Studi Sartriani – Anno XIX/2025 – Una filosofia del furto? Santo Genet oltre Santo Genet

Editore: RomaTrE-Press
Data di pubblicazione: dicembre 2025
Pagine: 198
ISSN: 1970-7983
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Abstract

Questo volume, nella sua parte monografica, propone un’importante riflessione sulla prospettiva sartriana della "proprietà come furto", un'interpretazione filosofica che vede l’essere, il possesso e l’identità come forme di appropriazione indebita o sottrazione. Il testo richiama Jean Genet, autore catturato dal suo vissuto di furto, marginalità e trasgressione, e analizza come Sartre abbia usato la biografia di Genet come esempio della sua ontologia della sottrazione. Sartre concepisce l’esistenza come un movimento di furto, di presa e di perdita, un’eterna dialettica tra essere e non-essere, identificata tramite figure come ladro, omosessuale, scrittore, ognuna in un continuo fluire di identità e trasformazioni. La questione del furto, dunque, si presenta come una possibilità ontologica, politica e stilistica, legata alla sottrazione più che al possesso.

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Questo volume, nella sua parte monografica, propone un’importante riflessione sulla prospettiva sartriana della "proprietà come furto", un'interpretazione filosofica che vede l’essere, il possesso e l’identità come forme di appropriazione indebita o sottrazione. Il testo richiama Jean Genet, autore catturato dal suo vissuto di furto, marginalità e trasgressione, e analizza come Sartre abbia usato la biografia di Genet come esempio della sua ontologia della sottrazione. Sartre concepisce l’esistenza come un movimento di furto, di presa e di perdita, un’eterna dialettica tra essere e non-essere, identificata tramite figure come ladro, omosessuale, scrittore, ognuna in un continuo fluire di identità e trasformazioni. La questione del furto, dunque, si presenta come una possibilità ontologica, politica e stilistica, legata alla sottrazione più che al possesso.

This volume, in its monographic section, offers an important reflection on Sartre's perspective of "property as theft," a philosophical interpretation that views being, possession, and identity as forms of wrongful appropriation or subtraction. The text references Jean Genet, an author captured by his lived experience of theft, marginality, and transgression, and analyzes how Sartre used Genet's biography as an example of his ontology of subtraction. Sartre conceives existence as a movement of theft, taking and losing, an eternal dialectic between being and non-being, represented through figures like the thief, the homosexual, the writer—each continuously flowing into and out of different identities and transformations. The issue of theft is thus presented as an ontological, political, and stylistic possibility, more connected to subtraction than to possession.

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This volume, in its monographic section, offers an important reflection on Sartre's perspective of "property as theft," a philosophical interpretation that views being, possession, and identity as forms of wrongful appropriation or subtraction. The text references Jean Genet, an author captured by his lived experience of theft, marginality, and transgression, and analyzes how Sartre used Genet's biography as an example of his ontology of subtraction. Sartre conceives existence as a movement of theft, taking and losing, an eternal dialectic between being and non-being, represented through figures like the thief, the homosexual, the writer—each continuously flowing into and out of different identities and transformations. The issue of theft is thus presented as an ontological, political, and stylistic possibility, more connected to subtraction than to possession.

Contributi

Editoriale

Maria Russo 

Il ladro e il sonnambulo. Appunti sul Santo Genet di Jean-Paul Sartre

Il furto è tutt'altro che una questione locale, per la filosofia. Al contrario, è una questione decisiva, se non la questione, nella misura in cui riassume tutte le altre questioni filosofiche. Tracciamo una breve genealogia del furto a partire da Esiodo e riflettiamo su come esso si trasforma con l'eclissi del mito e l'ingresso nel logos di Parmenide e Anassimandro. Prometeo è il primo grande ladro e quando il Divino diventa Essere, tutto ciò che nasce comincia a rubare qualcosa da quella grande riserva che racchiude la sostanza di tutte le cose. Mostreremo poi come Sartre, nel suo Saint Genet, comédien et martyr, ripeta con estrema precisione i contorni di questa traiettoria, trovando al contempo soluzioni e chiarimenti originali. Insisteremo in particolare sul rapporto che egli delinea tra il furto come atto non riflessivo (Genet come ladro bambino, come una sorta di sonnambulo del crimine) e il furto come atto riflessivo (Genet come ladro professionista e coscienzioso).

Theft is anything but a local issue, for philosophy. On the contrary, it is a decisive question, if not the question, insofar it sums up all other philosophical questions. We will outline a brief genealogy of theft starting with Hesiod and reflecting on how it transforms with the eclypse of myth and the entry into Parmenides’s and Anaximander’s logos. Prometheus is the first great thief and when the Divine becomes Being, everything that is born begins to steal something from that great reserve which encloses the substance of all things. We will then show how Sartre, in his Saint Genet, comédien et martyr, repetes the outlines of this trajectory with the utmost precision, while also finding original solutions and clarifications. We will particularly insist on the relationship heoutlines between theft as an unreflectd act (Genet as a child thief, as a kind of sleepwalker of crime) and a theft as a reflected act (Genet as a professional, coscientious thief ).

Sujet, stigmate, liberté : repenser la psychanalyse existentielle à partir de Saint Genet

Dario De Maggio 

Questo articolo offre un'analisi approfondita di Saint Genet, comédien et martyr,con l'obiettivo di collocarla come momento cruciale nello sviluppo del pensiero esistenziale di Sartre. Attraverso la figura di Jean Genet, Sartre costruisce una biografia filosofica che approfondisce e trasforma il quadro delineato in L'essere e il nulla, aprendolo alle condizioni psichiche, sociali e storiche della soggettività. La psicoanalisi esistenziale qui utilizzata affronta non solo i meccanismi inconsci che modellano l'identità, ma anche le risposte singolari e creative che il soggetto elabora all'interno di tali vincoli. Concentrandosi su nozioni chiave come la ripetizione di una designazione traumatica (“essere un ladro ”), lo sguardo dell'Altro e il processo di soggettivazione attraverso la scrittura, questo studio mostra come Sartre concepisca la libertà non come distacco dal proprio passato, ma come capacità di reinventarlo. Genet diventa un caso di studio su come la marginalità, lungi dall'essere superata o cancellata, venga integrata e trasfigurata attraverso l'atto della creazione letteraria. L'articolo evidenzia anche le tensioni metodologiche e concettuali in Saint Genet, in particolare i limiti della descrizione di Sartre nell'affrontare strutture storiche e sociali - sottolineando al contempo il suo ruolo strategico nella traiettoria di Sartre. Tra L'essere e il nulla e le opere successive come La critica della ragione dialettica e L'idiota di famiglia, Saint Genet rappresenta sia un punto culminante che una svolta. Fornisce una lente unica attraverso la quale ripensare la libertà esistenziale, non come pura spontaneità, ma come invenzione situata che emerge proprio dai vincoli che segnano l'origine del soggetto.

This article offers a close analysis of Saint Genet, comédien et martyr, aiming to situate it as a pivotal moment in the development of Sartre’s existential thought. Through the figure of Jean Genet, Sartre constructs a philosophical biography that deepens and transforms the framework laid out in Being and Nothingness, opening it to the psychic, social, and historical conditions of subjectivity. The existential psychoanalysis deployed here confronts not only the unconscious mechanisms shaping identity but also the singular, inventive responses that the subject elaborates within those constraints. Focusing on key notions such as the repetition of a traumatic designation (“being a thief ”), the gaze of the Other, and the process of subjectivation through writing, this study shows how Sartre conceives freedom not as detachment from one’s past but as the capacity to reinvent it. Genet becomes a case study in how marginality, far from being overcome or erased, is integrated and transfigured through the act of literary creation. The article also highlights the methodological and conceptual tensions in Saint Genet – particularly the limits of Sartre’s account in addressing historical and social structures – while underscoring its strategic role in Sartre’s trajectory. Between Being and Nothingness and the later works such as The Critique of Dialectical Reason and The Family Idiot, Saint Genet represents both a culmination and a turning point. It provides a unique lens through which to rethink existential freedom, not as a purê spontaneity, but as a situated invention emerging from within the very constraints that mark the subject’s origin.

Rubare l’essere. Finzione, apparenza e libertà nell’immaginario di Sartre e Genet

Nicolò De Gregorio 

Questo articolo indaga il ruolo dell'immaginario nella filosofia di Jean-Paul Sartre, concentrandosi sulla sua funzione di spazio di libertà simbolica e sottrazione ontologica. Attingendo da L'immaginario e L'essere e il nulla, e culminando nella lettura psicobiografica di Saint Genet, il documento traccia come la finzione, l'apparenza e la teatralità operino come mezzi per costruire la soggettività quando non viene data alcuna identità. Genet, il ladro, attore e scrittore, diventa per Sartre una figura di invenzione radicale: escluso dal mondo, fa della propria marginalità uno stile, trasformando la mancanza in un progetto performativo. Attraverso una lente esistenziale-fenomenologica, l'articolo sostiene che immaginare non è una forma di evasione, ma un gesto creativo di resistenza, un modo per rubare l'essere. Genet non incarna una patologia, ma una possibilità: il potere di trasmutare l'esclusione in paternità artistica e l'abiezione in forma poetica.

This article investigates the role of the imaginary in Jean-Paul Sartre’s philosophy, focusing on its function as a space of symbolic freedom and ontological subtraction. Drawing from The Imaginary and Being and Nothingness, and culminating in the psychobiographical reading of Saint Genet, the paper traceshow fiction, appearance, and theatricality operate as means of constructing subjectivity when no identity is given. Genet, the thief, actor, and writer, becomes for Sartre a figure of radical invention: excluded from the world, he makes of his own marginality a style, transforming lack into a performative project. Through an existential-phenomenological lens, the article argues that imagining is not a form of escapism, but a creative gesture of resistance – a way of stealing being. Genet does not embody a pathology, but a possibility: the power to transmute exclusion into authorship, and abjection into poetic form.

Spinoza e Sartre, commedianti e martiri: Causa sui e inconscio tra in-sé e per-sé

Paolo Maria Aruffo 

Lo scopo di questo articolo è dimostrare che esiste una dimensione inconscia nel pensiero di Sartre che può essere individuata a partire proprio dal rapporto tra in-sé e per-sé, che affonda le sue radici nel confronto tra Cartesio e Spinoza. Questo inconscio è tematizzato, ad esempio, nelle psicobiografie e costituisce il principale limite teorico nel pensiero di Sartre perché riguarda non solo il mondo e i suoi oggetti, ma anche la soggettività della coscienza vivente.

The aim of this paper is to demonstrate that there is an unconscious dimension in Sartre’s thought that can be found starting from the very relationship between in-itself and for-itself, which has its roots in the comparison between Descartes and Spinoza. This unconscious is thematized, for example, in the psychobiographies and it constitutes the principal theoretical limit in Sartre’s thought because it pertains not only to the world and its objects, but also to the subjectivity of the living consciousness.

Una lettera d’amore

Matteo Bonazzi 

Il saggio esplora il furto come atto costitutivo della soggettivazione, mettendo a confronto il paradigma esistenzialista di Sartre con quello psicoanalitico di Lacan. In Sartre, il furto realizza la mancanza dell'Essere conferendo identità; in Lacan, invece, il furto dell'oggetto – paradigmatico nella Lettera rubata – precede e genera il processo di soggettivazione, mettendo in gioco l'oggetto perduto e la logica del desiderio. L'analisi mostra come il furto, lungi dall'essere una semplice appropriazione, funzioni come un gesto di separazione dallo sguardo dell'Altro e di accesso a un residuo incalcolabile, che supera ogni economia simbolica. Attraverso esempi clinici, il testo mostra infine come il furto possa aprire possibilità di godimento e differenziazione sessuale non riducibili al registro fallico, prendendo forma come la scrittura cieca di una lettera d'amore, in cui l'oggetto si rivela proprio nella sua sottrazione.

The essay explores theft as a constitutive act of subjectivation, comparing Sartre’s existentialist paradigm with Lacan’s psychoanalytic paradigm. In Sartre, theft realises the lack of Being by conferring identity; in Lacan, on the other hand, object theft – paradigmatic in the Purloined Letter – precedes and generates the process of subjectivation, bringing into play the lost object and the logic of desire. The analysis shows how theft, far from being simple appropriation, functions as a gesture of separation from the gaze of the Other and access to an incalculable remainder, exceeding all symbolic economy. Through clinical examples, the text finally shows how theft can open up possibilities of enjoyment and sexual differentiation that are not reducible to the phallic register, taking shape as the blind writing of a love letter, in which the object is revealed precisely in its subtraction.

Lo sguardo di rapina. Estetica dell’appropriazione e potere della visione

Gianluca Solla 

Il saggio esplora il concetto di “sguardo predatorio” come forma di appropriazione visiva che trascende la contemplazione e diventa un atto di possesso simbolico o erotico. Partendo dai romanzi di Jean Genet e dall'interpretazione critica di Jean-Paul Sartre, il saggio indaga lo sguardo come luogo di tensione tra dominio ed esposizione, potere e vulnerabilità. I personaggi di Genet usano lo sguardo per sovvertire le norme sociali, trasfigurare l'abiezione in sacralità e rivendicare l'azione attraverso il desiderio e l'immaginazione. Lo sguardo diventa così una forza poetica e politica, capace di ridefinire la soggettività attraverso la trasgressione.

The essay explores the concept of the “predatory gaze” as a form of visual appropriation that transcends contemplation and becomes an act of symbolic or erotic possession. Starting from Jean Genet’s novels and Jean-Paul Sartre’s critical interpretation, the essay investigates the gaze as a site of tension between domination and exposure, power and vulnerability. Genet’s characters use the gaze to subvert social norms, transfigure abjection into sacredness, and reclaim agency through desire and imagination. The gaze thus becomes a poetic and political force, capable of redefining subjectivity through transgression.

Dialectics of the Dictator: Sartre’s Stalin, Marx’s Louis Bonaparte and the Rise of Authoritarianism

Giovanni Battista Soda 

Questo articolo offre un'analisi comparativa della rappresentazione di Stalin da parte di Jean-Paul Sartre in Critica della ragione dialettica e del resoconto di Karl Marx su Luigi Bonaparte in Il diciotto brumaio, al fine di chiarire la posta in gioco filosofica e politica dell'impegno di Sartre con il marxismo. Piuttosto che chiedersi se Sartre fosse un “vero” marxista, il documento indaga come entrambi i pensatori affrontino il rapporto dialettico tra i movimenti rivoluzionari e l'emergere dell'autoritarismo. Estendendo i concetti sartriani di “deviazione” e ‘incarnazione’ all'analisi di Marx, mostro che entrambi gli autori rifiutano le narrazioni teleologiche della storia, compresa la nozione hegeliana di “individui storici mondiali”, e sviluppano invece una teoria della singolarità dialettica. Le loro descrizioni di Stalin e Luigi Bonaparte rivelano come la prassi rivoluzionaria possa essere sviata da contraddizioni interne e circostanze esterne, producendo leader che incarnano e deformano allo stesso tempo l'impulso rivoluzionario. In definitiva, il documento sostiene che le indagini di Marx e Sartre comportano una comprensione critica del rapporto tra il progresso storico e l'ascesa dell'autoritarismo, che lo inquadra come un fenomeno non lineare, complesso e sfaccettato.

This paper offers a comparative analysis of Jean-Paul Sartre’s portrayal of Stalin in Critique of Dialectical Reason and Karl Marx’s account of Louis Bonaparte in The Eighteenth Brumaire, in order to clarify the philosophical and political stakes of Sartre’s engagement with Marxism. Rather than asking whether Sartre was a “true” Marxist, the paper investigates how both thinkers address the dialectical relationship between revolutionary movements and the emergence of authoritarianism. By extending Sartre’s concepts of “deviation” and “incarnation” to Marx’s analysis, I show that both authors reject teleological narratives of history, including Hegel’s notion of “World-Historical Individuals”, and instead develop a theory of dialectical singularity. Their accounts of Stalin and Louis Bonaparte reveal how revolutionary praxis can be derailed by internal contradictions and external circumstances, producing leaders who simultaneously embody and deform the revolutionary impulse. Ultimately, the paper argues that Marx’s and Sartre’s enquiries entail a critical understanding of the relationship between historical progress and the rise of authoritarianism, one that frames it as a non-linear, complex, and multifaceted phenomenon.

Sartre, una passione per il jazz

Francesco Caddeo 

Grazie alla sua cultura personale, l'opera di Jean-Paul Sartre presenta un rapporto speciale con la musica jazz. Purtroppo, egli non ha elaborato una teoria specificamente dedicata alla musica come hanno fatto altri filosofi, come Adorno. Tuttavia, il contributo di Sartre presenta un carattere stimolante. Partendo da alcuni brevi scritti giovanili, passando per alcuni reportage realizzati subito dopo la seconda guerra mondiale, per finire con alcune interviste condotte da Michel Sicard, questo articolo mira a presentare alcune interessanti considerazioni sull'esperienza della musica jazz, anche in confronto con la musica classica. In altre parole, Sartre offre una riflessione interessante sullo status del jazz e sulla sua freschezza nell'arte.

Thanks to his personal cultural, Jean-Paul Sartre’s work includes a special relationship with jazz music. Unluckily, he did not elaborate a theory specifically dedicated about music as other philosophers, like Adorno, did. However, Sartre, contribution presents a stimulating character. Starting from some short youth writings, passing through some reportage just after Second World War, ending with some interviews managed by Michel Sicard, this paper aims to present some interesting considerations about jazz music experience, also in comparison with classical music. In other words, Sartre offers an attractive thought on jazz status and its freshness in arts.

Immaginazione, creazione e nevrosi: un’analisi de Lo Scénario Freud

Bianca Sgorbati 

Questo articolo esamina il ruolo ambiguo dell'immaginazione nella filosofia di Sartre, con particolare attenzione al suo rapporto con la creatività e la nevrosi. Partendo dalle prime opere fenomenologiche di Sartre (L'immaginazione e L'immaginario), ricostruisce la sua concezione dell'immaginazione come atto intenzionale annullante, attraverso il quale la coscienza rivela la sua libertà postulando l'assente e trascendendo il mondo dato. Questa spontaneità creativa, tuttavia, espone anche la fondamentale mancanza di essere del soggetto e la sua tendenza al ritiro solipsistico. Tale ambivalenza è alla base della successiva critica etica di Sartre all'atteggiamento immaginario, che può degenerare in nevrosi: una fantasia rigida e ripetitiva distaccata dalla realtà e dagli altri. Il saggio approfondisce ulteriormente questo tema attraverso un'analisi di Lo Scénario Freud (1958), la sceneggiatura incompiuta di Sartre sulla giovinezza di Freud. Qui Sartre drammatizza la tensione tra creatività e patologia, mostrando come la nevrosi e l'invenzione artistica scaturiscano dalla stessa risposta immaginativa all'inadeguatezza della realtà. Tuttavia, mentre l'artista riesce a reintegrare l'immaginario in una relazione significativa con il mondo e gli altri, il nevrotico rimane intrappolato in una finzione sterile e isolante. Le riflessioni di Sartre sulla propria «nevrosi letteraria», in particolare in Les Mots, esemplificano questa dinamica e suggeriscono che la scrittura autobiografica stessa può funzionare come un confronto terapeutico con l'immaginario. Infine, il saggio sottolinea il ruolo centrale dell'intersoggettività: è solo attraverso la presenza dell'Altro e il riconoscimento conflittuale, ma reciproco, che essa comporta, che la coscienza può superare il solipsismo dell'immaginario e riconnettersi alla realtà. Sartre individua quindi la possibilità di trascendere la patologia dell'immaginazione non in un atto puramente individuale, ma in una relazione etica con gli altri.

This paper examines the ambiguous role of imagination in Sartre’s philosophy, with particular attention to its relationship to creativity and neurosis. Beginning with Sartre’s early phenomenological works (L’imagination and L’Imaginaire), it reconstructs his account of imagination as a nullifying intentional act, through which consciousness reveals its freedom by positing the absent and transcending the given world. This creative spontaneity, however, also exposes the subject’s fundamental lack of being and its tendency towards a solipsistic retreat. Such ambivalence grounds Sartre’s later ethical critique of the imaginary attitude, which can degenerate into neurosis: a rigid and repetitive fantasy detached from reality and others. The paper further explores this theme through an analysis of Lo Scénario Freud (1958), Sartre’s unfinished screenplay on Freud’s early life. Here, Sartre dramatises the tension between creativity and pathology, showing how neurosis and artistic invention spring from the same imaginative response to the inadequacy of reality. Yet while the artist succeeds in reintegrating the imaginary into a meaningful relation with the world and others, the neurotic remains trapped in a sterile and isolating fiction. Sartre’s reflections on his own “literary neurosis,” particularly in Les Mots, exemplify this dynamic and suggest that autobiographical writing itself can function as a therapeutic confrontation with the imaginary. Finally, the paper emphasises the central role of intersubjectivity: it is only through the presence of the Other and the conflictual, yet reciprocal, recognition it entails that consciousness can overcome the solipsism of the imaginary and reconnect to reality. Sartre thus locates the possibility of transcending the pathology of imagination not in a purely individual act, but in an ethical relation to others.

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