino 1933-Westerbork 1942-441

Antonella Ottai 

In questo contributo, l’Autrice ci descrive un periodo incredibile della storia delle persecuzioni naziste contro gli Ebrei a Berlino a partire dal 1931, allorché queste cominciarono al grido «Uccidete gli Ebrei», perché la colpa «è degli Ebrei, è degli Ebrei. La colpa è tutta quanta degli Ebrei!» della crisi del 1929. Ma questo contributo ci propone soprattutto l’illustrazione della reazione a queste persecuzioni degli attori del cabaret del Kurfürstendamm: canzoni, sketch, numeri, parodie, “giornali parlanti”, “un affare da ebrei”, come diceva schifato Goebbels. Essi reagivano con la comicità tipica di questi grandi interpreti, la stessa che aiuterà molti di loro, anche nei campi di sterminio, come a Terezin, a ritardare, ma non evitare, il loro destino nella soluzione finale.

DOI: 10.13134/979-12-80060-05-1/11

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