Studi Sartriani – XVIII/2024 – Antisemitismo e pensiero ebraico in Sartre

Editore: RomaTrE-Press
Data di pubblicazione: novembre 2024
Pagine: 228
ISBN: 1970-7983
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Abstract

Nel 1946, in uno dei periodi più fertili della sua produzione, all’apice del successo del suo esistenzialismo, Jean-Paul Sartre pubblica Réflexions sur la question juive. Un saggio polemico, graffiante, incisivo, che affronta la questione ebraica a partire dall’antisemitismo: per Sartre è chi odia l’ebreo che ha creato l’ebreo. Perfettamente in linea con la sua radicale nozione di responsabilità, Sartre non si concentra sulla condanna della Germania, ma su un’analisi spietata di come l’antisemitismo sia contemporaneamente una condotta individuale e un’atmosfera che si è respirata in ogni angolo d’Europa, ben prima e in modo ben più esteso della tragedia dell’Olocausto. Oltre a rompere dei tabù (la Shoah non si può diluire nel numero generico delle vittime della Seconda Guerra Mondiale) e a invitare ognuno a interrogarsi sulle proprie modalità esistenziali di incontro con l’Altro, in questo testo Sartre inaugura la sua profonda riflessione sui pregiudizi razziali. A queste tematiche, che hanno ovviamente un’importante ricaduta anche per comprendere e analizzare la drammatica situazione contemporanea, è dedicato la sezione monografica del presente numero di Studi Sartriani, a cui si aggiunge la sezione “Dialoghi e varie” e quella sulle Recensioni.

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Nel 1946, in uno dei periodi più fertili della sua produzione, all’apice del successo del suo esistenzialismo, Jean-Paul Sartre pubblica Réflexions sur la question juive. Un saggio polemico, graffiante, incisivo, che affronta la questione ebraica a partire dall’antisemitismo: per Sartre è chi odia l’ebreo che ha creato l’ebreo. Perfettamente in linea con la sua radicale nozione di responsabilità, Sartre non si concentra sulla condanna della Germania, ma su un’analisi spietata di come l’antisemitismo sia contemporaneamente una condotta individuale e un’atmosfera che si è respirata in ogni angolo d’Europa, ben prima e in modo ben più esteso della tragedia dell’Olocausto. Oltre a rompere dei tabù (la Shoah non si può diluire nel numero generico delle vittime della Seconda Guerra Mondiale) e a invitare ognuno a interrogarsi sulle proprie modalità esistenziali di incontro con l’Altro, in questo testo Sartre inaugura la sua profonda riflessione sui pregiudizi razziali. A queste tematiche, che hanno ovviamente un’importante ricaduta anche per comprendere e analizzare la drammatica situazione contemporanea, è dedicato la sezione monografica del presente numero di Studi Sartriani, a cui si aggiunge la sezione “Dialoghi e varie” e quella sulle Recensioni.

In 1946, during one of the most fertile periods of his production and at the height of the success of his existentialism, Jean-Paul Sartre published Réflexions sur la question juive. This is a polemical, biting, and incisive essay which deals with the Jewish question by starting with anti-Semitism: for Sartre it is those who hate the Jew who created the Jew. Perfectly in line with his radical notion of responsibility, Sartre focuses not on the condemnation of Germany, but on a ruthless analysis of how anti-Semitism is simultaneously an individual conduct and an atmosphere that has been felt in every corner of Europe, well before and far beyond the tragedy of the Holocaust. In addition to breaking taboos (the Shoah cannot be diluted into the generic number of victims of World War II) and inviting everyone to question their own existential ways of encountering the Other, Sartre inaugurates his profound reflection on racial prejudices in this text. The current issue of Studi Sartriani will be devoted to these questions, which obviously also have an important bearing on understanding and analyzing the dramatic contemporary situation, in addition to the “Dialogues” section and the Reviews section.

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In 1946, during one of the most fertile periods of his production and at the height of the success of his existentialism, Jean-Paul Sartre published Réflexions sur la question juive. This is a polemical, biting, and incisive essay which deals with the Jewish question by starting with anti-Semitism: for Sartre it is those who hate the Jew who created the Jew. Perfectly in line with his radical notion of responsibility, Sartre focuses not on the condemnation of Germany, but on a ruthless analysis of how anti-Semitism is simultaneously an individual conduct and an atmosphere that has been felt in every corner of Europe, well before and far beyond the tragedy of the Holocaust. In addition to breaking taboos (the Shoah cannot be diluted into the generic number of victims of World War II) and inviting everyone to question their own existential ways of encountering the Other, Sartre inaugurates his profound reflection on racial prejudices in this text. The current issue of Studi Sartriani will be devoted to these questions, which obviously also have an important bearing on understanding and analyzing the dramatic contemporary situation, in addition to the “Dialogues” section and the Reviews section.

Contributi

Editoriale

Maria Russo 

DOI: 10.13134/1970-7983/2024/1

L’antisemitismo nel pensiero di Sartre

Gabriella Farina 

In questo saggio intendiamo ricostruire dal testo Réflexions sur la question juive il percorso attraverso il quale Sartre indaga la situazione difficile e conflittuale degli ebrei e la loro inquietante storia di vita. Sartre lo fa partendo dall'antisemitismo, che considera un sentimento di odio e di rabbia. Tuttavia, poco prima di morire, torna sull'argomento e scopre l'ebraismo messianico, che lo porta a pensare di fondare una nuova etica sulla speranza e sull'idea che l'essere umano è sempre più di quello che è.

In this essay we intend to reconstruct from the text Réflexions sur la question juive the path through which Sartre investigates the difficult and conflictual situation of the Jews and their disturbing life story. Sartre does so starting with anti-Semitism, which he considers a feeling of hatred and anger. However, shortly before his death, he returns to the subject and discovers Messianic Judaism, which makes him think about founding a a new ethics on hope and the idea that human being is always more than they are.

DOI: 10.13134/1970-7983/2024/2

 

Sartre e l’antisemitismo. Note in margine a Réflexions sur la question juive

Giacomo Petrarca 

Le “Réflexions sur la question juive” (1946) di Jean-Paul Sartre è un'opera significativa sull'antisemitismo, anche se presenta notevoli limiti nelle scelte tematiche e nella struttura. L'idea di Sartre dell'antisemitismo come “passione” e dell'antisemita come una “passione” e l'antisemita come una persona guidata dalla “passione” è problematica, in quanto rischia di dipingere l'antisemitismo come un fenomeno metafisico. Inoltre, la rappresentazione che Sartre fa degli ebrei, plasmata interamente da opinioni antisemite, trascura la loro individualità storica e culturale. Nonostante questi problemi, il contributo di Sartre e il suo impegno contro l'antisemitismo contemporaneo rimangono fondamentali. Questo articolo si propone di analizzare alcuni degli aspetti più importanti del contributo di Sartre alla discussione sull'antisemitismo.

Jean-Paul Sartre’s “Réflexions sur la question juive” (1946) is a significant work on antisemitism, though it has notable limitations in thematic choices and structure. Sartre’s idea of antisemitism as a “passion” and the antisemite as someone driven by “passion” is problematic, as it risks portraying antisemitism as a metaphysical phenomenon. Additionally, Sartre’s depiction of Jews, shaped entirely by antisemitic views, overlooks their historical and cultural individuality. Despite these issues, Sartre’s contribution and his engagement against contemporary antisemitism remains crucial. This paper aims to analyze some of the most important aspects of Sartre’s contributions to the discussion about antisemitism.

DOI: 10.13134/1970-7983/2024/03

Antisemites and Jews in the Critique of Dialectical Reason

Zoé Grange-Marczak 

Nonostante la sua ambizione molto ampia di spiegare la comprensione dialettica dei fenomeni storici collettivi, nella Critica della Ragione Dialettica si possono trovare quattro diversi passaggi sugli ebrei, per un totale di circa una dozzina di pagine: prima l'ebreo e l'essere-giudaico come esempio della serie, poi l'antisemitismo di Stalin con le sue spiegazioni storiche e l'essere-ebreo come negazione della casualità storica. Questo articolo si propone di illustrare come questi esempi specifici dimostrino la continuità e l'evoluzione della teoria di Sartre nel corso degli anni. Esaminando da vicino questi passaggi, risulta evidente che la Critica della ragione dialettica funge da opera intermedia cruciale, facendo da ponte tra il precedente testo di Sartre, L'antisemita e l'ebreo (1946), e le sue successive riflessioni in Speranza adesso (1980). Questo articolo sostiene che l'evoluzione dei concetti di Sartre può essere rintracciata attraverso la sua costante attenzione alla singolarità delle situazioni storiche e al tema particolare degli ebrei e dell'antisemitismo. Inoltre, questo cambiamento si spiega con la prevalenza di esempi nella sua opera: La metodologia di Sartre è caratterizzata dall'uso di esempi dettagliati per chiarire punti filosofici più ampi. La sua attenzione al contesto storico specifico degli ebrei e al fenomeno dell'antisemitismo è centrale per il suo sviluppo teorico. Infine, questo articolo sostiene una lettura sfumata della Critica per quanto riguarda il trattamento degli ebrei e dell'antisemitismo all'interno della filosofia di Sartre, spiegando la complessità concettuale e la ricchezza di questo tema, sostenendo che le opinioni sviluppate nel 1960 sono cruciali per una comprensione completa della concezione sartriana degli ebrei.

Despite its very broad ambition to explain the dialectical understanding of collective historical phenomena, four different Jewish passages can be found in the Critique of Dialectical Reason, encompassing a total of around a dozen pages: first the Jew and the being-Jew as an example of the series, then Antisemitism as other-direction of the jew, third Stalin’s Antisemitism along with its historical explanations, and finally being-Jew as a negation of historical randomness. This paper aims to illustrate how these specific examples demonstrate the continuity and evolution of Sartre’s theory over the years. By closely examining these passages, it becomes evident that the Critique of Dialectical Reason serves as a crucial intermediary work, bridging Sartre’s earlier text Anti-Semite and Jew (1946) and his later reflections in Hope Now (1980). This paper argues that the evolution of Sartre’s concepts can be traced through his sustained focus on the singularity of historical situations and the particular theme of Jews and antisemitism. Moreover, this change is explained by the prevalence of examples in his work: Sartre’s methodology is characterized by his use of detailed examples to elucidate broader philosophical points. His attention to the specific historical context of Jews and the phenomenon of antisemitism is central to his theoretical development. Finally, this paper advocates for a serious and nuanced reading of the Critique regarding its treatment of Jews and antisemitism within Sartre’s philosophy, by explaining the conceptual complexity and the richness of this theme, arguing that the views developed in 1960 are crucial to a complete understanding of the Sartrean conception of Jews.

DOI: 10.13134/1970-7983/2024/3

Essere ebreo, fuori questione. La critica di Levinas alle Riflessioni sulla questione ebraica di Sartre

Lorenza Bottacin Cantoni 

Il saggio esplora il confronto tra Emmanuel Levinas e Jean-Paul Sartre riguardo all'antisemitismo e all'identità ebraica. Levinas prende le distanze dall'approccio di Sartre, presentato in Riflessioni sulla questione ebraica, mettendo in evidenza come Sartre riduca l'identità ebraica a una costruzione negativa prodotta dallo sguardo dell'antisemita. Al contrario, Levinas afferma una concezione dell'identità ebraica nell'etica, nella tradizione e in un rapporto profondo con il tempo e la storia, piuttosto che come semplice reazione all'odio e alla persecuzione. Attraverso Filosofia dell'hitlerismo e il testo Essere ebreo, il saggio analizza come Levinas sviluppa una concezione dell'essere ebreo che si oppone sia all'antisemitismo che alle filosofie esistenzialiste e politiche che ignorano la centralità dell'altro.

The essay explores the comparison between Emmanuel Levinas and Jean-Paul Sartre regarding antisemitism and Jewish identity. Levinas distances himself from Sartre’s approach, as presented in Reflections on the Jewish Question, highlighting how Sartre reduces Jewish identity to a negative construction produced by the antisemite’s gaze. In contrast, Levinas asserts a conception of Jewish identity rooted in ethics, tradition, and a profound relationship with time and history, rather than merely as a reaction to hate and persecution. Through an examination of The Philosophy of Hitlerism and the text Being Jewish, the essay explores how Levinas develops a concept of Jewish being that opposes both antisemitism and existentialist and political philosophies that ignore the centrality of the Other.

DOI: 10.13134/1970-7983/2024/4

«Sostituire in ciascuno la natura con la Storia»: Sartre, Freud e la critica all’antisemitismo

Giovanni Battista Soda 

Il presente lavoro si propone di analizzare in parallelo l'indagine di Freud sulle origini storiche e la caratterizzazione psicologica dell'antisemitismo e il famoso saggio di Sartre sull'argomento. È noto che, dopo aver criticato pesantemente la psicoanalisi in Essere e nulla, Sartre intraprende un processo di rivalutazione della stessa che culmina in Questioni di metodo e L'idiota della famiglia. La prima affermazione che il presente lavoro cerca di portare avanti appartiene al campo dell'erudizione sartriana e sostiene che già cinque anni dopo la pubblicazione di Essere e nulla la filosofia di Sartre ha intrapreso i cambiamenti che hanno portato gradualmente dall'esistenzialismo “puro” a quello marxista. Questa affermazione può essere sostenuta evidenziando le analogie tra l'antisemita e l'ebreo e Mosè e il monoteismo. A seguito di ciò, si può avanzare un'affermazione di carattere più generale: l'antisemitismo è costruito intorno all'idea che la storia possa essere costruita cancellando l'alterità da essa. A questo proposito, si sosterrà che le ricerche di Freud e Sartre evidenziano questo punto e concordano sulla necessità di affermare l'identità e la storia ebraica per contrastare l'antisemitismo.

This paper aims at providing a side-by-side analysis of Freud’s enquiry into the historical origins and the psychological characterisation of antisemitism and Sartre’s famous 1948 essays on the topic. It is well known that after heavily criticising psychoanalysis in Being and Nothingness Sartre undertakes a process of reassessment of it culminating in Search for a Method and The Family Idiot. The first claim that this paper seeks to advance belongs to the field of Sartrean scholarship and argues that already five years after publishing Being and Nothingness Sartre’s philosophy has undertaken the changes that gradually led from “pure” to Marxist existentialism. This assertion can be supported by highlighting the similarities between the Anti-Semite and Jew and Moses and Monotheism. Following from this, a more generally oriented claim can be posited: antisemitism is built around the idea that history can be constructed by deleting alterity from it. In this regard, it will be argued that Freud and Sartre’s enquiries highlight this point and agree on the necessity of asserting Jewish identity and history to counteract antisemitism.

DOI: 10.13134/1970-7983/2024/5

Passioni della libertà: Antisemitismo ed epoché della morale in Jean-Paul Sartre

Paolo Maria Aruffo 

L'obiettivo di questo saggio consiste nel trovare nella descrizione dell'antisemita gli strumenti concettuali utilizzati da Sartre per operare quella che egli definisce “un'epoché in ambito morale”, al fine di chiarire i rapporti tra malafede, vita emotiva e libertà. In conclusione, cercherò di analizzare i tipi di relazione che esistono tra l'antisemita, l'ebreo e la loro situazione attraverso l'uso di alcune categorie proprie della Critica della Ragione Dialettica.

The aim of this essay consists in finding in the description of the anti-Semite the conceptual tools used by Sartre to operate what he defines «an epoché in the moral realm», in order to elucidate the relationships between bad faith, emotional life and freedom. In conclusion, I will try to analyze the types of relationships that exist between the anti-Semite, the jew and their situation through the use of some categories specific to the Critique of Dialectical Reason.

DOI: 10.13134/1970-7983/2024/6

In effigie. Le metafisiche dell’antisemitismo

Gianluca Solla 

Riflettendo sull'antisemitismo, Sartre ne rivela la struttura metafisica, che implica una concezione dell'immagine e dell'immaginario che sono il correlato della vita individuale e sociale; d'altra parte, la rappresentazione dell'“ebreo” che l'antisemita costruisce e alimenta è strettamente dipendente da un'idea impraticabile di identità e coincidenza con sé stesso. Sulla base di questa analisi, il saggio tenta di mostrare quali implicazioni possano avere i riferimenti del saggio di Sartre per riflettere sull'immagine dell'uomo oggi.

In reflecting on anti-Semitism, Sartre reveals its metaphysical structure, which implies a concept of image and imagery that are the correlate of both individual and social life; on the other hand, the representation of the “Jew” that the anti-Semite constructs and nurtures are strictly dependent on an unworkable idea of identity and coincidence with himself. Based on this analysis, the essay attempts to show what implications the references of Sartre’s essay may have for thinking about the image of mankind today.

DOI: 10.13134/1970-7983/2024/7

Right Then, Right Now: Ronald Aronson and Jonathan Judaken in conversation about Sartre, anti-Semitism, and Israel/Palestine

Jonathan Judaken  Ronald Aronson 

Questa conversazione tra Ronald Aronson e Jonathan Judaken esplora l'evoluzione del punto di vista di Sartre sull'antisemitismo, su Israele, sul razzismo e sulla lotta palestinese. Sartre divenne dapprima un'importante forza culturale e politica come critico dell'antisemitismo e sostenitore della lotta di liberazione nazionale degli ebrei israeliani. In seguito, di fronte al conflitto arabo-israeliano e poi israelo-palestinese, rifiutò di abbandonare il suo sostegno agli ebrei israeliani, pur abbracciando la validità della causa palestinese, compreso a volte l'uso del “terrorismo come arma dei deboli”. I suoi punti di vista sfumati, situati e perspicaci sono preziosi da rivedere alla luce del 7 ottobre e della guerra che ne è seguita.

This conversation between Ronald Aronson and Jonathan Judaken explores Sartre’s evolving views on anti-Semitism, Israel, racism, and the Palestinian struggle. Sartre first became a significant cultural-political force as a critic of anti-Semitism and as a supporter of the national liberation struggle of Israeli Jews. Then, faced with the Israeli-Arab and then Israeli-Palestinian conflict, he refused to abandon his support for Israeli Jews even while embracing the validity of the Palestinian cause, including at times the use of “terrorism as a weapon of the weak”. His nuanced, situated, and insightful views prove valuable to revisit in light of October 7 and the ensuing war.

DOI: 10.13134/1970-7983/2024/8

La scelta di essere Sartre. Lo scrittore impegnato contro l’artista borghese

Dario De Maggio 

Flaubert è senza dubbio lo scrittore che più ha interessato Sartre. Amato, odiato, oggetto dell'ammirazione e della critica più feroce, Flaubert è una figura che troviamo continuamente al centro dell'opera di J.-P. Sartre. La vita del filosofo francese era direttamente e indirettamente così intrecciata con la vita di Flaubert che ci si può forse chiedere se Sartre stesso si rendesse conto in che misura. Se Flaubert da un lato dovrebbe rappresentare per Sartre lo scrittore da esecrare per eccellenza, e in effetti lo era in una certa misura, dall'altro rappresenta qualcuno a cui Sartre sembra non poter fare a meno di fare costantemente appello. Come spiegare una fedeltà così distante e duratura a uno scrittore che è tutto fuorché il suo tipo? Perché Sartre è così affascinato da Flaubert? Quali sono le ragioni per cui Sartre, il maître à penser per eccellenza, che a partire da un certo punto della sua vita ha fatto dell'impegno un'esigenza ineludibile, è diventato ossessionato da un autore intrappolato nelle maglie delle sue origini borghesi, dell'estetica e del disfattismo? Perché un grafomane come lui ha dedicato tanto tempo a uno scrittore così artisticamente diverso da lui come Flaubert? Se cercava vite esemplari, perché scegliere Flaubert? Questo contributo cercherà di esplorare queste domande mettendo in luce le molteplici sfaccettature e le innumerevoli contraddizioni di uno degli autori più influenti e affascinanti del XX secolo.

Flaubert is undoubtedly the writer who most interested Sartre. Loved, hated, the object of admiration and of the fiercest criticism, Flaubert is a figure that we find continually at the center of J.-P. Sartre’s work. The life of the French philosopher was directly and indirectly so intertwined with Flaubert’s life that one may perhaps wonder whether Sartre himself consciously realised to what extent. If Flaubert on the one hand should represent for Sartre the writer to be execrated par excellence, which indeed he was to a certain extent, on the other hand he represents someone to whom Sartre seems unable to help but constantly appeal. How to explain such distant and enduring loyalty to a writer who is anything but his type? Why is Sartre so fascinated by Flaubert? What are the reasons why Sartre, the maître à penser par excellence, who from a certain point in his life made commitment an inescapable requirement, became obsessed with an author trapped in the meshes of his bourgeois origins, aesthetics and defeatism? Why did such a graphomaniac devote so much time to a writer as artistically different from him as Flaubert? If he was looking for exemplary lives, why choose Flaubert? This contribution will try to explore these questions by highlighting the multiple facets and countless contradictions of one of the most influential and fascinating authors of the 20th century.

DOI: 10.13134/1970-7983/2024/9

L’immagine ai limiti della fenomenologia: l’esperienza cinematografica a partire da Jean-Paul Sartre

Maria Calabretto 

In L'imagination e L'imaginaire, Sartre presenta l'immagine come una relazione tra la coscienza e l'oggetto, come un modo in cui la coscienza si dà un oggetto. Deleuze ha anche sottolineato che l'immagine cinematografica non è stata considerata in queste analisi. Tuttavia, essa viene esaminata in alcuni primi scritti di Sartre, dove il suo punto di riferimento non è Husserl ma Bergson. Dall'immagine come riflesso di una non-presenza, il cinema ci presenta la totalità del Reale, inteso come ciò che sfugge ai pre-giudizi che strutturano l'attività intenzionale dell'individuo. Partendo dall'esperienza biografica di Sartre, dal suo amore per il cinema e dalle sue posizioni filosofiche presentate in particolare in Art cinématographique e Apologie pour le cinéma, cercheremo di delineare il nuovo tipo di immagine che la settima arte presenta, in cui le divisioni tra soggetto e oggetto scompaiono radicalmente e in cui gli spettatori diventano parte del film stesso. Quest'arte “bergsoniana”, come la definirà Sartre, ci presenta un tipo di immagine che supera i confini della stessa fenomenologia e che si allontana anche dal teatro. Questa esperienza artistica è considerata come un luogo in cui è possibile rintracciare un'alternanza tra credenza e non credenza, dove permane una distanza tra lo spettatore e la scena. Grazie ai mezzi tecnici del cinema, in particolare al montaggio, il film ci presenta un “Tutto” che riesce a coinvolgerci e ad allontanarsi dalla mera rappresentazione, proponendosi invece come un tentativo di vederlo meglio. In questo modo, Sartre, partendo da questi primi scritti, ci offre un modo diverso di intendere il suo legame con il pensiero fenomenologico e il fenomeno cinematografico tout court.

In L’imagination and L’imaginaire, Sartre presents the image as a relationship between the consciousness and the object, as a way in which consciousness gives itself an object. Deleuze also pointed out that the cinematic image was not considered in these analyses. Still, it is examined in some early Sartre writings, where his point of reference is not Husserl but Bergson. From the image as a reflection of a non-presence, cinema presents us with the totality of the Real, understood as that which escapes the pre-judices that structure the intentional activity of the individual. Starting from Sartre’s own biographical experience, his love for cinema, and his philosophical positions presented particularly in Art cinématographique and Apologie pour le cinéma, we will try to outline the new type of image that the seventh art presents, in which the divisions between subject and object radically disappear, and where the viewers become part of the film itself. This “Bergsonian” art, as Sartre will define it, presents us with a type of image that exceeds the boundaries of phenomenology itself and that also distances itself from the theater. This artistic experience is considered as a place where an alternation between belief and non-belief can be traced, where a distance between the spectator and the scene remains. Thanks to the technical means of cinema, particularly film editing, the film presents us with a “Whole” that manages to involve us and move away from being a mere representation of reality, instead proposing itself as an attempt to see it better. In this way, Sartre, starting from these early writings, offers us a different way to understand his connection with phenomenological thought and the cinematic phenomenon tout court.

DOI: 10.13134/1970-7983/2024/10

Arte e libertà: Sartre, Tintoretto e Carlo Levi

Donato Sperduto 

Il filosofo francese Jean-Paul Sartre inquadra il suo discorso estetico, senza giungere a una formulazione completa, nella logica dell'ontologia della libertà. Questo saggio si concentra sull'interpretazione di Sartre della pittura di Tintoretto e sul suo atteggiamento nei confronti di Tiziano. Oltre a ricordare i noti autori che hanno ispirato Sartre, viene sottolineata l'importanza del libro Paura della libertà di un grande amico del filosofo francese, Carlo Levi, pittore e scrittore ebreo di Torino, anch'egli sostenitore della libertà dell'arte.

The French philosopher Jean-Paul Sartre framed his aesthetic discourse, without reaching a complete formulation, on the logic of the ontology of freedom. This essay focuses on Sartre’s interpretation of Tintoretto’s painting and his attitude towards Titian. In addition to recalling the well-known authors who inspired Sartre, the importance of the book Fear of Freedom by a great friend of the French philosopher, Carlo Levi, a Jew painter and writer from Turin, who was also a supporter of the freedom of art, is highlighted here.

DOI: 10.13134/1970-7983/2024/11

Recensioni

Ciro Adinolfi  Giuseppe De Ruvo 

DOI: 10.13134/1970-7983/2024/12

Nella stessa collana